MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

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FORMAZIONE

il FIGLIO dell'UOMO

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dal 28 Marzo al 4 Aprile 2010

9a SETTIMANA MONDIALE della Diffusione in Rete Internet nel MONDO de

" i Quattro VANGELI " della CHIESA CATTOLICA , Matteo, Marco, Luca, Giovanni, testi a lettura affiancata scarica i file cliccando sopra Italiano-Latino Italiano-Inglese Italiano-Spagnolo

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-07

Terminato il vertice sull'emergenza contro la criminalità

Più protezione ai magistrati

in prima linea a Reggio Calabria

L'annuncio di Maroni che ha anche anticipato l'invio di 121 agenti per potenziare le strutture investigative

A Rosarno la rivolta degli immigrati dopo il ferimento di alcuni di loro con un'arma ad aria compressa

Distrutti auto e cassonetti, scontri con polizia. Una donna colpita alla testa.

Loiero: "È frutto della xenofobia"

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero:

 

 

 

 

AVVENIRE

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2010-01-14

 

2010-01-14

"A Rosarno immigrati accolti come fratelli"

Domenica, in tutte le chiese della diocesi di Oppido-Palmi, verrà letto il messaggio scritto dal vescovo Luciano Bux (che pubblichiamo di seguito) dopo la guerriglia urbana, con agguati e ferimenti, che per alcuni giorni, ha sconvolto la cittadina calabrese di Rosarno, nel cuore della piana di Gioia Tauro, contrapponendo lavoratori stranieri - in maggioranza giovani africani - e residenti della zona, probabilmente manovrati dalla criminalità organizzata.

Dopo la confusa campagna dei mezzi di comunicazione, specie le tv a livello nazionale, e dopo tante dichiarazioni di personaggi locali e nazionali ritengo di dover dire una parola al clero e ai fedeli della nostra diocesi.

Tralascio ogni considerazione di carattere sociale, civile, politico e culturale: non si addicono a una sacra celebrazione. Ritengo sia mio grato dovere, di vescovo, dire un grazie al Signore per il comportamento della Chiesa di Oppido-Palmi non solo in questi giorni, ma per tutti i lunghi anni in cui è nato e cresciuto il fenomeno degli immigrati in diocesi, specie a Rosarno.

In tutti questi anni la nostra Chiesa ha dato esempio di come si possa essere "servi inutili" (Lc. 17, 10), a cominciare dal vescovo, ma servi che si sentiranno dire dal Signore: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto" (Mt. 25, 35).

Poi, il Signore dirà a tanti sacerdoti e laici di parrocchie, aggregazioni ecclesiali, organismi diocesani: "Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamati amici" (Gv. 15, 17). La misericordia di Dio praticata dal nostro clero e dai nostri laici mi è stata di grande conforto nelle recenti tristi giornate. Abbiamo accolto gli immigrati non solo come persone umane, ma come nostri fratelli, a cominciare dai fedeli di Rosarno guidati dai sacerdoti operanti nelle tre parrocchie insieme ai diaconi e alle suore, fino a comunità e gruppi operanti in tante altre località della diocesi. Quando li abbiamo invitati, in anni diversi, a due convegni diocesani per rallegrare con la loro presenza e i loro canti i nostri intervalli di convegno, sono venuti con gioia, e più di uno rinunciando a mezza giornata di lavoro e di guadagno… Ricordo anche dei ragazzi stranieri e musulmani felici di far parte della squadretta di calcio parrocchiale… Dico: "Grazie" al Signore e grazie ai preti e ai laici che si sono affaticati con amore generoso per anni, non solo nei giorni passati.

A quei fedeli che sono stati solo a guardare dico: ogni volta che vedete un essere umano che è nel bisogno, non state solo a guardare e a parlare, ma rimboccatevi le maniche e datevi da fare come potete per alleviare le loro sofferenze. Questo ci insegna Gesù nella parabola del buon Samaritano (cfr. Lc. 10, 30 ss.).

Alle persone che vivono con la mente e il cuore lontano da Dio, anche se si mostrano religiosi credenti, ricordate loro che Gesù dice: "Nessuno può servire due padroni, perché … si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza" (Mt. 6, 24).

Concludo con le parole che il Santo Padre, il Papa, ha pronunciato domenica scorsa, con attenzione anche alla nostra Terra: "Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare nell’ambito del lavoro dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita". "La violenza non deve essere mai, per nessuno, la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano. Invito a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me".

O Signore, nostro e di tutti i popoli, o Signore della Chiesa e di questa Chiesa particolare che è in Oppido-Palmi, grazie a Te e grazie a voi, sacerdoti e fedeli. Per il futuro restiamo nella fedeltà al Vangelo di Gesù nostro Signore e alla Sua Chiesa, che è il Suo mistico Corpo.

Luciano Bux vescovo di Oppido-Palmi

 

 

 

 

 

 

2010-01-12

12 Gennaio 2010

IMMIGRATI

L'Egitto protesta, Frattini risponde

L'Egitto protesta con l'Italia per le aggressioni e i maltrattamenti subiti dagli immigrati a Rosarno. Il ministero degli Esteri del Cairo è intervenuto denunciando "la campagna di aggressione" e "le violenze" subite dagli "immigrati e le minoranze arabe e musulmane in Italia" e chiedendo al governo italiano di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati". Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha risposto dicendo di essere "pronto a parlare con l'Egitto" e respinge come "inaccettabile" qualunque forma di violenza simile a quella vista a Rosarno. "Il problema delle minoranze arabe non è mai stato evocato", ha aggiunto, "in Italia vogliamo che le leggi siano rispettate".

La risposta di Frattini. "Nessuno può accusarci di razzismo anzitutto gli egiziani che sono quelli con un numero di quote di immigrazione regolare che rispettano e che non danno nessun problema all'Italia". Così il ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo l'intervento del collega egiziano Aboul Gheit sugli scontri di Rosarno e la richiesta all'Italia di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati". "Spiegherò agli egiziani - ha detto Frattini - che come comunità immigrata rispettano d'abitudine la legge, che anche in Italia noi vogliamo che le leggi siano rispettate. Quindi nessun tipo di violenza, come quelle che abbiamo visto nelle strade di Rosarno. possono essere accettate". "La strada per uscirne - ha indicato infine il titolare della Farnesina - è certamente applicare le regole europee che io, da commissario, ho fortemente voluto".

Maroni in Senato oggi pomeriggio. Nel pomeriggio il ministro dell'Interno Roberto Maroni riferirà al Senato sulla rivolta degli immigrati. Contemporaneamente in piazza Navona si terrà una manifestazione di protesta organizzata dalle associazioni antirazziste e dalle comunità migranti in solidarietà con gli immigrati di Rosarno. Manifestazione non autorizzata, precisa la Questura in una nota: "non è stato presentato nei termini di legge alcun preavviso in ordine a questa iniziativa che, pertanto, è priva di autorizzazione".

 

 

 

 

 

 

IMMIGRAZIONE

Rosarno, Cei: "Razzismo?

No, è una lotta tra poveri"

"Io di razzismo in Italia non ne ho trovato troppo, piuttosto alcune forme di xenofobia, ma legati a momenti particolari, all'esplosione di tipici problemi sociali". Lo ha affermato mons. Bruno Schettino, presidente della Commissione Cei per le migrazioni nel corso di una conferenza stampa di presentazione della Giornata mondiale dei migranti che la Chiesa celebrerà domenica 17 gennaio. "Occorre - ha detto comunque Schettino - ricreare un clima di maggiore e migliore accoglienza, superando le tantazioni di xenofobia che produce paura, mortificazione dell'uomo, perdita di speranza".

"Gli episodi ultimi, quelli di Rosarno - ha quindi detto il rappresentante dei vescovi italiani - hanno messo in evidenza la debolezza del sistema di accoglienza e di integrazione. È stata una lotta tra poveri e chi maggiormente è stato sconfitto è stato il più povero: l'immigrato". Quindi ha aggiunto: "Contro ogni forma di sfruttamento anche da parte della malavita organizzata occorre essere attenti e non lasciarsi coinvolgere, ma denunciare ed entrare sempre nel clima della legalità".

"L'immigrazione - ha ricordato mons. Schettino citando il Papa - è un problema umano, profondamente umano". "La Chiesa, che è esperta in umanità, ha una profonda sollecitudine per questa realtà". Il presule ha quindi citato anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano per il suo richiamo a legalità e solidarietà- "Legalità e solidarietà - ha detto - possono stare insieme. Se ci sono momenti di frizione si risolvono positivamente. Il problema non è tanto l'accoglienza - facile - ma l'integrazione che non avviene nella prima generazione. Da questo travaglio drammatico - ha auspicato - deve nascere una convivenza serena".

Quanto poi al tema della cittadinanza, "voglio ricordare - ha proseguito Schettino - che la tendenza è quella dell'accoglienza dello ius soli per una cittadinanza offerta con delle condizioni particolari". C'è dunque un favore per la cittadinanza data ai bambini nati sul suolo italiano. "Noi non possiamo entrare nei fattori tecnici - ha aggiunto Schettino - però è anche vero che il senso di profonda humanitas fa sì che noi desideriamo che si arrivi anche alla formulazione di un principio di cittadinanza che sia veramente favorevole. Con delle condizioni - ha specificato -: la conoscenza della lingua italiana, della Carta costituzionale, e la presenza sul territorio nazionale" condizioni per cui, ha concluso, "diventa anche più sicura e più certa la possibilità della cittadinanza".

 

 

 

12 Gennaio 2010

IMMIGRATI

L'Egitto protesta, Frattini risponde

L'Egitto protesta con l'Italia per le aggressioni e i maltrattamenti subiti dagli immigrati a Rosarno. Il ministero degli Esteri del Cairo è intervenuto denunciando "la campagna di aggressione" e "le violenze" subite dagli "immigrati e le minoranze arabe e musulmane in Italia" e chiedendo al governo italiano di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati". Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha risposto dicendo di essere "pronto a parlare con l'Egitto" e respinge come "inaccettabile" qualunque forma di violenza simile a quella vista a Rosarno. "Il problema delle minoranze arabe non è mai stato evocato", ha aggiunto, "in Italia vogliamo che le leggi siano rispettate".

La risposta di Frattini. "Nessuno può accusarci di razzismo anzitutto gli egiziani che sono quelli con un numero di quote di immigrazione regolare che rispettano e che non danno nessun problema all'Italia". Così il ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo l'intervento del collega egiziano Aboul Gheit sugli scontri di Rosarno e la richiesta all'Italia di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati". "Spiegherò agli egiziani - ha detto Frattini - che come comunità immigrata rispettano d'abitudine la legge, che anche in Italia noi vogliamo che le leggi siano rispettate. Quindi nessun tipo di violenza, come quelle che abbiamo visto nelle strade di Rosarno. possono essere accettate". "La strada per uscirne - ha indicato infine il titolare della Farnesina - è certamente applicare le regole europee che io, da commissario, ho fortemente voluto".

Maroni in Senato oggi pomeriggio. Nel pomeriggio il ministro dell'Interno Roberto Maroni riferirà al Senato sulla rivolta degli immigrati. Contemporaneamente in piazza Navona si terrà una manifestazione di protesta organizzata dalle associazioni antirazziste e dalle comunità migranti in solidarietà con gli immigrati di Rosarno. Manifestazione non autorizzata, precisa la Questura in una nota: "non è stato presentato nei termini di legge alcun preavviso in ordine a questa iniziativa che, pertanto, è priva di autorizzazione".

 

 

 

 

12 Gennaio 2010

IL CASO

Falsi braccianti italiani e stranieri in nero

Nel 2009 iscritti all’Inps solo 72 lavoratori immigrati e più di 2.500 calabresi, ma nei campi non ce n’è traccia.

A leggere i dati ufficiali, gli agrumeti della Piana di Gioia Tauro erano pieni di lavoratori locali e non di immigrati. E così, forse, si capisce meglio anche cosa ci sia dietro il "caso Rosarno". Lo scorso anno i braccianti italiani iscritti all’Inps nella cittadina calabrese risultavano 1.600. Quelli extracomunitari appena 36. Numeri analoghi nel comune limitrofo di Gioia Tauro: 600 lavoratori agricoli italiani e solo 19 extracomunitari. Non cambia la musica nel terzo comune della zona, San Ferdinando: 317 braccianti italiani e appena 17 extracomunitari. Il totale è presto fatto: nel 2009 all’Inps risultavano iscritti ben 2.517 lavoratori italiani e soltanto 72 extracomunitari, circa 35 volte meno.

E le migliaia di immigrati africani, quelli coinvolti nella rivolta di Rosarno e ora trasferiti fuori regione? Tutti lavoratori in nero. I numeri parlano chiaro, confermano quanto emerso in questi giorni ma rappresentano qualcosa che non ha nulla a che vedere con la realtà. Se infatti quei 72 braccianti extracomunitari regolari sono una goccia nel mare degli immigrati che ogni mattina si "offrivano" ai caporali per raccogliere clementine e arance, ma sono, comunque e purtroppo, un dato vero, quei 1.600 lavoratori italiani sono, invece, un dato in gran parte falso. Perché braccianti italiani negli agrumeti della Piana quasi non se ne vedono. Insomma, come emerso da anni nelle inchieste della magistratura di Palmi, in stretta collaborazione col servizio ispettivo dell’Inps, si tratta di falsi braccianti. Cittadini di Rosarno e dintorni, iscritti nelle liste, formalmente assunti, ma solo per poi beneficiare delle agevolazioni contributive: indennità di disoccupazione, di malattia, di maternità. Bastano 51, 101 o 151 giornate all’anno (spesso neanche lavorate...) e si ottengono i benefici. E mentre loro, pur incassando i contributi non lavorano, nei campi devono andare gli immigrati. Ovviamente in nero, sottopagati e sfruttati.

Un sistema di illegalità diffusa che beneficia di una legislazione sicuramente non adeguata e di complicità che vanno da medici compiacenti (difficile sottrarsi perché tanto c’è subito qualcun altro pronto a certificare la malattia), sindacalisti e addetti ai patronati a volte complici, faccendieri, soggetti istituzionali. Il tutto sotto l’organizzazione e il controllo della ’ndrangheta che, come in altre regioni del Sud, si è profondamente inserita nel businnes della previdenza agricola. Un ricco affare per le cosche, ma anche l’ennesima occasione per confermare il proprio controllo sul territorio. "Se per ottenere la fittizia iscrizione negli elenchi agricoli ci si deve rivolgere ai boss del paese – ci dice un dirigente calabrese dell’Inps, esperto proprio in questo campo – è evidente che il potere di tali boss nel territorio non può che crescere e consolidarsi". Non solo ipotesi, visto che molte inchieste della procura di Palmi hanno confermato il coinvolgimento delle cosche. Parliamo del gotha della ’ndrangheta, cioé le cosche Pesce-Bellocco e Piromalli. E non è un caso che i tre comuni citati siano tutti attualmente sciolti per infiltrazione mafiosa e gestiti da tre commissari prefettizi nominati dal ministero dell’Interno.

Gli esempi scovati dagli ispettori dell’Inps e dalla magistratura sono innumerevoli e clamorosi. Succede così che appena una donna rimane incinta il "compare" le regala l’iscrizione all’Inps. Il che vuol dire l’immediato ottenimento dell’indennità di maternità. La mamma, ovviamente, sui campi non andrà mai. Altre volte vengono falsificate la carte inserendo nomi di persone estranee e andando poi alla posta ad incassare per loro i contributi. Magari, con certezza dell’impunità, facendo tutte le domande con la stessa calligrafia. E quando l’Inps fa i controlli succede più o meno questo: "Pronto signora ci passa suo marito". "Non posso, sta in officina al lavoro". "Ma come? Ha fatto domanda di disoccupazione in agricoltura...".

Ad essere coinvolte sono soprattutto le aziende medio-piccole che fanno lavorare in nero gli immigrati e

poi dichiarano le giornate per gli italiani, spesso parenti. Oppure ci sono quelle false, inesistenti, che dichiarano terreni non propri. O ancora, per evitare i controlli, si inseriscono lavoratori "fasulli" in aziende che ne hanno di regolari. E che "non possono dire di no". Soprattutto se a fare la richiesta sono esponenti delle note famiglie mafiose. Ironia della sorte una delle piazze di Rosarno teatro degli scontri è dedicata a Giuseppe Valarioti, sindacalista ucciso nel 1980 dalla ’ndrangheta per le sue lotte proprio contro l’illegalità in agricoltura.

Antonio Maria Mira

 

 

 

11 Gennaio 2010

CALABRIA

Rosarno, Napolitano:

"Oscurate legalità e solidarietà"

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sarà il 21 gennaio a Reggio Calabria per riaffermare i valori "di legalità e solidarietà oscurati dai gravi fatti di Rosarno". Lo annuncia una nota del Quirinale. La nota riferisce che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha accolto l'invito del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini, a partecipare alla Giornata della Legalità-"Insieme per non dimenticare" promossa quest'anno dalle Consulte Provinciali degli Studenti della Calabria il prossimo 21 gennaio a Reggio Calabria.

Il Capo dello Stato nel corso della visita a Reggio Calabria incontrerà i rappresentanti delle istituzioni territoriali e degli organi dello Stato operanti nella regione. Sarà un'occasione per rinnovare l'impegno comune, sempre ribadito dal Presidente della Repubblica, per l'affermazione dei valori di legalità e di solidarietà, entrambi oscurati dai gravi fatti di Rosarno.

Manifestazione dei cittadini di Rosarno. Negozi chiusi a Rosarno in occasione del corteo organizzato per dire no alle accuse di razzismo rivolte da più parti agli abitanti del paese per la vicenda degli immigrati.I titolari dei negozi hanno voluto esprimere la loro solidarietà ai promotori dell'iniziativa chiudendo i loro esercizi. "Un segno tangibile di partecipazione - ha detto un commerciante - ad un'iniziativa giusta ed opportuna". Alla manifestazione, secondo una stima della Polizia, c'erano duemila persone, mentre secondo gli organizzatori i partecipanti erano cinquemila. Il corteo ha percorso le vie principali del paese concludendosi davanti al Municipio senza alcun intervento, secondo una scelta degli organizzatori. Alla fine della manifestazione sono stati lanciati slogan contro l'informazione, colpevole di avere dato di Rosarno un'immagine di paese razzista.

Baracche distrutte a Rosarno.

I vigili del fuoco hanno iniziato a demolire le strutture fatiscenti dell'ex Rognetta, l'ex deposito alimentare alla periferia di Rosarno che era stato occupato dagli immigrati che hanno dato il via alla rivolta di giovedì scorso. Le ruspe hanno iniziato ad abbattere le strutture realizzate dagli immigrati all'esterno della fabbrica e nelle prossime ore verrà demolito anche il capannone principale dove gli stranieri hanno realizzato decine di baracche con cartone, plastica e lamiera. All'interno delle struttura gli immigrati, partiti in tutta fretta hanno lasciato tutto quel poco che avevano: decine di biciclette con cui raggiungevano i campi per raccogliere arance e mandarini, vestiti, pentole e utensili da cucina, bombole del gas. Nelle baracche ci sono ancora letti, coperte, resti di cibo, centinaia di carpe e in qualche caso anche valige che gli immigrati non hanno fatto in tempo a prendere.

Sul fronte delle responsabilità, per fare il punto della situazione, oggi è in programma a Palmi un vertice degli investigatori con il procuratore Giuseppe Creazzo. Malgrado siano molte le voci sulle responsabilità della 'ndrangheta negli avvenimenti degli ultimi giorni, per il momento indaga la procura ordinaria e solo lo sviluppo degli accertamenti dirà se dovrà scendere in campo la Direzione distrettuale antimafia. Sul tavolo del magistrato, inoltre, sono già arrivate le testimonianze degli immigrati che sono stati feriti a colpi di fucile o a sprangate: indicazioni vaghe che a poco o nulla possono servire per aiutare per arrivare all'identificazione dei responsabili degli assalti ai 'nerì.

La riunione in procura servirà anche per definire come muoversi nei prossimi giorni: a Rosarno, con i rinforzi inviati dal capo della Polizia Antonio Manganelli, ci sono circa 500 uomini delle forze dell'ordine in più rispetto a quelli impegnati ogni giorno nei servizi ordinari. Uomini e reparti che serviranno per attuare un controllo "molto stretto", dicono gli investigatori, del territorio. Perchè è chiaro a tutti che lo Stato, dopo aver arginato la rivolta e aver trasferito tutti gli immigrati, dovrà dare un segnale chiaro anche nei confronti di chi la guerriglia l'ha alimentata dando vita ad una vera e propria caccia all'immigrato.

 

 

 

 

2010-01-11

 

11 Gennaio 2010

CALABRIA

Rosarno, Napolitano:

"Oscurate legalità e solidarietà"

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sarà il 21 gennaio a Reggio Calabria per riaffermare i valori "di legalità e solidarietà oscurati dai gravi fatti di Rosarno". Lo annuncia una nota del Quirinale.

La nota riferisce che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha accolto l'invito del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini, a partecipare alla Giornata della Legalità-"Insieme per non dimenticare" promossa quest'anno dalle Consulte Provinciali degli Studenti della Calabria il prossimo 21 gennaio a Reggio Calabria.

Il Capo dello Stato nel corso della visita a Reggio Calabria incontrerà i rappresentanti delle istituzioni territoriali e degli organi dello Stato operanti nella regione. Sarà un'occasione per rinnovare l'impegno comune, sempre ribadito dal Presidente della Repubblica, per l'affermazione dei valori di legalità e di solidarietà, entrambi oscurati dai gravi fatti di Rosarno.

Manifestazione dei cittadini di Rosarno. Negozi chiusi a Rosarno in occasione del corteo organizzato per dire no alle accuse di razzismo rivolte da più parti agli abitanti del paese per la vicenda degli immigrati.I titolari dei negozi hanno voluto esprimere la loro solidarietà ai promotori dell'iniziativa chiudendo i loro esercizi. "Un segno tangibile di partecipazione - ha detto un commerciante - ad un'iniziativa giusta ed opportuna". Alla manifestazione, secondo una stima della Polizia, c'erano duemila persone, mentre secondo gli organizzatori i partecipanti erano cinquemila. Il corteo ha percorso le vie principali del paese concludendosi davanti al Municipio senza alcun intervento, secondo una scelta degli organizzatori. Alla fine della manifestazione sono stati lanciati slogan contro l'informazione, colpevole di avere dato di Rosarno un'immagine di paese razzista.

Baracche distrutte a Rosarno.

I vigili del fuoco hanno iniziato a demolire le strutture fatiscenti dell'ex Rognetta, l'ex deposito alimentare alla periferia di Rosarno che era stato occupato dagli immigrati che hanno dato il via alla rivolta di giovedì scorso. Le ruspe hanno iniziato ad abbattere le strutture realizzate dagli immigrati all'esterno della fabbrica e nelle prossime ore verrà demolito anche il capannone principale dove gli stranieri hanno realizzato decine di baracche con cartone, plastica e lamiera. All'interno delle struttura gli immigrati, partiti in tutta fretta hanno lasciato tutto quel poco che avevano: decine di biciclette con cui raggiungevano i campi per raccogliere arance e mandarini, vestiti, pentole e utensili da cucina, bombole del gas. Nelle baracche ci sono ancora letti, coperte, resti di cibo, centinaia di carpe e in qualche caso anche valige che gli immigrati non hanno fatto in tempo a prendere.

Sul fronte delle responsabilità, per fare il punto della situazione, oggi è in programma a Palmi un vertice degli investigatori con il procuratore Giuseppe Creazzo. Malgrado siano molte le voci sulle responsabilità della 'ndrangheta negli avvenimenti degli ultimi giorni, per il momento indaga la procura ordinaria e solo lo sviluppo degli accertamenti dirà se dovrà scendere in campo la Direzione distrettuale antimafia. Sul tavolo del magistrato, inoltre, sono già arrivate le testimonianze degli immigrati che sono stati feriti a colpi di fucile o a sprangate: indicazioni vaghe che a poco o nulla possono servire per aiutare per arrivare all'identificazione dei responsabili degli assalti ai 'nerì.

La riunione in procura servirà anche per definire come muoversi nei prossimi giorni: a Rosarno, con i rinforzi inviati dal capo della Polizia Antonio Manganelli, ci sono circa 500 uomini delle forze dell'ordine in più rispetto a quelli impegnati ogni giorno nei servizi ordinari. Uomini e reparti che serviranno per attuare un controllo "molto stretto", dicono gli investigatori, del territorio. Perchè è chiaro a tutti che lo Stato, dopo aver arginato la rivolta e aver trasferito tutti gli immigrati, dovrà dare un segnale chiaro anche nei confronti di chi la guerriglia l'ha alimentata dando vita ad una vera e propria caccia all'immigrato.

 

 

 

 

10 Gennaio 2010

ANGELUS

Il Papa: ogni immigrato è un essere umano

Gli immigrati vanno rispettati e la violenza "non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà", tanto meno "in nome di Dio". All'Angelus Benedetto XVI parla di "due fatti" che "hanno attirato in modo particolare" la sua attenzione negli ultimi giorni, e si capisce subito che parla della guerriglia di Rosarno e dell'Egitto.

I "due fatti" che preoccupano Benedetto XVI sono - spiega - "il caso della condizione dei migranti, che cercano una vita migliore in Paesi che hanno bisogno, per diversi motivi, della loro presenza, e le situazioni conflittuali, in varie parti del mondo, in cui i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti". E i due appelli che ne fa derivare, pronunciati a sorpresa dopo la preghiera domenicale in piazza San Pietro, sono in realtà uno solo: "Ripartire dal significato della persona", e imparare a rispettare chi è diverso, non importa se per provenienza o religione.

"Bisogna ripartire dal cuore del problema - ha esclamato il Papa dopo l'Angelus a piazza San Pietro -. Bisogna ripartire dal significato della persona. Un immigrato - ha affermato con forza - è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e

doveri, in particolare nell'ambito del lavoro dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell'ambito delle condizioni concrete di vita". "La violenza - ha detto ancora - non deve essere mai, per nessuno, la via per risolvere le difficoltà. Il problema è anzitutto umano. Invito - ha concluso - a guardare il volto dell'altro e a scoprire che egli ha un'anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me".

"Simili considerazioni", ha sottolineato papa Ratzinger, valgono anche per "l'uomo nella sua diversità religiosa". "La violenza verso i cristiani in alcuni Paesi - ha detto il Papa - ha suscitato lo sdegno di molti, anche perchè si è manifestata nei giorni più sacri della tradizione cristiana". Il pontefice chiama in causa "le istituzioni sia politiche, sia religiose", affinchè "non vengano meno, lo ribadisco - ha insistito - alle proprie responsabilità".

 

 

 

2010-01-09

9 Gennaio 2010

CALABRIA

Migranti in fuga da Rosarno

Ma continuano le violenze

Sono circa 200 gli immigrati che hanno lasciato il Centro di prima accoglienza S.Anna di Isola Capo Rizzuto, nel crotonese. Molti di loro si sono diretti alla stazione per andarsene in altre località. Lo si è appreso dalla Misericordia che gestisce il Centro.

Secondo quanto si è appreso si tratta quasi esclusivamente di immigrati regolari con il permesso di soggiorno o richiedenti asilo e quindi in possesso di un'autorizzazione temporanea. Non è escluso che qualcuno posa decidere di rientrare al centro prima delle 20, quando i cancelli vengono chiusi.

Il Centro, infatti, non è una struttura detentiva e gli immigrati possono muoversi liberamente.

Questa mattina un immigrato è stato ferito questa mattina con colpi di fucile caricato a pallini nelle campagne di Gioia Tauro, a pochi chilometri da Rosarno (Reggio Calabria). L'uomo è stato ricoverato all'ospedale della città; le sue condizioni non sarebbero gravi. Sul fatto indagano i carabinieri.

Per tutta la notte sono stati fatti salire sugli autobus che li ha portati al centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto. Al loro passaggio i cittadini italiani, che a loro volta stanno manifestando per chiedere l'allontanamento degli extracomunitari, applaudivano. Per il resto, la notte è trascorsa senza altri incidenti.

Si è presentato alla polizia un uomo con ferite ed è stato curato all'ospedale di Polistena ma non è in condizioni gravi. Probabilmente è stato percosso ieri pomeriggio, quando è esplosa la furia dei cittadini italiani. Intanto i residenti hanno tolto autonomamente il blocco sulla strada statale 18.

 

 

 

 

 

 

9 gennaio 2010

ROSARNO

Bertone:"Migranti sfruttati

ma violenza non è soluzione"

Gli scontri tra immigrati e popolazione locale avvenuti in questi giorni in provincia di Reggio Calabria "preoccupano il Vaticano, soprattutto per "le gravi condizioni di lavoro cui sono sottoposti gli immigrati", ma "lo strumento della violenza è da bandire". Lo ha detto il segretario di Stato vaticano, card.

Tarcisio Bertone, a margine di una messa celebrata questa mattina nella cappella del governatorato della Città del Vaticano in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario.

I fatti di Calabria - ha detto - "preoccupano e affliggono tutti, soprattutto per le gravi condizioni di lavoro cui sono sottoposti gli immigrati, che pure offrono un servizio prezioso all'agricoltura e alla comunità locale". La soluzione, a questo punto, secondo il segretario di Stato, è "un riscatto di vita secondo giustizia. Credo che in questo senso il salmo 71, che invita al rispetto della giustizia e del diritto, aiuti

tutti ad agire con modalità positive, ad osservare le leggi, agire secondo giustizia e riportare pace e

riconciliazione".

 

 

 

 

 

9 Gennaio 2010

REPORTAGE

Le diecimila braccia tese degli "schiavi" stagionali

Ore 6 di un giorno qualunque tra ottobre e aprile, la stagione degli agrumi, la stagione degli schiavi. Percorriamo in auto le stradine interne della Piana di Gioia Tauro, tra uliveti e agrumeti. Improvvisamente, illuminato dai fari, compare dal buio un uomo africano, poi un altro. Decine, centinaia, a gruppi o in fila. "Vanno a prostituirsi", ci dice Bartolo Mercuri, fondatore e presidente dell’associazione "Il Cenacolo" di Maropati che cerca di aiutare gli immigrati che ogni anno si spostano nella Piana per la raccolta delle arance e delle clementine. E con quella parola dura illustra bene l’inizio della giornata dei circa cinquemila immigrati che ogni mattina agli incroci della zona si "offrono" ai "caporali" che reclutano la manodopera per l’agricoltura. È lui, che gli immigrati chiamano "Barto" o "papà", ad accompagnarci in questo viaggio nell’inferno dello sfruttamento e che in parte spiega quanto sta accadendo. "Si è voluto ignorare questo problema per troppo tempo – commenta – lasciando noi del volontariato da soli a cercare di aiutare questi nostri fratelli".

Ci dirigiamo verso Rosarno e i gruppi di immigrati aumentano. Ecco i primi luoghi del reclutamento. Ci fermiamo ed è un primo assalto. "Lavori, lavori", chiedono come una cantilena. "No Caritas". E allora le richieste cambiano. "Copertì e scarpe". Già fa freddo in questo inverno calabrese. Soprattutto di notte. Soprattutto se si dorme dove capita. E la nuova sosta è proprio in uno di questi luoghi, "la Rognetta", una ex fabbrica. Fuochi accesi illuminano centinaia, forse 400 africani. I più fortunati hanno dormito tra quattro gelide mura diroccate. Gli altri sotto baracche di plastica e cartone. "Lavori, lavori", riprende la cantilena. "No Caritas, poi passiamo, fatevi trovare per il cibo e le coperte". Questo pomeriggio, infatti, Bartolo passerà col suo pullman ("Ne carico 120, la polizia chiude un occhio"), per portarli nella sede dell’associazione e rifornirli un po’ di tutto. "Ma non solo mangiare – risponde secco uno di loro –. Ho quattro figli, ho bisogno di soldi da mandare a casa...". Questi Bartolo non può certo darli, ma continua ad aiutarli. Anche se qualcuno gli ha già bruciato due pullman. Sa che dà fastidio. "Il Signore mi ha chiamato per aiutare questi nostri fratelli. Io faccio solo la sua volontà".

Riprendiamo il viaggio lungo la statale, che è ormai un fiume quasi ininterrotto di africani, e proprio sul confine col comune di Gioia Tauro ecco comparire il simbolo di questo inferno. Ex Opera Sila, impianto industriale per la produzione dell’olio. Costruito coi soldi pubblici ma di olio non è mai uscito un solo goccio. La classica cattedrale nel deserto. Ci volevano gli africani per renderla utile... almeno per loro. Sono 800, forse anche di più. Senza acqua né luce. Solo alcuni bagni chimici fatti portare dai commissari straordinari di Gioia Tauro, che come Rosarno ha avuto l’amministrazione comunale sciolta per infiltrazione mafiosa. Dormono dentro tendine montate nei capannoni (hanno il tetto in pericolosissimo eternit), o sotto cartoni e teloni.

E c’è chi addirittura si è sistemato dentro i grandi silos in metallo: si entra in ginocchio attraverso una botola, quasi un sommergibile in verticale. Stretto ma almeno al coperto. Anche qui fuochi accesi. Qualcuno cucina. "Ci ho visto cuocere un cane qualche giorno fa", ricorda Bartolo. Lo riconoscono. "Barto, papà". E poi ancora la cantilena. "Lavori, lavori". Ma anche altre precise richieste. "Barto mi servono vestiti per bambini. Li mando a casa". E altre inaspettate. "Holy Bible". Già, proprio la Bibbia. Bartolo ne porta sempre alcune copie, sia in inglese che in spagnolo. "Gran parte di loro sono cristiani e mi chiedono anche coroncine. Dicono "Dio" e "Croce". Ne ho distribuite a migliaia".

Pian piano il sole fa capolino e il fiume di immigrati si ingrossa. Alcuni escono su vecchie auto, strapiene. Station wagon con 10-15 persone a bordo. "Oggi lavoro", dice l’autista. Forse uno dei "caporali" di colore, primi intermediari della catena di lavoro che, comunque, fa sempre riferimento a "caporali" italiani, e a proprietari terrieri quasi sempre di famiglie ’ndranghetiste. Ma così, tra intermediario e intermediario, va a finire che di 20-25 euro al giorno finiscono nelle tasche del lavoratore non più di 18. E per 12-14 ore di lavoro massacrante. "I mafiosi dicono "ma faccio del bene a farli lavorare" – riflette Bartolo –. Pensano di essere benefattori...". Ma tutti gli immigrati sperano di trovarlo questo lavoro. Fuori, parcheggiata, un’auto della polizia, sorveglia questo fiume. Tutti sanno che gran parte sono clandestini ma non si può intervenire.

Torniamo verso i luoghi di reclutamento. Ormai affollatissimi. Ci sono quelli degli africani e quelli degli europei dell’est, polacchi, bulgari, ucraini, albanesi e romeni. Loro sono più organizzati, in parte stanziali, alcuni con le famiglie. Non dormono nelle ex fabbriche ma in case. Certo non sono ville: 20 bulgari pagano 100 euro al mese per "vivere" in un garage di pochi metri quadri. Si fermano molti furgoni. Un occhiata e l’autista fa salire alcuni immigrati. Per loro è un giorno fortunato. Altri restano lì, per ore. Poi si arrendono e tornano a "casa". A fine mattina ne raggiungiamo alcuni. Collina di Rizziconi, altro paese della Piana. L’immagine è da choc. Tra gli ulivi è sorta una vera favela, piccole baracche di sacchi di plastica, legno e scotch. Sono in 200 a vivere in queste condizioni. Oggi non si lavora. Domani chissà... Alle 5 di nuovo in fila per "prostituirsi".

Antonio Maria Mira

 

 

 

 

9 Gennaio 2010

Smetterla di "non vedere"

Un’altra storia è possibile

A Nord come a Sud

Rosarno, Italia: cinquemila immigrati, in gran parte irregolari, pagati (quando va bene) 18-20 euro al giorno per 12-14 ore di lavoro a raccogliere agrumi, ammucchiati in ex fabbriche senza acqua e senza luce, sfruttati da imprenditori e mafiosi, dimenticati da enti locali e istituzioni regionali e nazionali. Val di Non, Italia: settemila immigrati, tutti regolari, pagati 6,90 euro all’ora per 8 ore di lavoro a raccogliere mele, con vitto e alloggio assicurato dai datori di lavoro, sotto il rigoroso controllo della provincia di Trento e dei Comuni della zona. Dietro alla drammatica rivolta degli immigrati africani della Piana di Gioia Tauro, dietro la reazione degli abitanti, sfociata ieri sera in due feroci gambizzazioni, c’è ancora una volta questa Italia spaccata in due, questo Paese che, come ha denunciato più volte il capo dello Stato, viaggia a velocità diversissime. Due Italie, forse addirittura due pianeti diversi.

Lo diciamo chiaro e forte, perché nessuno può accusarci di trito e becero antimeridionalismo. Avvenire, con la stessa identica passione della Chiesa italiana e dei suoi vescovi, è da sempre attento alla realtà del Sud: al male che la affligge e al tanto bene che offre. Anche sul fronte immigrazione. Perché non è impossibile gestire e accompagnare questo fenomeno epocale. Proprio nella tanto disastrata Calabria due paesi della zona jonica, Caulonia e Riace, sono esempi di integrazione, apprezzati e studiati anche all’estero. Addrittura ospitano, su richiesta degli organismi internazionali, i profughi dei campi palestinesi. Dunque, si può agire nella legalità e nella civiltà. E non solo nell’efficiente Trentino.

Esperienze felici, ma purtroppo solo isole. Il resto è un mare di Rosarno, dove gli immigrati si spostano seguendo le stagioni. Nomadismo agricolo: a settembre in Sicilia (olive), tra ottobre e marzo in Calabria (agrumi), poi in Puglia e Campania (ortaggi). Così da almeno venti anni. Sotto agli occhi di tutti. All’aperto dei campi, non al chiuso di qualche fabbrica. Tutti vedono ma girano la testa dall’altra parte. Le istituzioni per prime. Gli 800 immigrati ammassati nell’impianto (mai entrato in funzione) dell’ex Opera Sila sono più o meno gli stessi che vivevano, in condizioni analoghe, nell’ex cartiera di Rosarno. Sbarrata quest’ultima dopo il ferimento a pistolettate, un anno fa, di due immigrati e una prima rivolta, gli 800 hanno solo cambiato "inferno". Intanto i due Comuni interessati, Rosarno e Gioia Tauro, sono stati (e non è certo una coincidenza...) sciolti per infiltrazione mafiosa. Ma neanche la diretta gestione da parte delle prefetture attraverso i commissari straordinari è stata capace di dare una svolta.

Perché non è solo una questione di ordine pubblico. Malgrado pistolettate, rivolte e gambizzazioni. Se in migliaia ogni giorno si "prostituiscono" agli incroci della Piana di Gioia Tauro, aspettando di essere soppesati e assoldati dai "caporali"; se dopo fredde e interminabili giornate a raccogliere i dorati frutti degli agrumeti tornano a dormire tra mura diroccate, sotto teli e cartoni e perfino nei silos metallici; se al loro fianco hanno, come al solito, la sola preziosa e disinteressata presenza del volontariato; se vengono sfruttati e sottopagati con la scusa che il mercato degli agrumi non tira, davvero questa Italia non va. Non è solo colpa della ’ndrangheta, che certo su di loro si arricchisce e magari li usa come facile manovalanza criminale (Rosarno, ahimè, è un noto punto di transito della droga, "la farina" come la chiamano i corrieri di colore). E che forse ieri, come suo stile, ha voluto "fare giustizia" sparando ad altri due immigrati.

Ma la ’ndrangheta non spiega tutto. Dove sono le organizzazioni imprenditoriali? Battano un colpo. Chiaro, netto. Magari, come Confindustria Sicilia, espellendo chi usa lavoratori in nero o irregolari. E lo battano le istituzioni, come già fanno in altre regioni o in altre zone della Calabria. Non ci saranno così più alibi per i violenti, italiani e immigrati.

Antonio Maria Mira

 

 

 

 

8 Gennaio 2010

LE REAZIONI

Schettino: Rosarno rappresenta "un segno di sofferenza e di degrado umano"

SCHETTINO. L'episodio di Rosarno rappresenta "un segno di sofferenza e di degrado umano" che spinge "da un lato a condannare la violenza e dall'altro a considerare l'estremo disagio e la difficoltà di questa gente che non ha sostegno nè umano nè economico". Lo ha detto mons. Bruno Schettino, presidente della commissione episcopale per le Migrazioni della Cei.

Mons. Schettino ha quindi lanciato un appello "alla calma e alla collaborazione nel tentativo di ricomporre il tutto in una dimensione di maggiore umanità e servizio ai poveri". "Noi - ha aggiunto - stiamo sempre dalla parte dei poveri".

Parlando della guerriglia scatenata ieri da alcuni immigrati a Rosarno in reazione a un'aggressione subita e che continua in queste ore ad alimentare un clima di tensione nella cittadina in provincia di Reggio Calabria, mons. Schettino, che è arcivescovo a Capua, ha ricordato la vicenda di astelvolturno del 2008 quando vi fu una rivolta di immigrati in seguito all'uccisione di sei africani ad opera della camorra. "Anche quest'anno - ha detto il presidente della Commissione episcopale migrazioni e della Fondazione Migrantes - è avvenuto un episodio che è segno di sofferenza e di degrado umano".

Di fronte alle proteste dei molti cittadini di Rosarno che chiedono che gli immigrati vadano via, mons. Schettino osserva: "È l'eterna vicenda dei poveri, sempre respinti e rigettati ai margini mentre il rapporto tra la comunità preesistente e quella immigrata dovrebbe continuare in una dimensione di umanità. Occorre - invita l'arcivescovo - avere pazienza e guardare avanti".

Rivolgendosi poi alle istituzioni a proposito della condizione quasi di neoschiavitu di molti immigrati lavoratori stagionali denunciata da diverse associazioni, mons. Schettino ha osservato che "se uno sta dentro alla dimensione umana degli immigrati e ha umanità nei confronti di chi incontra, cerca di dare una risposta di umanità e di bontà del cuore".

MIGRANTES. Le violenze a Rosarno rappresentano "il secondo segnale preoccupante di un territorio che reagisce al mondo dello sfruttamento, dopo qello sul Litorale Domizio in Campania". Lo sottolinea il direttore della Fondazione Migrantes, don Giancarlo Perego, per il quale "ancora una volta è emersa una forte carenza della presenza della realtà sociale a tutela dei diritti dei lavoratori". In quel territorio vige, ha osservato, "una situazione di sfruttamento inaccettabile, con paghe irrisorie, una parte delle quali viene estorta da intermediari". "La tutela dei lavoratori - afferma don Perego - è un'esigenza fondamentale alla quale l'intera società italiana e in particolare le istituzioni debbono guardare con più attenzione".

 

 

 

 

9 Gennaio 2010

Maroni: "Troppa tolleranza verso gli irregolari"

Varata dal ministro Roberto Maroni una task-force per la situazione in Calabria. Servirà – fa sapere il Viminale – ad affrontare la questione non solo dal punto di vista dell’ordine pubblico, "ma anche per quanto riguarda gli aspetti legati allo sfruttamento del lavoro nero e dell’assistenza sanitaria". E già il capo della Polizia, Antonio Manganelli, sentito il ministro, ha disposto l’invio a Rosarno di un consistente contingente di polizia "per assicurare il miglior controllo del territorio e garantire serenità a tutta la popolazione presente".

Della task-force farà parte lo stesso Maroni che, lamentando troppa tolleranza verso gli irregolari, scatena una bufera. "In tutti questi anni – dichiara in televisione – è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall’altra ha generato situazioni di forte degrado, come quella di Rosarno". Se per queste parole, il leghista Mario Borghezio lo saluta come il "nostro Sarkozy", il ministro Maroni attira su di sé fulmini e saette. Gli chiedono anche di riferire in Senato. Lo fanno ad esempio Anna Finocchiaro e Luigi Zanda, presidente e vice presidente del gruppo Pd a Palazzo Madama, e anche dal Pdl Maurizio Gasparri. Per la verità, Maroni non se lo fa dire due volte: martedì prossimo infatti andrà a riferire nell’aula del Senato.

Le critiche, a parte il plauso dei ministri Gianfranco Rotondi e Luca Zaia (che farà parte della task-force), sono durissime. Ai detrattori si rivolge Zaia: "Chiediamo conto a quanti stanno dileggiando il ministro Maroni di una qualche proposta concreta che sia quella di restituire al nostro Paese la sovranità territoriale, per cui è lo Stato a decidere chi entra e chi no. Diciamo basta alle ipocrisie".

Duro è il segretario del Pd, Pierluigi Bersani: "Mi dispiace molto – dice – che il ministro Maroni non abbia perso l’occasione anche questa volta di fare lo scaricabarile sull’immigrazione clandestina. Vorrei ricordargli che subiamo anche danni in vigenza di una legge che si chiama Bossi-Fini". Si aggiunge Paolo Ferrero, portavoce della Federazione della Sinistra che accusa il ministro di coprire i caporali: "Gli immigrati clandestini a Rosarno lavorano al nero in agricoltura e sono sfruttati come schiavi. Gli sgomberi di Maroni servirebbero solo a non far pagare gli stipendi a questi lavoratori da parte dei caporali che li sfruttano".

Toni non meno duri dall’Idv. È il capogruppo alla Camera, Massimo Donadi, a sferrare l’attacco: "Le parole di Maroni – dice – sono molto gravi. Noi non vogliamo negare che esista un problema legato all’immigrazione clandestina, il punto, semmai, è che questo governo non fa nulla sul serio per contrastarlo". E conclude dicendo: "Questo problema è l’equivalente di una pagliuzza rispetto alla trave che Maroni ha nell’occhio ma non vede". Critiche da Mario Tassone, vice segretario dell’Udc: "Scaricare tutto sugli immigrati – sostiene – è superficiale e semplicistico. Stiamo parlando di persone che arrivano nel nostro Paese da disperati e restano tali, in balia della povertà, di scadenti condizioni igienico-sanitarie e dello sfruttamento".

Scende in campo anche il sindacato, contro il ministro. In una nota congiunta Flai-Cgil e Cgil nazionale accusano Maroni di fare orecchie da mercante: "Al ministro – si legge nella nota – sfugge che questi lavoratori sono tenuti sotto ricatto dalla malavita italiana, che ha individuato nel lavoro agricolo un business particolarmente appetibile".

Giorgio D’Aquino

Giornale in edicola

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Supplementi

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CORRIERE della SERA

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2010-01-12

L'INFORMATIVA DEl ministro dell'interno al Senato

Rosarno, Maroni: " Azione tempestiva

Lo Stato c'è e continuerà a esserci"

"Gran parte degli immigrati era in regola. Mai rispettato l'obbligo del datore di lavoro di dare alloggio adeguato"

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Roberto Maroni (Eidon)

Roberto Maroni (Eidon)

ROMA - A Rosarno "le forze dell’ordine sono intervenute tempestivamente fin dall’inizio dei disordini e questo ha permesso di porre fine alle violenze prima che degenerassero in fatti più gravi". Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha riferito sui fatti di Rosarno in una informativa al Senato nella quale ha respinto le accuse di scarsa attenzione da parte dello Stato alla situazione calabrese e ribadito che nella circostanza degli scontri l'intervento delle forze di polizia è stato tempestivo. Nella ricostruzione dei fatti è emersa inoltre con chiarezza la causa degli incidenti (un immigrato del Togo ferito con un arma ad aria compressa) e le gravi inadempienze di legge di chi offre lavoro agli immigrati, sia per quanto riguarda l'irregolarità del rapporto di lavoro sia per il non rispetto delle norme che impongono l'obbligo ai datori di lavoro di procurare agli stagionali alloggi decenti nel periodo della loro permanenza. La situazione di Rosarno, si è visto, era ben diversa.

CLANDESTINI E REGOLARI - "Si sono rese evidenti tutte le conseguenze negative che derivano dall'immigrazione clandestina, che il governo proprio per questo motivo ha iniziato e continua a combattere senza tentennamenti"ha detto Maroni ha sottolineato che "per combattere la clandestinità bisogna continuare nell'applicazione seria e rigorosa della legge Bossi-Fini" difatti "negli ultimi 2 anni sono stati rimpatriati oltre 42.000 clandestini nei paesi origine". Ma accanto alla dichiarazione di principio ci sono le cifre riportate da Maroni, che offrono un quadro diverso da quello che poteva apparire all'inizio: gran parte degli extracomunitari che erano a Rosarno e sono poi stati trasferiti, ha spiegato il ministro, avevano infatti un regolare permesso di soggiorno.

ALLOGGI E INDAGINI - Le operazioni di trasferimento da Rosarno, ha precisato il ministro, "sono avvenute su base volontaria e senza disordini alcuni verso i centri di accoglienza di Crotone e altri verso quello di Bari. Complessivamente si è trattato di 748 cittadini extracomunitari". E proprio a questo punto Maroni ha ricordato che ora la task force del ministero dell'Interno sta controllando "una per una" tutte le aziende agricole della zona di Rosarno e ribadito che esiste un obbligo di legge "mai rispettato" per i datori di lavoro, tenuti a provvedere agli alloggi dei lavoratori stagionali

'NDRANGHETA - Resta il problema del ruolo della criminalità organizzata in Calabria. Il ministro ha citato l'ultima operazione compiuta delle forze dell'ordine, proprio a Rosarno, nella mattinata di oggi: "Questa mattina - ha detto - a Rosarno sono state emanate 17 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di persone accusate di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni e sono sequestrati beni per decine di milioni di euro. Questa è la miglior risposta che lo Stato poteva dare dopo i fatti accaduti. È la prova che lo Stato in Calabria c'è e non darà tregua alla 'ndrangheta. Lo Stato in Calabria c'è e continuerà ad esserci". L'eventuiale ruolo della 'ndrangheta nei fatti di Rosarno "è al vaglio della magistratura".

 

12 gennaio 2010

 

 

 

 

 

E la Cei rilancia sullo ius soli

Rosarno, è tensione tra Egitto e Italia

I vescovi: rivedere la cittadinanza

La rivolta è un caso diplomatico. Il Cairo: "Campagna di aggressione anti-musulmani". Frattini: rispettiamo leggi

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A Rosarno la rivolta degli immigrati (7 gennaio 2010)

(Fotogramma)

(Fotogramma)

MILANO - Rosarno diventa un caso diplomatico. L'Egitto "condanna" infatti le violenze nel paesino calabrese e chiede al governo italiano di intervenire contro gli episodi di razzismo e discriminazione. Intanto, , all'indomani del duro monito dell'Osservatore Romano, anche la Cei inteviene sulla vicenda, rilabnciando il tema assai spinoso della cittadinanza.

LA NOTA DEL CAIRO - Riferendosi agli scontri in Calabria, il ministero degli Esteri del Cairo ha denunciato "la campagna di aggressione" e "le violenze" subite dagli "immigrati e le minoranze arabe e musulmane in Italia" e chiedendo al governo italiano di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati". Una dura protesta quella dell'Egitto, che nel comunicato diffuso dal ministero degli Esteri ha citato anche la crescita registrata negli ultimi tempi di episodi "razzisti" e la condizione di disagio degli immigrati in Italia a causa delle "condizioni di detenzione, della violazione dei loro diritti economici e sociali e della pratica delle espulsioni coatte". La questione, ha annunciato il Cairo, sarà sollevata dal ministro Aboul Gheit nell'incontro in programma il 16 gennaio con il titolare della Farnesina Franco Frattini.

LA REPLICA DI FRATTINI - La replica del ministro italiano non si è fatta attendere: "Sono pronto a parlare di qualsiasi cosa" con l'Egitto, ha detto Frattini, respingendo come "inaccettabile" qualunque forma di violenza simile a quella vista a Rosarno. A proposito di quella che il Cairo ha definito una campagna di odio e di discriminazione contro gli immigrati, il capo della Farnesina ha ricordato che "l'Egitto è un Paese amico" e ha anticipato che il 16 gennaio con il collega Aboul Gheit "spiegherà agli egiziani, che come comunità emigrata rispettano d'abitudine la legge, che anche in Italia vogliamo che le leggi siano rispettate". Frattini ha anche assicurato che sullo sfondo degli scontri a Rosarno non ci sono questioni di tipo religioso. "Si trattava di casi di violenza normale a cui le forze di polizia hanno dovuto reagire: violenze inaccettabili che non hanno niente a che fare con l'Egitto e con gli egiziani che, come comunità rispettano abitualmente le leggi italiane". "'Tutta l'Italia, credo tutta l'Europa, ha visto gente dare l'assalto alle case o sfondare e bruciare le macchine. Questo non c'entra assolutamente niente con motivazioni religiose: si tratta di una violenza inaccettabile che giustamente è stata respinta dalle forse di polizia", ha aggiunto.

LA QUESTURA - Da parte sua la questura di Reggio Calabria ha fatto sapere che non ci sono egiziani nel gruppo di immigrati che si trovavano a Rosarno e che, dopo gli incidenti dei giorni scorsi, sono stati portati nei centri di accoglienza di Crotone e Bari. È stata confermata, invece, la presenza tra gli immigrati di persone di lingua araba e di religione musulmana.

LA CEI - I vescovi italiani nel frattempo invitano, attraverso monsignor Bruno Schettino, presidente della Fondazione Migrantes e responsabile Cei per l'Immigrazione a "ricreare un clima di maggiore e migliore accoglienza, superando la tentazione di xenofobia che produce paura, mortificazione dell'uomo, perdita di speranza". "Voglio ricordare - ha aggiunto Schettino - che la tendenza è quella dell'accoglienza dello ius soli (diritto acquisito da nascita su territorio) per una cittadinanza offerta con delle condizioni particolari. Noi non possiamo entrare nei fattori tecnici però è anche vero che il senso di profonda humanitas fa sì che noi desideriamo che si arrivi anche alla formulazione di un principio di cittadinanza che sia veramente favorevole. Con delle condizioni - ha specificato -: la conoscenza della lingua italiana, della Carta costituzionale, e la presenza sul territorio nazionale" condizioni per cui, ha concluso, "diventa anche più sicura e più certa la possibilità della cittadinanza".

RIPRESE LE DEMOLIZIONI - Dopo gli scontri dei giorni scorsi, Rosarno prova a tornare alla normalità. Polizia e carabinieri continuano a presidiare il paesino calabrese, ma è una presenza che ha finalità puramente preventive e non è legata a situazioni particolari. Sul posto c'è il personale della Squadra mobile di Reggio Calabria che sta eseguendo i sequestri ordinati nell'ambito dell'operazione contro la cosca Bellocco coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. Si tratta, in particolare, di alcuni supermercati e discount ubicati nel centro del paese e nell'immediata periferia. Esercizi di proprietà di affiliati alla cosca ma intestati a prestanome. In mattinata, intanto, sono ripresi i lavori di demolizione delle strutture di ricovero per immigrati dell'ex fabbrica Rognetta. Un lavoro che una volta completato proseguirà con la demolizione dell'altro centro di ricovero, realizzato in una fabbrica dell'ex Opera Sila. Attività, quest'ultima, più complessa e dai tempi più lunghi perché le strutture da abbattere sono più grandi. Nella notte l'automobile di un immigrato è stata incendiata da persone non identificate. Il proprietario della vettura è un ghanese con regolare permesso di soggiorno che fa il bracciante agricolo e che vive nel centro del paese, insieme ad un'altra immigrata, in un'abitazione presa in affitto. Per spegnere l'incendio l'uomo è stato aiutato da alcuni vicini di casa, cittadini di Rosarno non immigrati. L'immigrato al quale è stata incendiata l'auto non è stato coinvolto nella rivolta scoppiata giovedì scorso, né negli scontri con gli abitanti. L'uomo è a Rosarno da sette mesi e si è integrato nel paese, avviando rapporti normali e cordiali con gli abitanti. Secondo i carabinieri, dunque, l'incendio della sua auto sarebbe legato ad un fatto occasionale non collegato agli incidenti dei giorni scorsi.

12 gennaio 2010

 

 

 

CITTADINI in corteo: "Abbandonati dallo Stato". Napolitano: "il 21 sarò a reggio"

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Lo sgombero degli immigrati accampati in una fabbrica di olio mai andata in funzione sulla statale 18 che collega Rosarno a Gioia Tauro (Inside)

Lo sgombero degli immigrati accampati in una fabbrica di olio mai andata in funzione sulla statale 18 che collega Rosarno a Gioia Tauro (Inside)

MILANO - Mentre prosegue a Rosarno la demolizione delle strutture occupate, fino a sabato scorso, da centinaia di immigrati africani impiegati come braccianti agricoli nelle campagne nella zona, si è tenuto in mattinata a Palmi il vertice delle forze dell'ordine convocato dal procuratore capo Giuseppe Creazzo. Il magistrato ha acquisto gli elementi raccolti da Polizia e Carabinieri sui disordini dei giorni scorsi (prima la protesta degli stranieri dopo il ferimento di due extracomunitari, poi la caccia all'africano scatenata da alcuni cittadini). All'attenzione degli inquirenti, in particolare, la dinamica degli eventi e le possibili infiltrazioni nella criminalità locale, alla luce soprattutto dell'arresto di una persona legata ad un clan della zona, durante i tumulti seguiti agli scontri fra immigrati e forze di polizia. In un'intervista al 'Quotidiano Nazionale', Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, si dice sicuro "che sui fatti di Rosarno ci sa la regia della 'Ndrangheta". Gli investigatori ipotizzano che i disordini a Rosarno siano stati pianificati dalla criminalità per spostare l'attenzione dalla bomba fatta esplodere lo scorso 3 gennaio davanti alla Procura di Reggio Calabria, che sarebbe stato un segnale contro l'arresto di latitanti e soprattutto contro i recenti sequestri di beni della 'Ndrangheta. Stando al rapporto della polizia - rivelato da Reuters - alla guerriglia urbana di Rosarno hanno preso parte pregiudicati e figli di boss della 'Ndrangheta.

CORTEO - E mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, annuncia che sarà il 21 gennaio a Reggio Calabria alla "Giornata della legalità-Insieme per non dimenticare", per riaffermare i valori "di legalità e solidarietà oscurati dai gravi fatti di Rosarno", nel pomeriggio è sceso in piazza il comitato spontaneo dei cittadini. Un'iniziativa organizzata "contro l'immagine di una città xenofoba, mafiosa e razzista veicolata dai mass media nazionali e da qualche esponente della politica e dell'associazionismo a livello regionale e nazionale". Il corteo, al quale sono presenti anche alcuni immigrati, è partito da piazza Calvario alle ore 16. In testa al corteo uno striscione con la scritta "Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media, 20 anni di convivenza non sono razzismo". "I cittadini di Rosarno - affermano i promotori dell'iniziativa - condannano in maniera ferma e decisa il vile ferimento dei migranti stanziati presso l'Opera Sila e qualsiasi atto di violenza, da qualunque parte provenga".

Rosarno, la demolizione delle baracche Rosarno, la demolizione delle baracche Rosarno, la demolizione delle baracche Rosarno, la demolizione delle baracche Rosarno, la demolizione delle baracche Rosarno, la demolizione delle baracche Rosarno, la demolizione delle baracche Rosarno, la demolizione delle baracche

PIANO PER L'INTEGRAZIONE - Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha annunciato l'intenzione del governo di mettere a punto un Piano nazionale per l'integrazione che sarà presentato nelle prossime settimane. Secondo il ministro, "ha assolutamente ragione il collega Maroni. È doveroso sanzionare tutti gli episodi che in qualche modo esprimono intolleranza etnica, compresi i cori negli stadi. Una politica dell’integrazione - spiega - si compone necessariamente di due aspetti tra loro connessi: quello della repressione dei flussi clandestini e quello della migliore integrazione e dei comportamenti regolari. I due aspetti si alimentano reciprocamente tanto quanto il prevalere dell'irregolarità inevitabilmente cannibalizza le buone pratiche. Come la moneta cattiva scaccia quella buona. Per questo stiamo predisponendo un Piano nazionale per l’integrazione che presenteremo nelle prossime settimane".

L'OSSERVATORE - Intanto l'Osservatore Romano lancia un duro attacco contro "il razzismo degli italiani". Nell'articolo si compie un rapido excursus storico sulle radici del razzismo nei primi decenni dell'unità d'Italia, per poi concludere: " Nel 2010, invece, siamo ancora all'odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto". Nel lungo servizio dal titolo "Gli italiani e il razzismo, Tammurriata nera" e firmato da Giulia Galeotti, si legge: "Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato". "Per una volta - prosegue il testo - la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il 'diverso' s'è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto". "Sia stato il risultato di un atto d'amore o, invece, di uno stupro - si legge sul giornale del Vaticano - ben difficilmente abbiamo considerato quel bambino come nostro, al pari dei nostri. Anzi, la doppia appartenenza è sembrata (e continua a sembrare) una minaccia ulteriore". "In questo - rileva l'Osservatore - davvero a nulla è servito l'esempio americano: l'Obama-mania che imperversa trasversalmente, dalla politica all'arte, dallo stile al linguaggio, non ha invece fatto breccia alcuna nel dimostrare il valore dell'incontro tra razze diverse". Il testo del quotidiano della Santa Sede viene pubblicato dopo che il Papa domenica ha chiesto rispetto per gli immigrati e che il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, aveva parlato delle drammatiche condizioni di vita in cui si trovavano gli immigrati nell'area di Rosarno.

 

11 gennaio 2010(ultima modifica: 12 gennaio 2010)

 

 

 

colpita la cosca dominante nella piana di gioia tauro

Operazione anti-'ndrangheta a Rosarno

Arrestati 17 membri del clan Bellocco: tra loro il nipote di un boss, già in manette per gli scontri con gli immigrati

Rosarno (Ansa)

Rosarno (Ansa)

MILANO - Rosarno, dopo la rivolta degli immigrati il blitz contro i clan della 'ndrangheta. La squadra mobile di Reggio Calabria ha dato il via a una grossa operazione contro il clan Bellocco, egemone nella piana di Gioia Tauro, eseguendo 17 ordinanze di custodia cautelare per mafia. Sequestrati beni per alcune centinaia di migliaia di euro.

IL NIPOTE DEL BOSS - Tra gli arrestati c'è anche Antonio Bellocco, nipote del boss Carmelo, coinvolto negli incidenti dei giorni scorsi, anche se la polizia ha sottolineato che i nuovi arresti non hanno nulla a che vedere con i disordini. Proprio per questo per lui erano scattate le manette venerdì, con l'accusa di aggressione contro un immigrato e alcuni carabinieri. Lunedì il gip di Palmi aveva convalidato l'arresto, dunque il nuovo provvedimento restrittivo gli è stato notificato in carcere.

L'INDAGINE - L’operazione è nata da un’indagine che già a luglio aveva portato all’esecuzione di alcuni fermi nei confronti di affiliati alla 'ndrangheta con base operativa a Bologna e in altri centri dell’Emilia Romagna, dopo un duplice omicidio avvenuto a Scilla un mese prima.

12 gennaio 2010

 

 

2010-01-11

CITTADINI in corteo: "Abbandonati dallo Stato". Napolitano: "il 21 sarò a reggio"

Rosarno, figli di boss negli scontri

L'Osservatore: "Italiani razzisti"

All'attenzione delle forze dell'ordine le possibili infiltrazioni della 'Ndrangheta nei disordini

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Lo sgombero degli immigrati accampati in una fabbrica di olio mai andata in funzione sulla statale 18 che collega Rosarno a Gioia Tauro (Inside)

Lo sgombero degli immigrati accampati in una fabbrica di olio mai andata in funzione sulla statale 18 che collega Rosarno a Gioia Tauro (Inside)

MILANO - Mentre prosegue a Rosarno la demolizione delle strutture occupate, fino a sabato scorso, da centinaia di immigrati africani impiegati come braccianti agricoli nelle campagne nella zona, si è tenuto in mattinata a Palmi il vertice delle forze dell'ordine convocato dal procuratore capo Giuseppe Creazzo. Il magistrato ha acquisto gli elementi raccolti da Polizia e Carabinieri sui disordini dei giorni scorsi (prima la protesta degli stranieri dopo il ferimento di due extracomunitari, poi la caccia all'africano scatenata da alcuni cittadini). All'attenzione degli inquirenti, in particolare, la dinamica degli eventi e le possibili infiltrazioni nella criminalità locale, alla luce soprattutto dell'arresto di una persona legata ad un clan della zona, durante i tumulti seguiti agli scontri fra immigrati e forze di polizia. In un'intervista al 'Quotidiano Nazionale', Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, si dice sicuro "che sui fatti di Rosarno ci sa la regia della 'Ndrangheta". Gli investigatori ipotizzano che i disordini a Rosarno siano stati pianificati dalla criminalità per spostare l'attenzione dalla bomba fatta esplodere lo scorso 3 gennaio davanti alla Procura di Reggio Calabria, che sarebbe stato un segnale contro l'arresto di latitanti e soprattutto contro i recenti sequestri di beni della 'Ndrangheta. Stando al rapporto della polizia - rivelato da Reuters - alla guerriglia urbana di Rosarno hanno preso parte pregiudicati e figli di boss della 'Ndrangheta.

CORTEO - E mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, annuncia che sarà il 21 gennaio a Reggio Calabria alla "Giornata della legalità-Insieme per non dimenticare", per riaffermare i valori "di legalità e solidarietà oscurati dai gravi fatti di Rosarno", nel pomeriggio è sceso in piazza il comitato spontaneo dei cittadini. Un'iniziativa organizzata "contro l'immagine di una città xenofoba, mafiosa e razzista veicolata dai mass media nazionali e da qualche esponente della politica e dell'associazionismo a livello regionale e nazionale". Il corteo, al quale sono presenti anche alcuni immigrati, è partito da piazza Calvario alle ore 16. In testa al corteo uno striscione con la scritta "Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media, 20 anni di convivenza non sono razzismo". "I cittadini di Rosarno - affermano i promotori dell'iniziativa - condannano in maniera ferma e decisa il vile ferimento dei migranti stanziati presso l'Opera Sila e qualsiasi atto di violenza, da qualunque parte provenga".

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PIANO PER L'INTEGRAZIONE - Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha annunciato l'intenzione del governo di mettere a punto un Piano nazionale per l'integrazione che sarà presentato nelle prossime settimane. Secondo il ministro, "ha assolutamente ragione il collega Maroni. È doveroso sanzionare tutti gli episodi che in qualche modo esprimono intolleranza etnica, compresi i cori negli stadi. Una politica dell’integrazione - spiega - si compone necessariamente di due aspetti tra loro connessi: quello della repressione dei flussi clandestini e quello della migliore integrazione e dei comportamenti regolari. I due aspetti si alimentano reciprocamente tanto quanto il prevalere dell'irregolarità inevitabilmente cannibalizza le buone pratiche. Come la moneta cattiva scaccia quella buona. Per questo stiamo predisponendo un Piano nazionale per l’integrazione che presenteremo nelle prossime settimane".

L'OSSERVATORE - Intanto l'Osservatore Romano lancia un duro attacco contro "il razzismo degli italiani". Nell'articolo si compie un rapido excursus storico sulle radici del razzismo nei primi decenni dell'unità d'Italia, per poi concludere: " Nel 2010, invece, siamo ancora all'odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto". Nel lungo servizio dal titolo "Gli italiani e il razzismo, Tammurriata nera" e firmato da Giulia Galeotti, si legge: "Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato". "Per una volta - prosegue il testo - la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il 'diverso' s'è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto". "Sia stato il risultato di un atto d'amore o, invece, di uno stupro - si legge sul giornale del Vaticano - ben difficilmente abbiamo considerato quel bambino come nostro, al pari dei nostri. Anzi, la doppia appartenenza è sembrata (e continua a sembrare) una minaccia ulteriore". "In questo - rileva l'Osservatore - davvero a nulla è servito l'esempio americano: l'Obama-mania che imperversa trasversalmente, dalla politica all'arte, dallo stile al linguaggio, non ha invece fatto breccia alcuna nel dimostrare il valore dell'incontro tra razze diverse". Il testo del quotidiano della Santa Sede viene pubblicato dopo che il Papa domenica ha chiesto rispetto per gli immigrati e che il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, aveva parlato delle drammatiche condizioni di vita in cui si trovavano gli immigrati nell'area di Rosarno.

11 gennaio 2010

 

 

 

 

 

Alemanno sugli immigrati:

"No alla cittadinanza in cinque anni"

"Conferita dopo dieci anni come risultato di un processo". "Compatibilità con l'identità nazionale"

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Solidarietà agli immigrati di Rosarno di fronte al Viminale (Foto Eidon)

Solidarietà agli immigrati di Rosarno di fronte al Viminale (Foto Eidon)

ROMA - "No all'ottenimento della cittadinanza in cinque anni" queste le parole del sindaco di Roma Gianni Alemanno dette in occasione del convegno sull'immigrazione organizzato dalla fondazione Nuova Italia. Dal titolo "Immigrazione e identità nazionale. Verso un nuovo modello italiano", il convegno ha dato ad Alemanno l'opportunità di intervenire sui temi scottanti di questi giorni. E in relazione alla proposta sostenuta anche dal presidente della Camera Gianfranco Fini, ha precisato che "la cittadinanza non può essere uno strumento di integrazione bensì il risultato di un processo d'integrazione e deve essere conferita dopo dieci anni".

"PERCORSI CHIARI" - "Devono essere seguite con grande attenzione" ha detto poi Alemanno riferendosi alle manifestazioni come lo sciopero del primo marzo annunciato dalla comunità d'immigrati. Il sindaco ha sottolineato come "di fronte a queste rivendicazioni, l'Italia deve dare dei percorsi chiari: da un lato un forte contrasto all'immigrazione clandestina, dall'altro lato, dei percorsi chiari per l'inserimento e la valorizzazione degli immigrati".

"RIENTRO IN PATRIA" - "Chi vuole diventare cittadino italiano ne sia ben convinto, abbia avuto i tempi e i modi di maturare la compatibilità con la nostra identità nazionale pur rispettando la propria identità e le sue radici d'origine". Ha detto Alemanno. "Ci deve essere il tempo - ha poi concluso - di creare questa compatibilità e noi sappiamo che la stragrande maggioranza degli immigrati non vuole la cittadinanza ma vogliono poter tornare alla loro patria di origine dove continuano a mandare la maggior parte delle loro rimesse. Cercano la possibilità di un rientro in patria onorevole".

"GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI" - "A Rosarno c'è stata una guerra tra poveri mediata e gestita dalla criminalità organizzata". Secondo il sindaco questa guerra "va sconfitta facendo in modo che ci sia una gestione chiara dei flussi migratori". In particolare, "I flussi migratori devono permettere a chi non vuole diventare cittadino italiano di tornare in patria dopo qualche anno di lavoro". La soluzione è quindi quella di proporre "un modello di immigrazione rotazionale, in cui dopo un tot di anni, gli immigrati possono rientrare in patria a portare la loro professionalità e i capitali che hanno guadagnato in Italia affinché possano essere una risorsa vera per la loro comunità". A livello culturale, il sindaco ha tenuto a precisare che "l'integrazione non può essere mai scissa da percorsi di legalità e di sicurezza".

11 gennaio 2010

 

 

 

2010-01-09

I clandestini portati in vari centri. A Reggio Calabria la Task Force di Maroni

Rosarno, trasferiti trecento immigrati

Ma un altro è stato ferito a fucilate

Molti chiedono di lasciare la zona per paura. Il prefetto: "Rivolta non del tutto spontanea". Stanziati due milioni

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A Rosarno la rivolta degli immigrati (7 gennaio 2010)

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Il card. Bertone: "Violenza sempre sbagliata ma preoccupano le condizioni in cui lavorano gli immigrati"

(9 gennaio)

ROSARNO - La "caccia al nero", che ha insanguinato il venerdì di Rosarno, non è finita: un altro immigrato è stato ferito in modo non grave da un fucile a pallettoni. L'ultimo atto di questa guerra tra poveri è avvenuto a freddo, quando la situazione sembrava essere tornata tranquilla, grazie al progressivo trasferimento degli immigrati iniziato nella notte tra venerdì e sabato. Il bilancio dei feriti è grave: 32 extracomunitari, 17 abitanti del posto e 19 appartenenti alle forze di polizia. Cinque immigrati sono ancora ricoverati in ospedale per lesioni più gravi, uno è stato gambizzato a colpi di fucile. Ora la guerra per strada è finita non perché si siano risolti i motivi dello scontro, ma perché sono stati allontanati gli immigrati.

In fuga da Rosarno In fuga da Rosarno In fuga da Rosarno In fuga da Rosarno In fuga da Rosarno In fuga da Rosarno In fuga da Rosarno In fuga da Rosarno

GLI ULTIMI AGGUATI - L'immigrato ferito a colpi di fucile caricato a pallini, a Guardiola di Gioia Tauro, ha lesioni alle gambe e a un braccio. Viene dal Burkina Faso, si chiama Dabrè Moussa, ha 29 anni e un regolare permesso di soggiorno. Guarirà in quindici giorni. Moussa era con altri due extracomunitari in una zona di campagna vicino a Rosarno, quando da un'auto sono partiti al loro indirizzo dei colpi di fucile. Poco più tardi un altro agguato: un'auto con tre immigrati a bordo è stata fermata da persone armate di bastoni e altri oggetti lungo la strada provinciale 49 a Rosarno, in contrada Capoferro: due degli stranieri sono riusciti a fuggire mentre il terzo è stato colpito da una sassata in testa. È stato portato in ospedale, ma le sue condizioni non sono gravi.

TASK FORCE A REGGIO - Sul fronte politico, è stata insediata a Reggio Calabria la task force incaricata dal ministro dell'Interno Maroni di individuare una soluzione alla tensione tra la comunità rocarnese e gli stranieri che vivono in città. Il governo ha messo a disposizione per l'emergenza Rosarno 1 milione e 900mila euro: si tratta di risorse sequestrate alla 'ndragheta e immediatamente utilizzabili. La cifra è a disposizione della task force composta dai ministeri dell'Interno e del Welfare e della Regione Calabria per interventi, a breve e medio termine, finalizzati all'organizzazione di centri di aggregazione sociale, alla bonifica di zone disagiate e all'investimento in opportunità di sviluppo.

PRIMO TRASFERIMENTO - Intanto molti immigrati chiedono di lasciare la zona e nella notte di venerdì è stato effettuato un primo trasferimento di circa 300 persone dalla ex cartiera Rognetta di Rosarno verso i centri d'accoglienza di Crotone e Siderno. Quando sono iniziate le operazioni di trasferimento, alle 23, molti cittadini erano in strada per applaudire. Gli extracomunitari trasferiti sono alcuni di quelli che hanno partecipato ai disordini della serata di domenica e di lunedì, dopo il ferimento di due di loro a colpi di carabina ad aria compressa. La notte è trascorsa tranquilla grazie anche alla presenza di decine di uomini delle forze dell'ordine che hanno presidiato i punti strategici della città e in particolare i due accampamenti in cui sono insediati le centinaia di immigrati che lavorano nei campi intorno a Rosarno.

PRONTI ALTRI TRASFERIMENTI - Altri 300 immigrati dovrebbero lasciare l'ex Opera Sila. L'intesa sarebbe stata raggiunta tra la task force inviata dal Viminale e gli stessi immigrati dopo una lunga mediazione durata diverse ore. Un centinaio andranno nel Centro di prima accoglienza di Crotone, mentre altri 200 saranno portati in quello di Bari. Una volta avviato il trasferimento di questo nucleo ne rimangono ancora 600 ospitati nell'ex Opera Sila e in un'altra struttura abbandonata in località Le Colline, a Rizziconi. Con loro è in atto una mediazione per riuscire a trasferirli tutti, ma molti di loro - circa 200 - si sono rivolti spontaneamente alle forze dell'ordine chiedendo di andar via perché minacciati e impauriti. Per loro è previsto il trasferimento nei centri di Bari e Foggia, fra sabato sera e domenica mattina. Polizia e carabinieri stanno comunque valutando le singole richieste per evitare iniziative spontanee da parte degli immigrati.

BLOCCO STRADALE - Un'altra mediazione, questa volta tra le forze dell'ordine e i cittadini di Rosarno, è invece in corso per arrivare alla rimozione del blocco sulla Statale 18, che gli abitanti hanno alzato sabato mattina a poche centinaia di metri dallo stabilimento dell'ex Opera Sila. Ma i presenti hanno spiegato che il blocco sarà rimosso solo quando sarà completato lo sgombero della struttura, che "rappresenta una situazione di potenziale pericolo".

"RIVOLTA NON DEL TUTTO SPONTANEA" - La rivolta degli immigrati non è stata del tutto spontanea. C’è dell'altro secondo il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta. E ancora, dall'altra parte della barricata, la gente di Rosarno non è tutta rappresentata nel cosiddetto Comitato dei cittadini, "c’è anche qualcos’altro, qualcosa che sfugge al controllo". Per questo, ha detto il prefetto, le prossime ore saranno fondamentali per capire l’evoluzione della vicenda. "Sono preoccupato? Di certo la tensione è alta. I ferimenti di venerdì, dopo l’incontro, sono stati qualcosa di imprevisto. Non possiamo dire che tipo di reazione hanno avuto gli immigrati. La situazione può diventare incontrollabile, l’importante in questo momento è seguire tutti i passaggi e sperare che non ci siano ulteriori scontri".

09 gennaio 2010

 

 

 

il leader udc: "le forze dell'ordine non sono arrivate prima di 24-48 ore"

Il Vaticano denuncia lo sfruttamento

E Casini: "A Rosarno lo Stato è morto"

Il cardinal Bertone: "Immigrati offrono servizio prezioso alla comunità ma la violenza è sempre da bandire"

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Rosarno, 300 immigrati trasferiti a Crotone. Ma un altro è stato ferito a fucilate (9 gennaio 2010)

MILANO - Gli effetti degli scontri di Rosarno superano di gran lunga i confini della Calabria e preoccupano il Vaticano, soprattutto per "le gravi condizioni di lavoro cui sono sottoposti gli immigrati", anche se "lo strumento della violenza è da bandire". Lo ha detto il segretario di Stato Tarcisio Bertone, sottolineando che gli stranieri "offrono un servizio prezioso all'agricoltura e alla comunità locale". La soluzione, secondo il segretario di Stato, è "un riscatto di vita secondo giustizia", attraverso il rispetto delle leggi e l'agire secondo giustizia che può riportare pace e riconciliazione.

CASINI: LO STATO È MORTO - Pier Ferdinando Casini commenta le vicende di Rosarno al programma Che tempo che fa. "Lì lo Stato non c'è, lo Stato è morto, è la 'Ndrangheta che regola i rapporti sociali - spiega -. La Lega ha parlato delle ronde ma la verità è che a Rosarno aspettavano le forze dell'ordine e non le ronde che non risolvono i problemi. E le forze dell'ordine non sono arrivate prima di 24-48 ore". Per il leader dell'Udc la politica deve farsi carico dell'indignazione della gente, "però bisogna anche ricordare che ci sono degli italiani che sfruttano questi poveracci e li fanno vivere come bestie"

09 gennaio 2010

 

 

 

 

DOPO GLI INCIDENTI IN CALABRIA

Rosarno, tensione al sit-in antirazzista

Un poliziotto ferito da un sanpietrino

Presidio in zona Viminale "contro l'intolleranza e i lager dei migranti". Scontri, tafferugli e lancio di bottiglie

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Torna la calma: 300 lavoratori trasferiti a Crotone

Gli striscioni al sit-in (Fotogramma)

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ROMA - Associazioni antirazziste e immigrati si sono ritrovati sabato pomeriggio in piazza dell'Esquilino per un presidio "contro l'intolleranza e i lager dei migranti" come recitano alcuni striscioni dei manifestanti e di solidarietà con gli immigrati attaccati in Calabria. Immaginette raffiguranti un extracomunitario di colore con la scritta "Sans Papier" vengono alzate dalle mani di alcuni manifestanti. "I fatti di Rosarno sono soltanto l'ennesimo segnale della grave condizione di disagio - scrivono gli organizzatori - e di mancanza di diritti dei cittadini immigrati in Italia. A pochi mesi dall'approvazione del pacchetto sicurezza, si determina sempre più concretamente un contesto sociale dove i più deboli, gli invisibili sono merce da sfruttare".

Gli scontri con la polizia (Frassineti)

Gli scontri con la polizia (Frassineti)

TENSIONI - Ma il sit- in sta creando qualche problema alle forze dell'ordine che hanno dovuto affrontare un gruppo di circa 300 immigrati africani. I manifestanti, collegati alla vicenda di Rosarno, hanno tentato di sfondare il cordone e poi di aggirarlo per raggiungere via del Viminale e il ministero dell’Interno, ma sono stati respinti. C’è tensione nella piazza dove stanno confluendo diversi reparti di polizia e carabinieri per controllare la situazione. Un poliziotto è rimasto ferito, colpito da un sanpietrino, nel corso dei tafferugli. Il fatto è avvenuto in via Urbana all'altezza di via de Pretis. A riferirlo sono fonti del "118". Le condizioni del poliziotto non sono comunque gravi. E durante gli scontri molte bottiglie vuote sono state lanciate verso gli uomini delle forze dell'ordine.

"INTOLLERANZA A ROMA" - "Qui a Roma si è creata, solo pochi giorni fa una situazione che fa pensare ad una forma di intolleranza - dice Andrea Alzetta capogruppo comunale di Roma in Action, anche lui in manifestazione - i migranti di piazza Vittorio avevano chiesto, come ogni volta da 8 anni a questa parte, di poter installare un maxi schermo per seguire la Coppa d'Africa. Il Comune non solo non ha installato nulla ma ha rinviato la decisione a lunedì prossimo, a campionato già iniziato, per trovare un luogo che sostituisca piazza Vittorio. Così facendo è palese il tentativo di mettere i bastoni tra le ruote a queste persone che hanno tutto il diritto di poter socializzare tra loro durante questo tipo di manifestazioni. Così si genera solo incattivimento".

Trasferiti: 250 immigrati sono stati trasferiti nella notte a Crotone (Ansa)

Trasferiti: 250 immigrati sono stati trasferiti nella notte a Crotone (Ansa)

NO AL CAPORALATO - Le associazioni in difesa dei lavoratori meno tutelati sottolineano che "il caporalato di mafia è ormai normalità nelle città in cui i migranti lavorano in condizioni disumane e intollerabili". E invitano a riflettere sul fatto che "la clandestinità di migliaia di persone nei campi agricoli o nei cantieri edili è soltanto un comodo strumento di sfruttamento delle centinaia di aziende che reclutano manodopera, come a Rosarno, in tutto il Paese".

Nell'esprimere solidarietà ai migranti di Rosarno, i promotori del presidio chiedono una sanatoria generalizzata e un piano di accoglienza concreto, elementi che costituiscono "garanzia di sicurezza sociale".

09 gennaio 2010

 

 

 

2010-01-08

L'ATTENTATO A REGGIO

Rinforzi in Calabria: agenti e magistrati

La bomba, il giallo della donna nel video

Le nuove misure del governo: l’Agenzia sui beni confiscati e più controlli sull’Expo

REGGIO CALABRIA - Per rispondere alla bomba che ha divelto un portone ma conteneva messaggi che andavano ben oltre i danni provocati, lo Stato si presenta a Reggio ai suoi massimi livelli: i ministri dell’Interno e della Giustizia, Maroni e Alfano, i capi e comandanti di polizia, carabinieri e guardia di finanza, i vertici degli uffici investigativi. Dopo la riunione del comitato nazionale per la sicurezza Maroni e Alfano annunciano rinforzi e programmi per sostenere l’azione contro la ’ndrangheta: 121 unità investigative in più, sei nuovi magistrati per rendere più incisiva e spedita l’azione degli uffici giudiziari, una strategia di contrasto alle attività economiche del crimine organizzato che parta dalla Calabria ma si estenda altrove (anche perché gli affari della ’ndrangheta non sono certo confinati a questa regione): Maroni conferma l’idea di insediare a Reggio l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, pianifica nuove iniziative per impedire le infiltrazioni mafiose sugli appalti e spiega che a giorni riunirà a Milano la commissione per sorvegliare sui lavori dell’Expo 2015.

Tutto questo è conseguenza — per ora come annunci, occasione per ribadire che i beni sequestrati alle varie organizzazioni mafiose ammontano a circa 7 miliardi di euro — dell’attentato alla sede della Procura generale di Reggio Calabria, l’ufficio che gestisce la pubblica accusa nei processi d’appello; un passaggio importante dei procedimenti contro la ’ndrangheta (ma non solo). Le indagini per risalire a esecutori e mandanti passano anche per l’esame dei fascicoli pendenti o appena chiusi presso la Procura del secondo grado, per cercare di capire chi poteva avere interesse amandare l'avvertimento al "nuovo corso" inaugurato dal neoprocuratore generale Salvatore Di Landro. I carabinieri studiano le carte, mentre gli specialisti del Ris e del Racis provano a trarre ogni elemento utile dal filmato che ha ripreso i due attentatori giunti sul luogo dell’esplosione con uno scooter alle 4,49 della notte tra domenica e lunedì. I volti sono protetti dai caschi, ma è possibile che a guidare la moto fosse una donna, ipotesi basata sul dettaglio di una scarpa che sembra di tipo femminile. Sarebbe una novità per il modus operandi della ’ndrangheta, che aprirebbe nuovi scenari, e anche per questo gli investigatori sono cauti. È certo, invece, che l’uomo che deposita l’ordigno (confezionato con polvere pirica e non tritolo, come riferito all’inizio dell’indagine) prima accende la miccia e poi lo sistema davanti al portone: "Solo una persona molto esperta può assumersi un simile rischio" è stato spiegato nella riunione di ieri. La miccia ha bruciato per un minuto e quattro secondi, quando la bomba è esplosa lo scooter (sul quale l’attentatore è risalito quasi in corsa) era già lontano.

Gio. Bia.

08 gennaio 2010

 

 

 

 

 

dopo il ferimento di alcuni di loro con un'arma ad aria compressa

A Rosarno la rivolta degli immigrati

Distrutti auto e cassonetti, scontri con polizia. Feriti una donna e un bambino. Loiero: "È frutto della xenofobia"

ROSARNO - Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e svuotati sull'asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. Scene di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la rivolta di alcune centinaia di lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura e accampati in condizioni inumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata. A fare scoppiare la protesta il ferimento da parte di persone non identificate di due extracomunitari con un'arma ad aria compressa e pallini da caccia. I feriti, tra i quali c'è anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno, non destano particolari preoccupazione, ma la volontà di reagire che probabilmente covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura di Rosarno in condizioni ai limiti del sopportabile, e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell'Ex Opera Sila, era pronta a esplodere. In totale circa 1.500 extracomunitari, tutti impiegati nella raccolta degli agrumi e degli ortaggi.

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IL CORTEO - Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari, in gran parte provenienti dall'Africa, hanno attraversato la cittadina distruggendo centinaia di auto, in qualche caso anche con persone a bordo (le schegge dei vetri hanno ferito all’orecchio destro un bambino, che si trovava in auto con i genitori. Il bimbo è stato medicato e subito dimesso), abitazioni, vasi e cassonetti dell'immondizia. Questo nonostante l'intervento di polizia e carabinieri schierati in assetto antisommossa davanti ai più agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo. Nel corso della serata sono arrivati rinforzi e, in un clima di forte tensione, si è intavolata una trattativa nel tentativo di fare rientrare la protesta. Ma poi la tensione è tornata a salire: polizia e carabinieri hanno fatto una carica di alleggerimento e alcune persone, cinque o sei, sono state fermate. Alcuni immigrati sono rimasti contusi in un contatto con le forze dell'ordine dopo che dal gruppo di stranieri era partita una sassaiola. I feriti sono stati portati in ospedale a Polistena. Anche un gruppo di giovani di Rosarno, un centinaio, è sceso in strada per seguire la situazione. Sul posto è arrivato il commissario prefettizio Francesco Bagnato che regge il Comune dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose avvenuto alla fine del 2008. Erano stati gli immigrati a chiedere di parlare con Bagnato.

FERITA DONNA - Dopo la fine della protesta, la tensione non è scesa e alcuni stranieri hanno organizzato un'altra manifestazione sulla strada statale 18 a Gioia Tauro, al confine con il territorio di Rosarno. Hanno bloccato un'auto con a bordo una donna e i due figli. La donna è stata colpita alla testa ed ha riportato una ferita lacero contusa e costretta a scendere insieme ai figli. Quindi la vettura è stata incendiata. Lungo la strada sono stati accesi dei focolai. La zona è presidiata dalle forze dell'ordine.

LOIERO - Il presidente della Calabria Agazio Loiero ha espresso forte preoccupazione: "Quello che sta avvenendo è il frutto di un clima di intolleranza xenofoba e mafiosa che non riguarda ovviamente la popolazione di Rosarno, giustamente allarmata per la situazione di tensione che si è determinata con la rivolta degli extracomunitari sfruttati, derisi, insultati e ora, due di loro, feriti con un'arma ad aria compressa. Auspico che dal ministero dell'Interno arrivi una forte iniziativa che tutelando i cittadini di Rosarno tuteli anche quei tanti disperati contro cui per la seconda volta si è indirizzata la violenza criminale".

 

07 gennaio 2010(ultima modifica: 08 gennaio 2010)

 

 

 

 

 

Le fermezza e l'ipocrisia

Sappiamo da tempo che l'immigrazione è il fenomeno che forse più inciderà sul futuro dell'Europa. Conteranno sia la quantità dei flussi migratori che la qualità delle risposte europee. In Italia sembriamo tuttora impreparati ad affrontare in modo razionale e convergente un fenomeno col quale conviviamo ormai da anni. Ci sono almeno tre temi su cui non c'è consenso nazionale e, per conseguenza, mancano codici di comportamento e pratiche comuni fra gli operatori delle principali istituzioni. Non c'è consenso, prima di tutto, su che cosa si debba intendere per "integrazione" degli immigrati. A parole, tutti la auspicano ma che cosa sia resta un mistero. Ad esempio, si può ridurla alla questione dei tempi per la concessione della cittadinanza? O ciò non significa partire dalla coda anziché dalla testa?

Poiché nulla meglio delle micro-situazioni getta luce sui macro-fenomeni, si guardi a che cosa davvero intendono per "integrazione" certi operatori istituzionali. Ciò che succede, ormai da diversi anni, in molte scuole, durante le feste natalizie (e le inevitabili polemiche si infrangono contro muri di gomma) è rivelatore. Ci sono educatori (è inappropriato definirli diseducatori?) che hanno scelto di abolire il presepe e gli altri simboli natalizi, lanciando così agli immigrati non cristiani (ma anche ai piccoli italiani) il seguente messaggio: noi siamo un popolo senza tradizioni o, se le abbiamo, esse contano così poco ai nostri occhi che non abbiamo difficoltà a metterle da parte per rispetto delle vostre tradizioni. Intendendo così il rispetto reciproco e la "politica dell'integrazione", quegli educatori contribuiscono a preparare il terreno per futuri, probabilmente feroci, scontri di civiltà. E lasciamo da parte ciò che possiamo solo immaginare: cosa essi raccontino, sulle suddette tradizioni, nelle aule, ai piccoli italiani e stranieri.

C'è poi, in secondo luogo, la questione dell'immigrazione islamica. Tipicamente (le critiche di Tito Boeri - 23 dicembre - e di altri, alle tesi di Giovanni Sartori - 20 dicembre - sulla difficoltà di integrare i musulmani, ne sono solo esempi), la posizione fino ad oggi dominante fra gli intellettuali liberal (e cioè politicamente corretti) è stata quella di negare l'esistenza del problema. Come se in tutti i Paesi europei, quale che sia la politica verso i musulmani, non si constati sempre la stessa situazione: ci sono, da un lato, i musulmani integrati, che vivono quietamente la loro fede, e non rappresentano per noi alcun pericolo (coloro che, a destra, ne negano l'esistenza facendo di tutta l'erba un fascio sono altrettanto dannosi dei suddetti liberal) ma ci sono anche, dall'altro, i tradizionalisti militanti, rumorosi e assai numerosi, più interessati ad occupare spazi territoriali per l'islam nella versione chiusa e oscurantista che a una qualsiasi forma di integrazione. E lascio qui deliberatamente da parte i jihadisti e i loro simpatizzanti. Salvo osservare che i confini che separano i tradizionalisti militanti contrari all'uso della violenza e i simpatizzanti del jihadismo sono fluidi, incerti e, probabilmente, attraversati spesso nei due sensi. Negare il problema è, francamente, da irresponsabili.

Ultima, ma non per importanza, c’è la questione dell’immigrazione clandestina, che porta con sé anche i fenomeni legati allo sfruttamento da parte della criminalità organizzata (e il caso di Rosarno ne è un esempio). Non c’è nemmeno consenso nazionale sul fatto che i clandestini vadano respinti. Da un lato, ci sono settori (xenofobi in senso proprio) della società che non hanno interesse a tracciare una linea netta fra clandestini e regolari essendo essi contro tutti gli immigrati. Ma tracciare una linea netta non interessa, ovviamente, neanche ai fautori dell’accoglienza indiscriminata.

Non ci sono solo troppi prelati e parroci che parlano ambiguamente di accoglienza senza mettere mai paletti (accoglienza verso chi? alcuni? tutti? Con quali criteri? Con quali risorse?). Ci sono anche operatori istituzionali che ci mettono del loro. Un certo numero di magistrati, ad esempio, ha deciso che il reato di clandestinità è in odore di incostituzionalità. Immaginiamo che la Corte costituzionale si pronunci domani con una sentenza favorevole alla tesi di quei magistrati. Bisognerebbe allora mandare a memoria la data di quella sentenza perché sarebbe una data storica, altrettanto importante di quelle dell’unificazione d’Italia e della Liberazione. Con una simile sentenza, la Corte stabilirebbe solennemente che ciò che abbiamo sempre creduto uno Stato non è tale, che la Repubblica italiana è una entità "non statale". Che cosa è infatti il reato di clandestinità? Nient’altro che la rivendicazione da parte di uno Stato del suo diritto sovrano al pieno controllo del territorio e dei suoi confini, della sua prerogativa a decidere chi può starci legalmente sopra e chi no. Se risultasse che una legge, regolarmente votata dal Parlamento, che stabilisce il reato di clandestinità, è incostituzionale, ne conseguirebbe che la Costituzione repubblicana nega allo Stato italiano il tratto fondante della statualità: la prerogativa del controllo territoriale. Né si può controbattere citando il trattato di Schengen, che consente ai cittadini d’Europa di circolare liberamente nei Paesi europei aderenti. Schengen, infatti, è frutto di un accordo volontario fra governi e, proprio per questo, non intacca il principio della sovranità territoriale.

La questione dell’immigrazione ricorda quella del debito pubblico. Il debito venne accumulato durante la Prima Repubblica da una classe politica che sapeva benissimo di scaricare un peso immenso sulle spalle delle generazioni successive. In materia di immigrazione accade la stessa cosa: esiste un folto assortimento di politici superficiali, di xenofobi, di educatori scolastici, di intellettuali liberal, di preti (troppo) accoglienti, di magistrati democratici, e di altri, intento a fabbricare guai. Fatta salva la buona fede di alcuni, molti, probabilmente, pensano che se quei guai, come nel caso del debito, si manifestassero in tutta la loro gravità solo dopo un certo lasso di tempo, non avrebbe più senso prendersela con i responsabili.

Angelo Panebianco

 

 

 

 

2010-01-07

dopo il ferimento di alcuni di loro con un'arma ad aria compressa

A Rosarno la rivolta degli immigrati

Distrutti auto e cassonetti, scontri con polizia. Una donna colpita alla testa. Loiero: "È frutto della xenofobia"

ROSARNO - Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e svuotati sull'asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. Scene di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la rivolta di alcune centinaia di lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura e accampati in condizioni inumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata. A fare scoppiare la protesta il ferimento da parte di persone non identificate di alcuni cittadini extracomunitari con un'arma ad aria compressa. I feriti, tra i quali c'è anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno, non destano particolari preoccupazione, ma la volontà di reagire che probabilmente covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura di Rosarno in condizioni ai limiti del sopportabile, e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell'Ex Opera Sila, era pronta ad esplodere. In totale circa 1.500 extracomunitari.

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IL CORTEO - Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari, in gran parte provenienti dall'Africa, hanno attraversato la cittadina distruggendo centinaia di auto, in qualche caso anche con delle persone a bordo (ma non risultano feriti), abitazioni, vasi e cassonetti dell'immondizia. Questo nonostante l'intervento di polizia e carabinieri schierati in assetto antisommossa davanti ai più agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo. Nel corso della serata sono arrivati rinforzi e, in un clima di forte tensione, si è intavolata una trattativa nel tentativo di fare rientrare la protesta. Ma poi la tensione è tornata a salire: polizia e carabinieri hanno fatto una carica di alleggerimento e alcune persone, cinque o sei, sono state fermate. Alcuni immigrati sono rimasti contusi in un contatto con le forze dell'ordine dopo che dal gruppo di stranieri era partita una sassaiola. I feriti sono stati portati in ospedale a Polistena. Anche un gruppo di giovani di Rosarno, un centinaio, è sceso in strada per seguire la situazione. Sul posto è arrivato il commissario prefettizio Francesco Bagnato che regge il Comune dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose avvenuto alla fine del 2008. Erano stati gli immigrati a chiedere di parlare con Bagnato.

FERITA UNA DONNA - Dopo la fine della protesta, la tensione non è scesa e alcuni stranieri hanno organizzato un'altra manifestazione sulla strada statale 18 a Gioia Tauro, al confine con il territorio di Rosarno. Hanno bloccato un'auto con a bordo una donna e i due figli. La donna è stata colpita alla testa ed ha riportato una ferita lacero contusa e costretta a scendere insieme ai figli. Quindi la vettura è stata incendiata. Lungo la strada sono stati accesi dei focolai. La zona è presidiata dalle forze dell'ordine.

LOIERO - Il presidente della Calabria Agazio Loiero ha espresso forte preoccupazione: "Quello che sta avvenendo è il frutto di un clima di intolleranza xenofoba e mafiosa che non riguarda ovviamente la popolazione di Rosarno, giustamente allarmata per la situazione di tensione che si è determinata con la rivolta degli extracomunitari sfruttati, derisi, insultati e ora, due di loro, feriti con un'arma ad aria compressa. Auspico che dal ministero dell'Interno arrivi una forte iniziativa che tutelando i cittadini di Rosarno tuteli anche quei tanti disperati contro cui per la seconda volta si è indirizzata la violenza criminale".

07 gennaio 2010

 

 

 

 

 

terminato il vertice sull'emergenza contro la criminalità

Più protezione ai magistrati

in prima linea a Reggio Calabria

L'annuncio di Maroni che ha anche anticipato l'invio di 121 agenti per potenziare le strutture investigative

Maroni a Reggio Calabria (Ansa)

Maroni a Reggio Calabria (Ansa)

ROMA - Il governo, per voce dei ministri Maroni e Alfano, fa sentire la sua voce contro la stretta della criminalità su Reggio Calabria. Saranno infatti potenziati i servizi di protezione personale per i magistrati e per quanti operano in prima linea contro la malavita organizzata a Reggio Calabria. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno al termine del vertice che si è tenuto in prefettura sull'emergenza 'ndrangheta. Il ministro ha anche detto che in città da lunedì ci saranno 121 agenti in più per potenziare le strutture investigative: "Li abbiamo scelti tra gli investigatori e non tra i militari perchè pensiamo che siano più utili i primi".

NUOVI ARRIVI IN PROCURA - Il ministro della Giustizia Angelino Alfano, anche lui presente al vertice insieme a Maroni, ha annunciato che un sostituto procuratore prenderà possesso anticipatamente alla Procura di Reggio Calabria, altri tre vi saranno destinati nell'immediato futuro e due sostituti procuratori andranno alla Procura generale per rafforzare l'organico.

AGENZIA PER I BENI SEQUESTRATI - Inoltre, secondo l'annuncio fatto da Maroni, la sede dell’agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla mafia sarà a Reggio Calabria. "L'ingente quantità dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata - ha detto Maroni - richiede la costituzione di un'agenzia per la loro gestione, e noi abbiamo proposto che abbia la sua sede qui a Reggio Calabria".

 

07 gennaio 2010

REPUBBLICA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.repubblica.it

2010-01-12

Rosarno, Egitto protesta: "Roma tuteli immigrati"

Il ministero degli Esteri egiziano è intervenuto oggi sugli scontri di Rosarno denunciando "la campagna di aggressione" e "le violenze" subite dagli "immigrati e le minoranze arabe e musulmane in Italia" e chiedendo al governo italiano di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati". La questione, annuncia il ministero degli Esteri in una nota, sarà sollevata dal ministro Aboul Gheit nell'incontro in programma il 16 gennaio con il titolare della Farnesina Franco Frattini.

IN CORTEO CALABRESI E IMMIGRATI - Si e' svolta ieri a Rosarno una manifestazione organizzata per respingere l'immagine di paese xenofobo, mafioso e razzista dopo gli scontri con gli immigrati avvenuti nei giorni scorsi. In testa al corteo uno striscione con la scritta "Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media, 20 anni di convivenza non sono razzismo". Hanno preso parte anche numerosi immigrati e una donna di Rosarno ferita nel corso degli scontri ha sfilato accanto ad una donna di colore.

Per quanto riguarda le indagini il procuratore di Palmi Giuseppe Creazzo ha riunito gli investigatori per un punto della situazione: allo stato attuale non ci sono elementi che consentano di dire che vi sia "qualcosa di organizzato" da parte della 'ndrangheta dietro la rivolta. Cio' non esclude che in seguito possano emergere elementi tali da cambiare il quadro o che in una "determinata fase" della guerriglia vi possa essere stato qualcosa di preordinato. E' per questo che, nonostante l'inchiesta resti a Palmi, il procuratore Creazzo ha parlato con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio, cui passerà il fascicolo nel caso in cui emergesse un coinvolgimento delle cosche.

Un contributo importante potrebbe arrivare dalle immagini delle telecamere fisse. Proprio dai video è arrivato un primo contributo che ha consentito di chiarire i contorni dell'aggressione da parte di Antonio Bellocco - figlio di un esponente di spicco del clan che assieme ai Pesce controlla il territorio di Rosarno - ad un immigrato e ai carabinieri che lo avevano bloccato. Nel video si vede Bellocco, a bordo di un auto, passare vicino ad un immigrato che ha in mano un bastone, al quale i carabinieri stanno dicendo di abbandonarlo. A quel punto l'extracomunitario scaglia il bastone contro l'auto di Bellocco, che prosegue la marcia, e si consegna ai militari. Dopo pochi metri, però, l'auto fa un'inversione, Bellocco scende e tenta di aggredire prima l'immigrato e poi anche i carabinieri.

Il gip di Palmi ha convalidato l'arresto dei tre abitanti di Rosarno accusati di avere aggredito alcuni immigrati: tra di loro anche lo stesso Antonio Bellocco. I magistrati puntano ad identificare sia le persone coinvolte nelle violenze sia chi e perché ha messo in giro alcune voci che hanno contribuito ad alzare la tensione: quella che in seguito all'aggressione degli immigrati una donna avesse abortito e quella che un bambino avrebbe perso un occhio negli scontri provocati dagli extracomunitari.

12 gennaio 2010

 

 

 

 

Il Cairo denuncia "episodi razzisti" nei confronti di minoranze arabe e musulmane

Nel paese incendiata l'auto di un bracciante ghanese. Maroni riferisce in Senato

Rosarno, Egitto protesta con l'Italia

Frattini: "Vogliamo rispetto delle leggi"

Bossi: "Noi razzisti? Guardate come trattano i cristiani, li fanno fuori tutti"

Bologna, manifestazione a sostegno degli immigrati

ROMA - L'Egitto protesta con l'Italia per le aggressioni e i maltrattamenti subiti dagli immigrati a Rosarno. Il ministero degli Esteri del Cairo è intervenuto denunciando "la campagna di aggressione" e "le violenze" subite dagli "immigrati e le minoranze arabe e musulmane in Italia" e chiedendo al governo italiano di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati". Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha risposto dicendo di essere "pronto a parlare con l'Egitto" e respinge come "inaccettabile" qualunque forma di violenza simile a quella vista a Rosarno. "Il problema delle minoranze arabe non è mai stato evocato", ha aggiunto, "in Italia vogliamo che le leggi siano rispettate". Il leader della Lega Umberto Bossi invece rifiuta l'etichetta di "razzisti" e, interpellato dai cronisti a Montecitorio, ribatte: "Guardate come loro trattano i cristiani: li fanno fuori tutti. Tranquilli, non sono questi i problemi".

Frattini: "Pronto a parlare con egiziani". "Nessun tipo di violenza come quella che abbiamo visto per le strade di Rosarno può essere accettata" ha detto il ministro degli Esteri nella capitale della Mauritania, prima tappa della missione africana che lo porterà in sette Paesi del continente. A proposito di quella che il Cairo ha definito una campagna di odio e di discriminazione contro gli immigrati, il capo della Farnesina ha ricordato che "l'Egitto è un Paese amico" e ha anticipato che in occasione dell'incontro del 16 gennaio con il collega Aboul Gheit al Cairo "spiegherà agli egiziani, che come comunità emigrata rispettano d'abitudine la legge, che anche in Italia vogliamo che le leggi siano rispettate". A Rosarno "non c'è nessuno sfondo religioso. Il problema delle minoranze arabe non è mai stato evocato" ha precisato Frattini. "Si trattava di casi di violenza normale cui le forze di polizia hanno dovuto reagire: violenze inaccettabili che non hanno niente a che fare con l'Egitto e con gli egiziani che, come comunità rispettano abitualmente le leggi italiane". '''Tutta l'Italia, credo tutta l'Europa, ha visto gente dare l'assalto alle case o sfondare e bruciare le macchine. Questo non c'entra assolutamente niente con motivazioni religiose: si tratta di una violenza inaccettabile che giustamente è stata respinta dalle forse di polizia", ha aggiunto.

 

La protesta del ministero egiziano. Nel comunicato diffuso oggi al Cairo dal portavoce del ministero degli Esteri, si parla di "campagna di aggressione" da parte degli abitanti della cittadina calabrese, che - si sostiene - segue a "incidenti simili" avvenuti nei giorni scorsi in altre città italiane. Le organizzazioni internazionali per i diritti umani, si legge ancora nel comunicato, hanno segnalato negli ultimi tempi una crescita di questi episodi, in particolar modo di quelli "razzisti", e la condizione di disagio degli immigrati in Italia a causa delle "condizioni di detenzione, della violazione dei loro diritti economici e sociali e della pratica delle espulsioni coatte". Il Cairo si appella quindi alla comunità internazionale affinché intervenga sulla questione della "discriminazione religiosa, razziale e l'odio contro gli stranieri per evitare che questo tipo di incidenti si ripetano in futuro".

Pd: Frattini non risponda a Egitto come Maroni. "Mi auguro che il responsabile della Farnesina sappia trovare con il ministro degli Esteri egiziano un'altra spiegazione sulle 'violenze subite dagli immigrati e le minoranze arabe' a Rosarno rispetto a quella data agli italiani dal suo collega Maroni dichiarando che c'è stata 'troppa tolleranza'" dice il vicepresidente dei deputati Pd, Alessandro Maran. "L'Egitto - osserva Maran - ci chiede di prendere misure per la protezione delle minoranze e degli immigrati e il solo modo di farlo è per l'Italia promuovere l'integrazione di chi lavora da noi e per noi indipendentemente dall'etnia o dalla confessione a cui appartengano".

Maroni riferisce al Senato, manifestazione a piazza Navona. Nel pomeriggio il ministro dell'Interno Roberto Maroni riferirà al Senato sulla rivolta degli immigrati. Contemporaneamente in piazza Navona si terrà una manifestazione di protesta organizzata dalle associazioni antirazziste e dalle comunità migranti in solidarietà con gli immigrati di Rosarno. Manifestazione non autorizzata, precisa la Questura in una nota: "non è stato presentato nei termini di legge alcun preavviso in ordine a questa iniziativa che, pertanto, è priva di autorizzazione"

Rosarno, incendiata auto. La cittadina calabrese sta riprendendo la vita normale dopo gli incidenti e le tensioni dei giorni scorsi. Polizia e carabinieri continuano a presidiare la zona, ma è una presenza che ha finalità puramente preventive. Nella notte è stata incendiata l'automobile di un immigrato ghanese - bracciante agricolo con regolare permesso di soggiorno che vive in affitto nel centro del paese - ma secondo i carabinieri l'incendio sarebbe legato a un fatto occasionale, non collegato agli incidenti dei giorni scorsi.

Ripresi lavori demolizione centri di ricovero. Stamattina è ripresa la demolizione delle strutture di ricovero per immigrati dell'ex fabbrica Rognetta. Un lavoro che una volta completato proseguirà con la demolizione dell'altro centro di ricovero, realizzato in una fabbrica dell'ex Opera Sila. Attività, quest'ultima, più complessa e dai tempi più lunghi perché le strutture da abbattere sono più grandi.

Operazione contro la cosca Bellocco. A Rosarno è in corso una vasta operazione contro la cosca Bellocco. La polizia di Reggio Calabria sta eseguendo 17 ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione per delinquere di tipo mafioso e intestazione fittizia di beni. Tra i destinatari delle misure cautelari figura il boss detenuto Carmelo Bellocco, uno dei presunti capi dell'omonima cosca. La polizia sta sequestrando beni mobili e immobili, attività commerciali, conti correnti, ditte individuali e societarie e autovetture per un valore complessivo di svariati milioni di euro.

(12 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

Parla Schettino, della Conferenza Episcopale. Reazioni anche dall'Onu: "Seri problemi di razzismo". E Medici Senza Frontiere:"La grande ipocrisia, tutti sanno dei clandestini, ma si fa finta di niente fino a quando lavorano"

La Cei: "A Rosarno è stato sconfitto il più povero"

Denunciata la debolezza del sistema di accoglienza

di Carlo Ciavoni

ROMA - Sugli extracomunitari africani di Rosarno, così come su tutti gli altri che migrano di regione in regione per tenere in vita l'agricoltura nazionale, grava lo stesso destino riservato agli schiavi del XIX secolo. Con una sola differenza: quella che nessuno può vantare su di loro il diritto di proprietà. Almeno per ora. E' attorno a concetti come questo che ruotano i commenti e le valutazioni sulla "rivolta" dei senza-niente, sfociata nei disordini e nelle aggressioni cominciate giovedì scorso e proseguite nei giorni successivi, nella terra degli aranceti, in provincia di Reggio Calabria.

Le parole della CEI. Le violenze di Rosarno - ha detto monsignor Bruno Schettino, presidente della Fondazione Migrantes della Cei e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni - "hanno messo in Evidenza la debolezza del sistema di accoglienza e di integrazione. E' stata una lotta tra poveri e chi maggiormente è stato sconfitto è stato il più povero: l'immigrato. C'è bisogno di ricreare un clima di maggiore e migliore accoglienza - ha aggiunto il presule - superando le tentazioni di xenofobia, che produce paura, mortificazione dell'umano, perdita di speranza. Contro ogni forma di sfruttamento, anche da parte della malavita organizzata, occorre essere attenti e non lasciarsi coinvolgere, ma denunciare ed entrare sempre nel clima della legalità".

La reazione dell'ONU. Anche l'Onu reagisce alle violenze scoppiate a Rosarno: per due esperti del Consiglio dell'Onu sui diritti umani, quanto è accaduto in Calabria è "estremamente preoccupante" ed indica "seri e ben radicati problemi di razzismo contro questi lavoratori immigrati". Gli esperti esortano le autorità italiane a "placare il crescente atteggiamento xenofobo nei confronti dei lavoratori migranti", si legge in un comunicato pubblicato oggi a Ginevra. La "violenza, commessa da Italiani o da lavoratori immigrati, deve essere affrontata nel modo più vigoroso con lo stato di diritto". Inoltre, i "diritti delle persone devono essere sempre protetti, qualunque sia lo status dell'imigrato", ha detto il relatore dell'Onu sui diritti dei migranti, il messicano Jorge Bustamante.

 

Medici Senza Frontiere. Contemporaneamente, negli uffici di Medici Senza Frontiere, a Roma, Loris De Filippi - responsabile dei progetti Msf in Italia - e Alessandra Tramontano - coordinatore medico dei progetti sull'immigrazione di Msf in Italia - hanno offerto una panoramica del fenomeno delle migrazioni stagionali nei luoghi di raccolta dei prodotti agricoli, vista dal loro punto d'osservazione. "Il 75% delle persone che assistiamo non ha mai avuto alcun contatto con il sistema sanitario italiano", ha detto De Filippi. "Le patologie più diffuse sono di tipo respiratorio, grastrointestinale e dermatologico. Si presentano all'inizio come piccole infezioni, che però poi degenerano per incuria, anche perché queste persone non possono permettersi il lusso di non lavorare. Una giornata in meno di lavoro, per loro, è un vero dramma".

I responsabili di Msf hanno anche denunciato "la grande ipocrisia" costituita dal fatto che sono ormai anni che il dramma di queste nuove forme di schiavitù si ripete: "Tutti sanno - ha detto ancora De Filippi - che oltre il 60% delle persone addette alla raccolta delle arance è irregolare, eppure si fa finta di niente, almeno fino a quando il raccolto è finiro. Solo dopo si interviene a buttare giù le baracche di cartone plastica".

L'organizzazione unmanitaria - che segue gli immigrati in Italia dal 2003 e che nel 1999 ha ricevuto il premio Nobel per la pace - proseguirà l'assistenza agli immigrati, seguendo le loro migrazioni interne. I prossimi appuntamenti - dicono - saranno nel Siracusano, a febbraio, per la raccolta delle patate e poi, a Marzo, nel Casertano, per quella delle fragole.

© Riproduzione riservata (12 gennaio 2010)

 

 

 

 

 

 

2010-01-11

Sui fatti di Rosarno dura presa di posizione del quotidiano della Santa Sede

Epifani lancia l'allarme: "Ci sono altre polveriere pronte a scoppiare"

Napolitano: "Oscurati legalità e solidarietà"

L'Osservatore romano: "Italiani ancora razzisti"

Il capo dello Stato il 21 gennaio sarà alla Giornata della Legalità a Reggio Calabria

Bersani: "La Bossi-Fini non funziona". Fini: "Eliminare sia razzismo che buonismo"

Immigrati di Rosarno dopo gli scontri

ROMA - "A Rosarno sono stati oscurati la legalità e la solidarietà" dice il capo dello Stato. Che annuncia una visita a Reggio Calabria per il 21 gennaio. E "L'Osservatore romano" pubblica un duro atto d'accusa sul razzismo diffuso tra gli italiani. I fatti della piana di Gioia Tauro continuano a fare discutere. E Dal Quirinale arriva una netta presa di posizione. Napolitano sarà nel capoluogo calabrese anche per riaffermare la sua solidarietà con i magistrati, dopo l'attentato alla procura in piazza Castello.

L'Osservatore romano. Nell'articolo del quotidiano pontificio si compie un rapido excursus storico sulle radici dell'intolleranza nei primi decenni dell'unità d'Italia, per poi concludere: "Nel 2010, invece, siamo ancora all'odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto". Ancora, nel lungo servizio dal titolo "Gli italiani e il razzismo, Tammurriata nera", firmato da Giulia Galeotti, si legge: "Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato". "Per una volta - prosegue il testo - la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi".

Il testo del quotidiano della Santa Sede viene pubblicato dopo che il Papa domenica ha chiesto rispetto per gli immigrati e dopo che il Segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, ha parlato delle drammatiche condizioni di vita in cui si trovavano gli immigrati nell'area di Rosarno.

Napolitano. Il presidente della Repubblica ha accolto l'invito del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini, a partecipare il 21 gennaio a Reggio Calabria alla Giornata della Legalità ''Insieme per non dimenticare'' promossa quest'anno dalle Consulte Provinciali degli Studenti della Calabria. Nel corso della sua visita Napolitano incontrerà i rappresentanti delle istituzioni territoriali e degli organi dello Stato operanti nella regione. ''Sarà un'occasione - si legge nella nota del Quirinale - per rinnovare l'impegno comune, sempre ribadito dal presidente della Repubblica, per l'affermazione dei valori di legalità e di solidarietà, entrambi oscurati dai gravi fatti di Rosarno''.

 

L'allarme di Epifani. A lanciare l'allarme, sempre oggi, è anche il segretario della Cgil Guglielmo Epifani: "Di Rosarno - avverte - ne abbiamo tante, pronte a scoppiare. Sono problemi da tempo segnalati; sono dieci anni che la Cgil sta conducendo una battaglia. "Non è il sindacato il problema; il problema è chi per tempo ha chiuso gli occhi e ha fatto finta di non vedere".

Fini. Sulle vicende calabresi interviene poi Gianfranco Fini: parlando a Palermo, il presidente della Camera dice che "davanti a ciò che è avvenuto risulta evidente che è necessario abolire due 'ismi': razzismo e buonismo. Bisogna dire no all'immigrazione clandestina, ma anche no allo sfruttamento. Gli immigrati devono avere dei doveri, ma non si può pensare che possano essere privati dei diritti". Fini chiama in causa gli imprenditori che non mettono in regola i lavoratori stagionali: "Esistono mezzi come la legge Biagi che consentono alle imprese agricole di regolarizzare gli stagionali. Se queste non lo fanno allora non meritano alcun tipo di solidarietà".

Bersani. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani annuncia che "nei prossimi giorni andremo in Calabria e a Rosarno". E denuncia che le leggi "che abbiamo sull'immigrazione non sono adeguate ad affrontare la realtà".

Di Pietro. Secondo Antonio Di Pietro, a Rosarno c'è stata "la rivolta degli schiavi" perché all'origine "ci sono stati i negrieri del 2000, che hanno sfruttato e stanno sfruttando il lavoro nero e che nessuno vuole fare".

Alemanno. E quanto alla cittadinanza per gli immigrati, a pronunciarsi contro un iter breve per ottenerla - cinque anni, invece degli attuali dieci - è il sindaco di Roma Gianni Alemanno: "Deve essere un risultato dell'integrazione e non uno strumento per ottenerla".

Tosi. "La Bossi-Fini in Italia è stata applicata poco e male e Rosarno lo dimostra". Così il sindaco di Verona, Flavio Tosi, ha spiegato quanto accaduto a Rosarno e lo ha fatto a margine del convegno organizzato a Roma dal titolo "Immigrazione e identità nazionale. Verso un modello italiano". Per Tosi "il problema è la classe politica di alcune zone d'Italia, ma non di tutto il Sud, per esempio quando si pensa alla Puglia si pensa alla buona amministrazione e anche in Calabria ci sono zone dove si amministra meglio e zone dove si amministra peggio".

(11 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

2010-01-09

Centinaia di stranieri sono stati portati nei centri di accoglienza a Crotone e Siderno

Sale il bilancio dei feriti. A Gioia Tauro agguato con un fucile caricato a pallini

Rosarno, caccia all'immigrato

Aggrediti e assediati nei casolari

La polizia è intervenuta per recuperare gli extracomunitari rimasti isolati

Inquirenti ipotizzano 'ndrangheta dietro le violenze: i tre calabresi arrestati sono noti alle forze dell'ordine

ROSARNO - Avanza l'ombra della 'ndrangheta sulle violenze scoppiate a Rosarno dove la tensione è ancora alta dopo gli scontri fra polizia, extracomunitari e cittadini. In mattinata, a Gioia Tauro, un immigrato è stato ferito, alle gambe e a un braccio, da colpi di fucile caricato a pallini, mentre un altro è ricoverato in ospedale in codice rosso (anche se non ci sono ancora particolari). Un altro immigrato, invece, è stato colpito a sprangate a Rosarno: "Mi hanno aggredito in otto e volevano ammazzarmi. Sono vivo per miracolo". Sono queste le ultime due vittime di quella che è diventata una caccia all'immigrato: centinaia di extracomunitari hanno lasciato Rosarno, quelli rimasti isolati nei casolari di campagna si rivolgono alla polizia per chiedere di essere presi e accompagnati nel centro dove vengono organizzati i trasferimenti. Intanto una delle ipotesi sui cui stanno lavorando gli inquirenti è che la n'ndrangheta abbia "cavalcato" la situazione: i tre rosarnesi arrestati sono infatti personaggi noti alle forze dell'ordine, due hanno precedenti e uno è figlio di un esponente di spicco della cosca Bellocco.

La guerriglia urbana è esplosa giovedì dopo il ferimento di due immigrati a colpi di carabina ad aria compressa. Da allora è stato un susseguirsi di violenze arginate a fatica dalle forze dell'ordine. Una vicenda delicatissima seguita minuto per minuto anche dal quotidiano di cronaca locale onlineStrill.it. Intanto è cominciata la "fuga" degli immigrati africani, presenti in massa a Rosarno fino a pochi giorni addietro per lavorare negli uliveti e negli agrumeti della piana di Gioia Tauro. In centinaia hanno raccolto in fretta e furia i loro bagagli, quasi sempre buste stracolme di stracci, per salire sui pullman messi a disposizione dalle autorità per trasferirli nei centri di prima accoglienza di Crotone, Bari o della Sicilia.

Il bilancio degli scontri è pesante: secondo fonti investigative, sarebbero finora 66 (una trentina di extracomunitari di cui uno aggredito stanotte, 17 abitanti del posto e 19 appartenenti alle forze di polizia). Il clima, dunque, resta teso. "La gente di Rosarno, che si fronteggia con gli immigrati, non è tutta rappresentata nel cosiddetto comitato dei cittadini, c'è anche qualcos'altro, qualcosa che sfugge al controllo" dice il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta. Mentre il segretario di stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, fa appello alla cessazione della violenza e denuncia le "gravi condizioni di lavoro" alle quali sono sottoposti gli immigrati.

Immigrati isolati in casolari. Tra gli immigrati rimasti a Rosarno cresce la paura e in molti, in queste ore, stanno chiamando le forze di polizia per essere presi nei casolari di campagna dove sono isolati. L'ultima richiesta è arrivata da una quindicina di extracomunitari che si trovava alla periferia di Rosarno che ha detto di essersi rifugiata in un capannone dopo essere stata minacciata da una persona armata. Le forze di polizia giunte sul posto non hanno però trovato nessuno fuori del casolare, hanno fatto uscire gli extracomunitari e li hanno scortati nell'ex Opera Sila da dove verranno trasferiti

Inquirenti: forse cosche dietro la protesta. Le violenze scoppiate a Rosarno potrebbero essere state "cavalcate" dalla 'ndrangheta per fini che sono ancora tutti da chiarire. E' una delle ipotesi su cui stanno lavorando gli inquirenti anche se il procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo, che coordina le indagini, si è limitato a dire che "allo stato ogni ipotesi è plausibile". Di certo, al momento, c'è che i tre rosarnesi arrestati per fatti di violenza nel corso degli scontri con gli immigrati, sono personaggi noti agli investigatori. Uno è Antonio Bellocco, 29 anni, figlio di un esponente di spicco della cosca Bellocco, che insieme a quella dei Pesce estende il suo predominio su Rosarno. Il giovane è accusato di resistenza a pubblico ufficiale. Ma anche gli altri due hanno precedenti e uno è stato condannato per l'omicidio colposo della fidanzata. Entrambi sono accusati di tentato omicidio. La Procura di Palmi ha già chiesto al gip la convalida dell'arresto ed è in attesa della fissazione dell'udienza, che potrebbe svolgersi lunedì.

Via ai trasferimenti. E' stato effettuato nella notte il trasferimento di circa 250 immigrati dalla ex cartiera "La Rognetta" di Rosarno verso i centri d'accoglienza di Siderno e Isola Capo Rizzuto (Crotone), e altri duecento sono arrivati nel pomeriggio. Buona parte è già in possesso del permesso di soggiorno, e un centinaio di extracomunitari ha lasciato il centro di Sant'Anna per raggiungere a piedi la stazione di Crotone, che si trova a una ventina di chilometri. Tranquilla la situazione nell'ex "Opera Sila", l'altra struttura a metà strada tra Rosarno e Gioia Tauro, dove sono state ospitate tra le 500 e le 600 persone, la metà delle quali è stata poi trasferita nel centro d'accoglienza di Bari a bordo di autobus scortati dalle forze dell'ordine.

Per molti di loro il timore è di essere rimpatriati. "Nessuno degli immigrati che sono stati portati o stanno per essere trasferiti da Rosarno nel Cpa di Isola Capo Rizzuto sarà espulso, neppure quelli irregolari" dice il referente di Libera della Piana di Gioia Tauro, don Pino Demasi. E anche la Questura conferma: nel centro di accoglienza ognuno è libero di andarsene, non saranno chiesti documenti. "Restare è impossibile, ce ne andiamo e, almeno io, per non tornare mai più" dice Peter, 30 anni, ghanese - La reazione da parte di qualcuno di noi è stata sproporzionata, ma ci hanno sparato addosso e questo non è tollerabile. Ci dispiace perchè qui c'è il lavoro e avanziamo ancora dei soldi, ma la gente ci è troppo ostile e le violenze contro di noi sono state troppo gravi". E continuano anche adesso. "Alcuni di noi sono stati aggrediti vicino alla cartiera con bastoni e mazze" denuncia uno degli immigrati. "Dovete rimanere uniti, salire sui pullman e andare via, la situazione è insostenibile", invitano gli operatori della protezione civile.

Quattro immigrati ricoverati per ferite di arma da fuoco. Sono quattro gli immigrati ricoverati da giovedì scorso per ferite di arma da fuoco, colpiti con pallini di piombo che secondo i medici non sono estraibili. Ajva Saibon è stato il primo africano finito in ospedale giovedì scorso ferito al ventre. Venerdì è stata la volta di Oumar Sidibi, della Guinea, e Dumar Muussa, del Burkina Faso, entrambi feriti alle gambe. Oggi infine è stato ricoverato Manden Musatraoré, della Guinea, per ferite alle gambe e al braccio. Tutti e quattro sono in possesso di regolare permesso di soggiorno che scade a febbraio ma i carabinieri hanno precisato che in base all'articolo 18 della nuova legge sull'immigrazione possono ricorrere a motivi umanitari per poter rimanere regolarmente in Italia.

"Liberato" il Comune. Nel frattempo è stata tolta l'occupazione che una decina di abitanti di Rosarno stavano attuando nel comune per chiedere l'allontanamento degli immigrati che vivono nel paese. Una decisione presa dopo l'inizio dei trasferimenti che porteranno, entro 48 ore, all'allontanamento di tutti gli immigrati da Rosarno. Stamattina sono state riaperte le attività commerciali e le scuole. Ed è stato tolto anche il blocco che un gruppo di abitanti aveva creato vicino il centro di ricovero.

Task force. A Reggio Calabria, intanto, si è insediata la task force ministeriale incaricata dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, di individuare le soluzioni necessarie per superare le tensioni e arginare le violenze.

(09 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

2010-01-08

Il ministro dell'Interno lega le violenze all'immigrazione clandestina

Bersani: "Ricordo che la legge si chiama Bossi-Fini..". Farefuturo: "E' schiavitù"

Rosarno, linea dura di Maroni

"Troppa tolleranza con gli stranieri"

La Lega fa quadrato intorno al titolare del Viminale. Critici Verdi, Idv e Udc

ROMA - "A Rosarno c'è una situazione difficile come in altre realtà, perchè in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, un'immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazione di forte degrado". Roberto Maroni non ha dubbi: dietro la guerriglia urbana degli immigrati per protestare per il ferimento dei loro connazionali c'è il "lassisimo" delle politiche immigratorie. Ed è chiaro il tentativo di legare le violenze a Rosarno a un più generale giro di vite sujlle politiche legate all'immigrazione.

Le parole del titolare del Viminale trovano sponda non solo tra i colleghi leghisti, ma anche in Ignazio La Russa. Allo stesso tempo, però, provocano la dura reazione dell'opposizione. A partire dal segretario Pierluigi Bersani che rimanda al mittente le accuse: "Maroni non ha perso l'occasione di fare lo scaricabarile. Voglio ricordargli che da anni viviamo con una legge che si chiama Bossi-Fini''. Ed è per questo che il Pd del Senato chiede che il ministro riferisca in Aula. Per l'Udc, inoltre, la posizione di Maroni "che scarica come sempre la colpa di tutto sugli immigrati, è troppo superficiale e semplicistica".

Polemica anche l'Idv che, per bocca dell'ex pm (ora europarlamentare) Luigi De Magistris accusa Maroni di aver "smarrito ogni minimo senso della realtà e della decenza politica. Quanto sta accadendo a Rosarno è la prova dell'inutilità delle misure razziste e crudeli volute da un esecutivo da tempo 'leghistizzato'". Ed anche i Verdi puntano il dito contro il ministro che "non perde occasione per fare demagogia e cercare di fare consenso sulle ansie sociali degli italiani - dice

Angelo Bonelli - oggi Maroni in questo giorno scopre le violenze, mentre negli altri 364 non dice nulla sul caporalato che è una vera e propria piaga del sud, fonte di sfruttamento e di ricchezza per la criminalità organizzata".

Il ministro, però, trova sostengno tra le file della maggioranza. Se il leghista Borghezio lo definisce "il nostro Sarkozy", uno dei coordinatori del Pdl, Fabrizio Cicchitto lo incita ad andare avanti "sviluppando il contrastato all'immigrazione clandestina, con la piena applicazione delle leggi vigenti, e favorendo l'integrazione degli immigrati regolari".

Ma la vicenda di Rosarno offrè l'occasione per un nuovo capitolo dello scontro interno al Pdl tra finiani e critici del presidente della Camera. Non a caso Giancarlo Lehner, deputato Pdl, si scaglia contro Gianfranco Fini e la sua proposta di cittadinanza breve: "I fautori di quell'idea dovrebbero chiedere scusa e darsi pubblicamente, usando il lessico di Fini dicitore, degli emeriti stronzi". All'opposto, invece, il ragionamento pubblicato da Ffwebmagazine, il periodico online della fondazione Farefuturo presieduta da Fini: "Bando ai buonismi e alle cose non dette: in italia esiste la schiavitù. In uno stato civile, moderno e democratico, non si può tollerare che migliaia di persone vivano nell'indigenza più totale, senza il minimo di dignità che dovrebbe essere garantita non tanto da leggi, fondi pubblici o piani di integrazione, quanto dalla civiltà di ognuno di noi".

ma anche il mondo cattolico si fa sentire. A partire da Don Pino de Masi, Vicario Generale della Diocesi di Oppido-Palmi e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro: "Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino. Qui è in corso una vera emergenza sociale. Quello che è accaduto a Rosarno è frutto della mancanza di una pianificazione adeguata per i lavoratori stagionali e della totale assenza di una politica dell'integrazione". Per monsignor Bruno Schettino, presidente della commissione episcopale per le Migrazioni della Cei l'episodio di Rosarno rappresenta "un segno di sofferenza e di degrado umano" che spinge "da un lato a condannare la violenza e dall'altro a considerare l'estremo disagio e la difficoltà di questa gente che non ha sostegno nè umano nè economico".

(08 gennaio 2010)

 

 

 

 

Nuovi incidenti nella cittadina calabrese. Gli extracomunitari protestano contro il ferimento di due stranieri

Maroni: "Tollerata una immigrazione clandestina che alimenta la criminalità e genera situazioni di forte degrado"

A Rosarno alta tensione. Un uomo ha sparato

Si organizza contromanifestazione: "Andatevene"

Il commissario prefettizio: "Strana concomitanza con la riunione a Reggio del Comitato per l'ordine e la sicurezza"

Una immagine degli incidenti a Rosarno

ROSARNO (REGGIO CALABRIA) - Alta tensione stamane a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, dopo i disordini di ieri quando gli immigrati hanno dato vita ad una guerriglia urbana dopo che due di loro sono stati feriti da sconosciuti con alcuni colpi di carabina ad aria compressa. Migliaia di extracomunitari si sono radunati per le strade e nella piazza del comune. Un abitante ha sparato in aria. Un gruppo di immigrati è venuto a contatto con un centinaio di abitanti. E' di 34 feriti il bilancio dei disordini scoppiati ieri. Arrestati sette extracomunitari. La Cgil: nel 2007, in tutta la Calabria, a fronte dei 6.400 autorizzati, si stima vi siano stati circa 20 mila lavoratori stranieri stagionali impiegati nel settore agricolo.

Maroni: "Troppa tolleranza"

"In tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazioni di forte degrado, come quella di Rosarno". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ai microfoni de "La Telefonata", su Canale 5, rispondendo a una domanda di Maurizio Belpietro sui disordini avvenuti ieri nella cittadina calabrese. "Stiamo intervenendo - ha sottolineato il ministro -, intanto ponendo fine all'immigrazione clandestina, agli sbarchi che hanno alimentato il degrado, e a poco a poco porteremo le situazioni alla normalità, questo è il nostro impegno".

H.9.00. Situazione a Rosarno sempre più preoccupante

I negozi e le scuole sono rimasti chiusi. Per questa mattina è stata organizzata una manifestazione di protesta degli immigrati della Piana di Gioia Tauro (sono circa in 15mila gli immigrati presenti in questo territorio) che ieri sera hanno dato vita ad una guerriglia urbana dopo che due di loro sono stati feriti da sconosciuti con alcuni colpi di carabina ad aria compressa.

 

H.9.30. A Rosarno in corso concentramento

Al momento sarebbero circa duemila gli immigrati, secondo la polizia, radunati davanti al comune. Gli immigrati stanno scandendo slogan di protesta e hanno chiesto che una loro delegazione incontri il commissario prefettizio del Comune, Francesco Bagnato. La tensione è alta, danneggiate le vetrine di alcuni negozi e qualche cassonetto è stato rovesciato. Un gruppo di abitanti di Rosarno ha raggiunto la zona antistante il Municipio, c'è preoccupazione e malumore.

H.9.45. In arrivo gruppi di extracomunitari dall'hinterland

Non si conoscono ancora le intenzioni dei manifestanti, né quanti se ne stanno raccogliendo nelle strade di Rosarno. Da ieri hanno chiesto di parlare con il commissario prefettizio Domenico Bagnato (che regge il Comune) per esporre le loro problematiche. Fonti investigative fanno sapere che circa duecento immigrati hanno attuato due blocchi stradali, uno a nord e uno a sud dell'abitato di Rosarno, sulla statale 18, impedendo alle auto di transitare.

H.10.00. Panico in città

Gli immigrati stanno protestando, anche con spranghe, bastoni e oggetti contundenti. Molti sono ubriachi e stanno seminando il panico in città: una donna a bordo di una Grande Punto è stata aggredita e salvata grazie a polizia e carabinieri che in massa tentano di arginare le proteste.

H.10.45. Spari da un balcone

Un cittadino ha sparato due colpi di fucile in aria a scopo intimidatorio per disperdere un gruppo di immigrati che si era concentrato davanti la sua abitazione. L'uomo ha esploso i colpi dopo essere salito sulla terrazza della casa. Gli immigrati successivamente sono entrati nell'abitazione dove c'erano la moglie e i due figli dell'uomo, dove però si sono limitati ad urlare e protestare e si sono poi allontanati.

H.10.50. Scontri con gli abitanti

Un gruppo di immigrati è venuto a contatto con un centinaio di abitanti di Rosarno. La situazione al momento, anche se molto incandescente, è tenuta sotto controllo dalle forze di polizia.

H.10.55. Tensione fra gli abitanti e le forze dell'ordine

Momenti di tensione tra un gruppo di abitanti di Rosarno e le forze dell'ordine dopo che un giovane era stato fermato perché stava litigando con un immigrato che stava partecipando alla protesta davanti al Municipio. Gli animi si sono calmati dopo che il giovane, che era stato bloccato, di fronte alle proteste degli abitanti, è stato rilasciato. La situazione, comunque, resta assai tesa.

H.11.02. La diocesi: "La 'ndrangheta sfrutta gli immigrati"

"Il problema degli immigrati va riallacciato a quello della 'ndrangheta. C'è uno sfruttamento pilotato da parte della criminalità e questo a causa dell'assenza dello Stato, che deve tornare a intervenire". Così Don Pino Demasi vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi e referente di 'Libera'in Calabria.

H.11.10. Terminata la protesta davanti al comune

E' terminata la protesta degli immigrati davanti al comune di Rosarno, ora si stanno dirigendo verso il centro della città. Intanto una delegazione di immigrati ha incontrato il commissario prefettizio, Francesco Bagnato, a cui ha chiesto una maggiore vigilanza e l'arresto degli aggressori che ieri hanno scatenato la feroce protesta. Lo stesso commissario prefettizio ha assicurato un suo intervento e una maggiore vigilanza da parte delle forze dell'ordine della struttura che ospita gli immigrati.

H.11.15. Il commissario prefettizio incontra i cittadini

Una delegazione di cittadini di Rosarno sta incontrando il commissario prefettizio del comune per chiedere l'immediato allontanamento degli immigrati presenti nella cittadina della Piana di Gioia Tauro. La tensione tra gli abitanti di Rosarno continua a salire, mentre gli immigrati in corteo si stanno dirigendo, attraversando il centro del paese, verso le loro abituali dimore.

H.11.18. Il commissario prefettizio: "Proteggeremo gli immigrati"

"La situazione è grave, è pesante. Ho parlato con i migranti e ho detto loro che faremo tutto il possibile per proteggerli. Ma ho anche specificato che non devono confondere l'attacco da parte di singoli con l'atteggiamento di tutta la cittadinanza". Lo ha detto ai microfoni di CNRmedia Domenico Bagnato, commissario prefettizio a Rosarno.

H.11.20. L'ex assessore: "Inaccettabile quello che sta accadendo"

"Quello che sta succedendo è intollerabile e la cittadinanza non lo accetta più". Lo ha detto l'ex assessore alla Protezione civile del comune di Rosarno, Domenico Ventre, sciolto nel gennaio del 2008 per infiltrazioni mafiose. "Gli immigrati che vivono nel nostro comune - ha aggiunto Ventre - sono continuamente assistiti e aiutati e la loro reazione di fronte all'episodio isolato che è successo ieri è assolutamente sproporzionata. Non possiamo accettare che queste persone devastino il nostro paese suscitando una situazione di paura tra gli abitanti".

H.11.27. Aggredita troupe del Tg2

Durante gli scontri a Rosarno è stata aggredita una troupe del Tg2 e il giornalista Francesco Vitale: un gruppo di immigrati alla vista della telecamera ha lanciato sassi contro il giornalista e il suo operatore. La troupe e lo stesso cronista hanno già ripreso il loro lavoro.

H.11.34. Monsignor Marchetto: "Si torni alla ragionevolezza"

"Un uomo di Chiesa non può fare altro che chiedere che termini la violenza e si torni alla ragionevolezza e, pur nel ritorno all'ordine, si cerchi di andare al fondo dei problemi e di capire le ragioni degli uni e degli altri. E' necessario il dialogo, anche se questa può sembrare inflazionata, ma è l'unica strada per cercare la soluzione a problemi difficili in un contesto di crisi che tutti conosciamo". E' quanto ha detto monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i Migranti e gli Itineranti.

H.11.38. Livia Turco (Pd): "Combattere criminalità che sfrutta immigrati"

"E' necessario impedire la guerra tra immigrati sfruttati e cittadini onesti. Il ministro Maroni anziché ripetere il copione della propaganda faccia qualcosa per combattere la criminalità che sfrutta gli immigrati e continua a tenere in ostaggio parte del territorio calabrese". Lo afferma Livia Turco, capogruppo del Pd nella commissione Affari sociali della Camera.

H.11.42. Cgil: in Calabria circa 20 mila lavoratori stranieri stagionali

Nel 2007, in tutta la Calabria, a fronte dei 6.400 autorizzati, si stima vi siano stati circa 20 mila lavoratori stranieri stagionali impiegati nel settore agricolo. Queste le ultime cifre sul fenomeno dell'immigrazione e della stagionalità nel settore primario nella regione, rese note dalla Cgil, che proprio a Rosarno ha svolto la prima conferenza regionale sui migranti nelle scorse settimane.

H.11.48. Il parroco: "Immigrati vivono in gironi danteschi"

"Bisogna tornare alla ragione e mettere da parte le esasperazioni da una parte e dall'altra". Lo ha detto don Carmelo Ascone, conosciuto come don Memè, parroco da 25 anni di Rosarno, e profondo conoscitore della realtà del paese. "I luoghi in cui vivono gli immigrati - ha aggiunto don Memè - sono dei veri e propri gironi danteschi. Queste persone vivono in condizioni disumane e disperate". Secondo don Memè "gli abitanti protestano giustamente, ma l'esasperazione e la rabbia non possono trasformarsi in intolleranza".

H.11.50. Negli scontri ferite 34 persone

E' di 34 feriti il bilancio dei disordini scoppiati ieri a Rosarno. Secondo i dati diffusi dalla Polizia di Stato, sono ricorsi alle cure dei medici degli ospedali della zona due cittadini extracomunitari, 14 cittadini italiani, dieci poliziotti e otto carabinieri. Gli uomini del Commissariato di Gioia Tauro hanno arrestato sette extracomunitari per violenza e resistenza a pubblico ufficiale, devastazione e danneggiamento.

H.11.54. L'Immigrato: "Contro di noi continue violenze"

"Abbiamo bisogno di protezione perché contro di noi ci sono continue violenze che sono frutto di razzismo". Lo dice ai giornalisti Sidiki, un immigrato africano di 25 anni, che viene a Rosarno di frequente per lavorare nei campi. "Subiamo continuamente - ha aggiunto Sidiki - atti di intolleranza, ma noi siamo lavoratori onesti che vengono qui solo per guadagnarsi il pane e non diamo fastidio a nessuno. Piuttosto, sono intollerabili le condizioni in cui ci fanno vivere perché avremmo bisogno di più igiene e dignità".

H.12.00. Scontri tra gli abitanti e le forze dell'ordine

Ci sono stati scontri tra un gruppo di abitanti di Rosarno e alcuni carabinieri e poliziotti. L'episodio si è verificato mentre gli immigrati facevano rientro nei centri di ricovero in cui sono ospitati. Alcune persone di Rosarno hanno tentato di raggiungere un gruppo di immigrati, ma sono stati bloccati dalle forze dell'ordine. La reazione degli abitanti è stata immediata con grida e insulti verso le forze dell'ordine. "Dovete picchiare loro - ha detto un giovane - e non noi, perché sono loro i veri criminali".

H.12.08. Su Facebook gruppo 'Gli africani salveranno Rosarno'

E' da alcuni mesi attivo su Facebook un gruppo intitolato 'Gli africani salveranno Rosarno'. Al momento vi aderiscono 1500 persone. Scopo del gruppo è quello di una sorta di osservatorio invernale sulla raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro, mantenere alta l'attenzione, contrastare ogni forma di razzismo, informare correttamente, sfatare i luoghi comuni sul fenomeno dell'immigrazione, promuovere percorsi di integrazione.

H.12.10. Investigatori: nessun coinvolgimento della criminalità organizzata

Allo stato attuale delle indagini non risulta un coinvolgimento della criminalità organizzata nel ferimento di alcuni extracomunitari con un fucile ad aria compressa, l'atto che ha scatenato la guerriglia urbana di Rosarno: è questa, finora, l'opinione concorde degli investigatori di carabinieri e polizia che si stanno occupando del caso.

H.12.11. Il commissario prefettizio invita gli immigrati alla calma

"Vi invito alla calma e vi assicuro che avrete adeguata protezione". E' quanto ha detto il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Francesco Bagnato, alla delegazione di immigrati che ha attuato stamattina la protesta davanti al Comune. "Vi garantiremo - ha aggiunto Bagnato - presidi di sorveglianza davanti ai centri di ricovero. Cercheremo, inoltre, di migliorare le condizioni igieniche in cui vivete, dandovi nuovi container per dormire e bagni chimici".

H.12.20. Feriti al pronto soccorso

Cinque persone, fra ieri sera e stamattina, sono finite al pronto soccorso dell'ospedale di Polistena per ferite riportate durante gli scontri a Rosarno. Si tratta di due extracomunitari e tre persone di Rosarno e alcuni paesi vicini. L'ultimo, un uomo di Giffone, è arrivato questa mattina riferendo di essere stato aggredito. Nelle stesse condizioni anche un altro ragazzo del posto. Tra i feriti due extracomunitari, colpiti da pallini di carabina. Sempre ieri sera una donna ultraquarantenne di Rosarno è stata medicata al pronto soccorso per ferite lievi.

H.12.27. Msf: "Immigrati in condizioni degradanti"

Gli immigrati nella Piana di Gioia Tauro vivono in "condizioni degradanti; condizioni che hanno un serio impatto sulla loro salute". Lo afferma Loris De Filippi, coordinatore dei progetti di Medici senza frontiere Italia. L'organizzazione lavora da tempo sul posto gestendo le attività di assistenza sanitaria attraverso una clinica mobile.

H.12.30. Bersani: "Maroni fa lo scaricabarile"

"Mi dispiace molto che il ministro dell'Interno non abbia perso l'occasione, anche questa volta, di fare lo scaricabarile sulla famosa immigrazione clandestina". Pier Luigi Bersani, questa mattina a Reggio Calabria per portare la solidarietà al Procuratore generale della Corte d'Appello, rispondendo ai giornalisti sulla rivolta degli immigrati di Rosarno, sottolinea la gravità della situazione: "Prima bisogna fare in modo di riportare la calma, poi andare alla radice di una situazione fatta sicuramente di mafia, sfruttamento, xenofobia e razzismo".

H.12.40. A Rosarno scene da guerriglia urbana

E' un paesaggio in cui sono evidenti i segni della guerriglia urbana e dei danneggiamenti compiuti quello che si presenta lungo la strada che dal centro di Rosarno conduce al centro ricovero ospitato nell'ex Esac. Secondo quanto hanno riferito alcuni abitanti, gli immigrati stamattina, mentre si recavano nel centro del paese, si sono abbandonati ad atti di vandalismo danneggiando tutto ciò che trovavano lungo la loro strada. Ci sono alcune auto distrutte da incendi, cassonetti ribaltati, rifiuti bruciati sparsi lungo la strada. Alcune persone hanno riferito che un gruppo di immigrati ha lanciato pietre contro la loro abitazione provocando danni.

H.12.42. Cei: "Disagio degli immigrati dovuto allo sfruttamento"

"La violenza non va mai giustificata. Anche chi pensa di aver ragione e poi utilizza la violenza sbaglia in quanto la violenza non è mai uno strumento per dimostrare le proprie ragioni. Attraverso la violenza si fa torto alle proprie ragioni", e tuttavia "il disagio degli immigrati è dovuto alle situazioni di sfruttamento cui vengono costretti a causa del quale fanno una vita invivibile". E' quanto afferma al Sir, l'agenzia stampa della Cei, don Ennio Stamile, direttore regionale della Caritas Calabria.

H.12.52. Task force del ministero dell'Interno

Dopo i fatti di Rosarno è stata costituita una task force del ministero dell'Interno, di quello del Welfare e della Regione Calabria. E' stato deciso al termine di una riunione convocata al Viminale dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni.

H.13.03. Le proposte dei funzionari di polizia

''Individuazione degli xenofobi; espulsione dei rivoltosi e tutti i clandestini; premio a chi denuncia lo sfruttamento del lavoro irregolare; perseguire gli imprenditori disonesti; e sostenere gli enti locali che mettono in atto interventi di inclusione sociale''. E' quanto propone il segretario nazionale dell'Associazione funzionari di polizia, Enzo Letizia.

H13.08. Loiero: "Risposta degli immigrati inaccettabile"

"La provocazione c'è stata ma la risposta degli immigrati è inaccettabile". Lo ha detto il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero. "E' il frutto - spiega Loiero - di un clima di intolleranza xenofoba e mafiosa che non riguarda ovviamente la popolazione di Rosarno, giustamente allarmata per la situazione di tensione che si è determinata con la rivolta degli extracomunitari sfruttati, derisi, insultati e ora, due di loro, feriti con un'arma ad aria compressa".

H.13.10. Occupata dai cittadini la sede del comune

Un centinaio di cittadini di Rosarno hanno occupato la sede del comune e chiedono al commissario prefettizio Francesco Bagnato lo sgombero degli extracomunitari dalla città.

H.13.11. Blocco stradale dei cittadini

Un gruppo di abitanti di Rosarno sta attuando un blocco stradale lungo il tratto della Statale 18 che attraversa il centro abitato. "Basta con gli immigrati - ha detto uno dei manifestanti - perché siamo stanchi di questa situazione. Devono andarsene via".

H.13.12. Cri in preallarme

La Croce Rossa Italiana è in stato di preallarme per i fatti di Rosarno. Un delegato dell' organizzazione di volontariato è ora presente in Prefettura nella città dove da ieri sono in corso proteste dei migranti. La Cri ha dato la propria disponibilità per intervenire, se necessario, con strutture e personale per assistere i migranti e la popolazione locale.

H.13.13. FareFuturo: "In italia c'è la schiavitù"

"Bando ai buonismi e alle cose non dette: in Italia esiste la schiavitù. E più precisamente a Rosarno, cittadina di quindicimila abitanti nella piana di Gioia Tauro" dove cinquemila extracomunitari raccolgono agrumi e pomodori, svolgendo un "lavoro massacrante che gli italiani non vogliono più fare. Poco male, se non fosse che le condizioni di lavoro e di vita di questa gente sono ben al di là del limite accettabile in un paese civile". Lo si legge su 'Ffwebmagazine', il periodico on line della Fondazione FareFuturo presieduta da Gianfranco Fini.

H. 13.14. La Russa: "Troppa tolleranza"

"Troppa tolleranza verso i clandestini" - ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa - lo Stato ha il dovere di fare rispettare le leggi, di fare rispettare le regole. Non può esserci tolleranza, specie per chi usa la violenza in maniera così evidente, per il solo fatto che è un immigrato. Anzi - ha aggiunto - credo che il degrado sia proprio derivato dalla troppa tolleranza nei confronti dell'immigrazione clandestina di questi ultimi anni".

H.13.15. Fermato il cittadino che ha sparato dal balcone

E' stato identificato e si trova negli uffici del comando dei Carabinieri il cittadino che questa mattina ha sparato in aria a Rosarno mentre era in corso la protesta degli immigrati. Gli investigatori stanno facendo accertamenti sull'uomo e verificando se aveva l'autorizzazione per la detenzione dell'arma e se abbia dei precedenti penali. Intanto, a Rosarno, la situazione al momento sembra tranquilla.

H.13.16. Fondazione Migrantes: "Segnale preoccupante"

Le violenze a Rosarno rappresentano "il secondo segnale preoccupante di un territorio che reagisce al mondo dello sfruttamento, dopo qello sul Litorale Domizio in Campania". Lo sottolinea il direttore della Fondazione Migrantes, don Giancarlo Perego, per il quale "ancora una volta è emersa una forte carenza della presenza della realtà sociale a tutela dei diritti dei lavoratori".

H.13.44. L'Unhcr: "Impedire la caccia all'immigrato"

L'Unhcr - L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - lancia l'allarme: "è assolutamente necessario impedire la caccia all'immigrato". Lo ha detto la portavoce Laura Boldrini che, insieme a Paolo Artini, responsabile della protezione internazionale, si sta recando a Rosarno. "Siamo molto preoccupati per la situazione a Rosarno - ha aggiunto - e per la tensione che ancora oggi si avverte in città".

H.13.54. Contromanifestazione: "Gli immigrati devono andarsene"

A palazzo del Municipio a breve si terrà una contromanifestazione, questa volta organizzata dai cittadini rosarnesi. Ad incitare la popolazione alla mobilitazione, è un giornalista pubblicista, Marcello Marzialetti, che si presenta come corrispondente di un quotidiano locale e ai cronisti dice: "Gli immigrati devono andarsene da Rosarno". L'uomo sta percorrendo le vie del centro con un'auto dotata di megafoni invitando tutti i cittadini a concentrarsi nella piazza del Municipio.

H.14.03. Il commissario prefettizio: "Ferimento immigrati non è razzismo"

"Il ferimento accaduto ieri di due immigrati non è riconducibile a razzismo". Lo ha detto il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato. "Si è trattato in realtà - ha aggiunto - di un atto provocatorio e delinquenziale da parte di alcune persone".

H.14.20. Aggredita troupe della Vita in diretta

Una troupe della Vita in diretta, il programma di Raiuno condotto da Lamberto Sposini, è stata aggredita questa mattina a Rosarno. Lo rende noto la redazione. Il giornalista Giacinto Pinto stava seguendo gli scontri tra extracomunitari e giovani del paese in una delle strade centrali di Rosarno - spiega la redazione della Vita in diretta - quando è stato avvicinato da un gruppo di giovani locali che hanno iniziato a inveire e hanno afferrato gettato in terra la telecamera. Gli aggressori gridavano di non "filmare loro, ma gli extracomunitari che sono la causa di tutto". Un giovane ha spinto a terra l'operatore, Antonio Umbrello, e lo ha aggredito. Alcuni cittadini sono intervenuti e hanno aiutato i due a mettersi in salvo.

H.14.25. I gesuiti: "Affrontare il problema degli stagionali"

"La speranza è che questa volta si vada oltre l'increscioso episodio e le istituzioni affrontino il complesso problema dei lavoratori stagionali nel sud dell'Italia: immigrati che vivono in condizioni estreme, sfruttati da datori di lavoro senza scrupoli e senza rispetto dei loro diritti". Padre Giovanni La Manna, responsabile del Centro Astalli, l'organismo dei gesuiti che promuove l'accoglienza dei rifugiati.

H.14.29. Il commissario prefettizio: "Strane concomitanze"

"Appare strano che due immigrati siano stati feriti ieri in concomitanza con la riunione a Reggio Calabria del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica". A dirlo è stato il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato. In ambienti investigativi non si esclude che si sia voluto spostare l'attenzione mediatica dalla riunione del Comitato a Reggio a Rosarno, con gli incidenti che hanno fatto seguito al ferimento dei due immigrati.

H.14.37. I cittadini continuano a bloccare la Statale 18

Non c'è stato il preannunciato incontro tra il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Domenico Bagnato, e la delegazione degli abitanti che stanno attuando il blocco stradale lungo la Statale 18. Secondo quanto ha riferito lo stesso commissario, la delegazione ha rinunciato decidendo di mantenere, almeno per il momento, il blocco stradale.

H.14.53. Una trentina di persone al pronto soccorso

Circa una trentina di persone sono finite al pronto soccorso dell'ospedale di Gioia Tauro in seguito agli scontri di ieri sera a Rosarno. La maggior parte dei feriti sono poliziotti e carabinieri. Fra i pazienti ci sono anche 3 o 4 extracomunitari e, in particolare, l'immigrato ferito con un'arma da fuoco per il quale sembra sia scaturita la protesta. Si tratta di un uomo di 36 anni: è arrivato sanguinante in pronto soccorso alle 15.20 di ieri ed è stato trasportato nel reparto di chirurgia dove è tuttora ricoverato.

H.15.00. Prefetto riunisce il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza

E' iniziata da alcuni minuti a Rosarno la riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica convocata dal prefetto, Luigi Varratta, per esaminare la situazione nel paese a causa delle proteste degli abitanti dopo gli atti di vandalismo compiuti dagli immigrati.

H.15.09. Manifestanti impediscono al commissario di parlare

Resta alta la tensione davanti alla sede del municipio di Rosarno dove oltre un centinaio di cittadini stazionano da stamani dopo gli incidenti provocati da un gruppo di extracomunitari. Il commissario prefettizio, Domenico Bagnato, ha tentato di parlare davanti al municipio con i manifestanti, spiegando loro che da qui a breve si terrà una riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza. I presenti, però, hanno coperto con le loro urla la voce del prefetto che, quindi, dopo poche battute, ha rinunciato a tenere il suo discorso.

H.15.12. Il prefetto giunto a Rosarno

Il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, è giunto a Rosarno dove presiederà la riunione del Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico. "Bisogna dare risposte e conferme - ha detto il prefetto - ma soprattutto sicurezza agli abitanti di Rosarno che hanno tutto il diritto di vivere una vita e dignitosa e tranquilla, ma dall'altro lato dobbiamo dare assistenza e assicurazione anche agli extracomunitari regolari. Per quelli clandestini prenderemo altri provvedimenti".

H.15.16. Bilancio degli scontri

Sono quattro in tutto i feriti dopo gli scontri avvenuti tra le forze dell'ordine e i manifestanti dopo la rivolta degli extracomunitari di questa mattina a Rosarno. Tutti i feriti sono stati medicati e poi dimessi.

H.15.18 Commissario: nella zona ci sono 1.500 extracomunitari

Complessivamente sono 1.500 Gli extracomunitari sparsi sul territorio di Rosarno, Rizziconi e Gioia Tauro. Lo ha riferito il commissario prefettizio, Domenico Bagnato.

H. 15.53 Loiero: "Lo Stato non si è fatto carico della Calabria

"E' lo Stato che si fa carico dei richiedenti asilo, di quelli che entrano clandestinamente in Italia. Lo Stato non si è fatto carico della Calabria". Lo ha detto a Sky Tg24 il presidente della regione Calabria, Agazio Loiero. "Con il ministero degli Interni si era stabilito che avrebbero mandato dei fondi per questo problema di Rosarno, di cui poi non si fece più nulla". "Ho sempre difeso gli immigrati - ha aggiunto - ma creare lo scontro è sbagliato".

H. 15.54 Irregolari in nero: in Calabria sono 8 mila

Gli immigrati regolari in Calabria sono circa 45 mila, ma si stima che altri 8 mila vivano e lavorino nella regione in modo clandestino. Lo ha reso noto Benedetto Di Iacovo, presidente della Commissione regionale della Calabria per l'emersione del lavoro non regolare. Di Iacovo, anticipando i dati del sesto rapporto sull'economia sommersa in Calabria, sottolinea che il 53% dei lavoratori irregolari nella regione (170 mila nel complesso) opera nel settore agricolo. Di questi, il 40% circa riguarda gli immigrati, sia regolari che clandestini.

H. 16.02 Mantovano: "In tutta la Calabria, la priorità è la lotta alla 'ndrangheta

"Come avvenne un anno fa a Caserta per la camorra, oggi a Rosarno e in tutta la Calabria, la priorità è la lotta alla 'ndrangheta, non la caccia all'immigrato". Il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, ha commentato così ai microfoni di Sky Tg24 la rivolta degli extracomunitari nella cittadina calabrese. "E' una questione complicata - ha spiegato - perché si intrecciano questioni che riguardano l'ordine pubblico, lo sfruttamento in nero di lavoratori extracomunitari e, più in generale, la vivibilità di una delle zone più difficile del nostro Paese".

H.16.05 Carfagna: "Denunciare lo sfruttamento per evitare che si creino dei ghetti"

"Per evitare che si creino ghetti è fondamentale riportare la legalità, quindi che tutti denuncino chi sfrutta il lavoro dei clandestini". Così il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, ha commentato i gravi fatti di Rosarno. "Siamo dalla parte di coloro che fanno fino in fondo il loro dovere di cittadini, denunciando lo sfruttamento della manodopera straniera", ha aggiunto il ministro.

H. 16.20 Bilancio dei fermi: 6 persone arrestate e tre denunciati

Sei persone arrestate e tre denunciate. E' questo il bilancio provvisorio degli incidenti avvenuti a rosarno a partire da ieri pomeriggio. Quattro degli arrestati sono immigrati, tre ghanesi e un ivoriano, che la notte scorsa avevano lanciato pietre e si erano resi responsabili di aggressioni contro i carabinieri. Gli altri due sono italiani: hanno tentato di investire due immigrati con un'auto e un trattore. Tre cittadini di Rosarno sono stati denunciati; tra loro ci sarebbe anche un minore e l'uomo che ha sparato in aria dei colpi di fucile.

H.16.52 Il prefetto: "Tra i feriti 14 immigrati e 18 agenti delle forze di polizia"

Sono 14 gli immigrati feriti negli incidenti accaduti a Rosarno tra ieri sera e stamattina. Lo ha reso noto il prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta. Il Prefetto ha anche reso noto che, a causa degli incidenti, ci sono stati 18 feriti tra le forze di polizia impegnate nei servizi di ordine pubblico.

(08 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

Il ministro dell'Interno lega le violenze all'immigrazione clandestina

Bersani: "Ricordo che la legge si chiama Bossi-Fini..". Farefuturo: "E' schiavitù"

Rosarno, linea dura di Maroni

"Troppa tolleranza con gli stranieri"

La Lega fa quadrato intorno al titolare del Viminale. Critici Verdi, Idv e Udc

ROMA - "A Rosarno c'è una situazione difficile come in altre realtà, perchè in tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, un'immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazione di forte degrado". Roberto Maroni non ha dubbi: dietro la guerriglia urbana degli immigrati per protestare per il ferimento dei loro connazionali c'è il "lassisimo" delle politiche immigratorie. Ed è chiaro il tentativo di legare le violenze a Rosarno a un più generale giro di vite sujlle politiche legate all'immigrazione.

Le parole del titolare del Viminale trovano sponda non solo tra i colleghi leghisti, ma anche in Ignazio La Russa. Allo stesso tempo, però, provocano la dura reazione dell'opposizione. A partire dal segretario Pierluigi Bersani che rimanda al mittente le accuse: "Maroni non ha perso l'occasione di fare lo scaricabarile. Voglio ricordargli che da anni viviamo con una legge che si chiama Bossi-Fini''. Ed è per questo che il Pd del Senato chiede che il ministro riferisca in Aula. Per l'Udc, inoltre, la posizione di Maroni "che scarica come sempre la colpa di tutto sugli immigrati, è troppo superficiale e semplicistica".

Polemica anche l'Idv che, per bocca dell'ex pm (ora europarlamentare) Luigi De Magistris accusa Maroni di aver "smarrito ogni minimo senso della realtà e della decenza politica. Quanto sta accadendo a Rosarno è la prova dell'inutilità delle misure razziste e crudeli volute da un esecutivo da tempo 'leghistizzato'". Ed anche i Verdi puntano il dito contro il ministro che "non perde occasione per fare demagogia e cercare di fare consenso sulle ansie sociali degli italiani - dice

Angelo Bonelli - oggi Maroni in questo giorno scopre le violenze, mentre negli altri 364 non dice nulla sul caporalato che è una vera e propria piaga del sud, fonte di sfruttamento e di ricchezza per la criminalità organizzata".

Il ministro, però, trova sostengno tra le file della maggioranza. Se il leghista Borghezio lo definisce "il nostro Sarkozy", uno dei coordinatori del Pdl, Fabrizio Cicchitto lo incita ad andare avanti "sviluppando il contrastato all'immigrazione clandestina, con la piena applicazione delle leggi vigenti, e favorendo l'integrazione degli immigrati regolari".

Ma la vicenda di Rosarno offrè l'occasione per un nuovo capitolo dello scontro interno al Pdl tra finiani e critici del presidente della Camera. Non a caso Giancarlo Lehner, deputato Pdl, si scaglia contro Gianfranco Fini e la sua proposta di cittadinanza breve: "I fautori di quell'idea dovrebbero chiedere scusa e darsi pubblicamente, usando il lessico di Fini dicitore, degli emeriti stronzi". All'opposto, invece, il ragionamento pubblicato da Ffwebmagazine, il periodico online della fondazione Farefuturo presieduta da Fini: "Bando ai buonismi e alle cose non dette: in italia esiste la schiavitù. In uno stato civile, moderno e democratico, non si può tollerare che migliaia di persone vivano nell'indigenza più totale, senza il minimo di dignità che dovrebbe essere garantita non tanto da leggi, fondi pubblici o piani di integrazione, quanto dalla civiltà di ognuno di noi".

ma anche il mondo cattolico si fa sentire. A partire da Don Pino de Masi, Vicario Generale della Diocesi di Oppido-Palmi e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro: "Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino. Qui è in corso una vera emergenza sociale. Quello che è accaduto a Rosarno è frutto della mancanza di una pianificazione adeguata per i lavoratori stagionali e della totale assenza di una politica dell'integrazione". Per monsignor Bruno Schettino, presidente della commissione episcopale per le Migrazioni della Cei l'episodio di Rosarno rappresenta "un segno di sofferenza e di degrado umano" che spinge "da un lato a condannare la violenza e dall'altro a considerare l'estremo disagio e la difficoltà di questa gente che non ha sostegno nè umano nè economico".

(08 gennaio 2010)

 

 

 

 

Marocchino, 25 anni, racconta: "Urla e insulti dall'auto

Poi hanno cominciato a colpirci come fossimo bersagli al tiro a segno"

Rabbia e paura, le lacrime di Kamal

"Un'aggressione e nessuno ci ha aiutati"

Tre ragazzi su un'auto: ridevano e urlavano: "Oggi non si lavora". Poi il veicolo ha acceleratodi SALVO PALAZZOLO

Un momento degli scontri a Rosarno

ROSARNO (REGGIO CALABRIA) - "Ridevano, tre ragazzi su una macchina scura. Ridevano e urlavano: "Oggi non si lavora?". Dalla statale la macchina ha cominciato ad accelerare e dai finestrini due si sono messi a sparare".

Kamal non smette di piangere mentre è spinto da un fiume di uomini che adesso urlano a squarciagola lungo la via Nazionale, che è la strada principale di Rosarno ma non riesce a contenere tutti.

"Siamo qui solo per lavorare", urla un giovane del Ghana con l'accento bergamasco. "Non siamo bestie", dice un marocchino che imbraccia un bastone. "Non siamo bestie", ripete e rompe i finestrini di tutte le auto che sono parcheggiate in strada.

Kamal ha ancora negli occhi quei ragazzi che sparavano dal finestrino: "Ero appena tornato dalla raccolta con i miei compagni - racconta - stavo per entrare nella fabbrica. E' successo tutto così all'improvviso. Io sono riuscito a scappare, a buttarmi sotto una catasta di legna".

"Un mio compagno - continua - è stato colpito alla gamba. Un altro al petto. Io urlavo, chiedevo aiuto. Ma nessuno poteva sentirci. C'erano delle macchine che passavano poco distante: come facevano a non vedere? Come facevano a non fermarsi - si chiede Kamal - ma nessuno si è fermato, nessuno ha chiamato la polizia. E quei ragazzi ridevano".

Kamal ha 25 anni, è marocchino di Casablanca, è arrivato da appena un mese nell'inferno della fabbrica della Rognetta. "Ma io mi sento italiano - dice - anche se sono un clandestino. Adesso io sto cercando di fermare la rabbia dei miei compagni. Ma la rabbia è davvero tanta. Perché molti hanno il permesso di soggiorno, si sentono più italiani di me. E non sono più disposti a sopportare".

 

La voce di Kamal non è isolata. Qualche altro compagno tenta di mediare. Ma la ferita del dicembre 2008 è ancora viva. Anche quella volta qualcuno sparò dentro la fabbrica dormitorio, due giovani ivoriani rimasero feriti gravemente. Anche quella volta scoppiò la protesta dei disperati della Rognetta. "Niente di quello che è stato promesso è mai arrivato", dicono i più duri del movimento che ha invaso nel giro di un'ora il centro di Rosarno.

Il fiume della protesta avanza con decisione. "È stata un'azione organizzata": le notizie corrono da un capo all'altro del paese ormai occupato. "In contemporanea hanno sparato alla fabbrica della Rognetta e all'ex Opera Sila", spiega Kamal. Ogni notizia che arriva dal passaparola in tante lingue rinfocola ancora di più la rabbia.

Altre vetrine spaccate, altre macchine distrutte. Kamal ha adesso preso coraggio. Quando già a Rosarno è buio e le squadre antisommossa di polizia e carabinieri presidiano le vie di accesso al paese si forma un piccolo comitato per la mediazione. In dieci vanno incontro ai funzionari di polizia. Chiedono garanzie. Chiedono protezione contro le scorribande.

"Ma i miei compagni sono ancora arrabbiati - dice Kamal - hanno paura. E io stesso questa notte non tornerò alla fabbrica. Perché è successo l'anno scorso, è successo oggi. E può succedere ancora". Kamal sussurra che vorrebbe andare via. "Non vale la pena rischiare la vita a raccogliere mandarini, per venticinque euro al giorno". Si ferma un attimo a pensare, poi dice: "Lo so che adesso daranno tutta la colpa a noi. E quei ragazzi che si divertivano a utilizzarci come tiro al bersaglio chissà dove sono a spassarsela".

Rosarno è devastata. "Io sono dispiaciuto - dice ancora Kamal - perché qui, in fondo, la gente non è razzista. E tanti volontari ci aiutano. Ma adesso |saranno esasperati anche tut|ti quelli che hanno subito dei danneggiamenti". Kamal dice che andrà via da Rosarno: "Io ho paura. Quei ragazzi che sparavano dalla macchina e ridevano non riesco proprio a dimenticarli".

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Da oltre vent'anni vengono nel nostro Paese per la raccolta delle arance

Quattordici ore di lavoro per 20 euro di cui 5 vanno al "caporale"

Costretti nei campi dalle mafie

E' la rivolta dei diseredati d'Italia

Dormono dove capita: tende, fabbriche abbandonate, casolari diroccati

Sono spesso oggetto di comportamenti razzisti e vittime della criminalità organizzatadi ATTILIO BOLZONI

Uno dei capannoni in disuso dove vivono gli extracomunitari a Rosarno

È LA rivolta degli ultimi, la rivolta dei neri che vagano per la nostra Italia. Quelli che si spostano sempre, che sono in movimento perenne. Stagione dopo stagione, mese dopo mese e campo dopo campo. Per raccogliere arance o uva, olive o pomodori. Vivono per la terra e vivono nella terra. Senza una casa, senza niente. A settembre erano in Sicilia, intorno alle vigne di Marsala.

A novembre erano in Puglia fra gli ulivi più belli del Mediterraneo. A primavera migreranno in Campania a spezzarsi la schiena negli orti. Oggi erano qui: nella Piana dove è padrona la mafia più feroce del mondo.

Sono ghaneani, sudanesi, ivoriani, senegalesi. Vengono dal Togo, dalla Mauritania, dal Congo. Ma da anni sono tutti 'italiani'. Per sopravvivere. Per resistere. Per sfamarsi. Ogni giorno riescono a prendere quasi 20 euro, per dodici anche quattordici ore piegati in due a raccogliere le arance più profumate della Penisola e i mandarini - le clementine - più dolci.

Dicono che sono tremila, qualche volta diventano quattromila e forse anche di più. A Rosarno i calabresi sono appena in quindicimila. Quasi il novanta per cento del popolo nero che si trasporta come gli animali in branco non ha ancora trent'anni. Sono uomini, solo uomini.

Gli ultimi sono ultimi perché non hanno mai avuto un tetto tutto per loro. Dormono nelle fabbriche abbandonate della Calabria degli sperperi e delle ruberie di mafia e di Stato. Scheletri in mezzo al nulla. Si accampano fra i pilastri arrugginiti di cemento sulla costa, nelle masserie, in riva al mare. Rosarno è come Castelvolturno. Come Campobello di Mazara. Come tutta l'Italia che hanno sempre conosciuto. Il campo e il sonno.

 

È dal 1992 che vengono in questa Piana quando la zagara, il fiore dell'arancio, stordisce con il suo profumo. Non hanno mai freddo e non hanno mai caldo. Non hanno mai un contratto. I 'caporalì li prendono all'alba sui furgoncini, come al mercato del bestiame scelgono i più forti. Ogni 20 euro guadagnati ce ne sono 5 per loro: per i soprastanti che li fanno lavorare. È il pizzo che si fanno pagare i miserabili. E poi loro, per tre o quattro settimane racimolano il loro gruzzolo per non morire.

Non hanno documenti, non hanno passato. Solo la giornata conta: la giornata nel giardino di aranci.

Quelli del Magreb hanno trovato sette case pericolanti fuori dal paese, sulla strada per San Ferdinando. I sudanesi stanno da un'altra parte, sotto un grande tendone dove hanno sistemato i sedili squarciati di vecchie auto e i copertoni di un camion come comodini. E i senegalesi stanno ancora più in là, vicino all'inceneritore, in uno stabilimento che un tempo raffinava l'olio d'oliva. "Io dormo qui", raccontava un anno fa Stephan, un ragazzino di vent'anni. Qui è l'oblò di un silos dove una volta conservavano l'olio. Un cilindro metallico dove Stephan ha portato tutta la sua vita: la coperta, un paio di scarpe, un corano, un fornello dove ogni tre o quattro sere riesce a far cuocere qualche pezzo di agnello e un pomodoro. Stephan non ha acqua. Stephan non ha un bagno. Ce ne sono tanti come lui acquartierati anche verso Gioia Tauro e il suo porto, altri si sono dispersi verso Rizziconi.

Tutti hanno visto per la prima volta l'Italia dagli scogli di Lampedusa. Imbarcati come merce ad Al Zuwara, nella Libia più vicina alla Sicilia. E sbarcati come clandestini in Europa. Ci sono i neri più fortunati, quelli che hanno trovato un capannone come tetto per la notte. Ogni capannone ha una scritta di vernice che ricorda il luogo di partenza di ogni gruppo: Dakar, Rabat, Fes, Mombasa. Nei capannoni i letti sono di cartone. Anche Yasser ha il suo letto di cartone fradicio. L'aveva in Puglia due mesi fa, ce l'ha qui a Rosarno. "Ci dormo poco", racconta. All'alba è già fra gli aranceti. E solo al tramonto torna nel capannone dove c'è la scritta Casablanca. E dice: "Vivo nella paura, la paura di far sapere alla mia famiglia come vivo qui in Europa".

È da quasi vent'anni che il popolo degli ultimi vaga di terra in terra per l'Italia. Nel silenzio, nell'indifferenza. Nessuno lo dice mai chiaramente ma sono le 'ndrine, le famiglie della mafia calabrese, che più di tutte succhiano il sangue agli ultimi. Le 'ndrine che hanno le arance, che hanno tutto nella Piana. I mafiosi li aspettano al passo, dopo Natale. Quando è tempo di raccolta.

© Riproduzione riservata (08 gennaio 2010)

 

 

 

 

 

2010-01-07

L'annuncio di Maroni e Alfano: a Reggio Calabria altri 6 magistrati e rinforzi alla polizia

Ad "Annozero" il video del 3 gennaio: uno dei due attentatori ha capelli lunghi e scarpe femminili

'Ndrangheta, la risposta del governo

Una donna nel commando dell'attentato

Un migliaio di cittadini alla fiaccolata di solidarietà per i magistratidi GIUSEPPE BALDESSARRO

Artificieri nel cortile dell'aula bunker di Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA - Altri sei magistrati e 121 uomini delle forze dell'ordine a Reggio Calabria, per contrastare la 'ndrangheta: "Lo Stato non si farà intimidire e la nostra reazione sarà forte", ha assicurato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al termine del vertice tenuto nel capoluogo calabrese, in prefettura, dopo l'attentato di domenica scorsa contro la Procura generale di Reggio. All'incontro hanno partecipato i ministri dell'Interno e della Giustizia, Maroni e Alfano. Maroni ha annunciato l'invio a partire da lunedì a Reggio Calabria di 121 uomini della polizia di Stato, dei carabinieri e della guardia di Finanza per "potenziare le strutture investigative" e il contrasto alla criminalità organizzata.

Intanto, in serata, la trasmissione Annozero su RaiDue ha mostrato per la prima volta il video con le immagini dell'attentato dello scorso 3 gennaio al palazzo di giustizia. Nel filmato si vede lo scooter, condotto probabilmente da una donna: la persona alla guida ha infatti i capelli lunghi e un paio di scarpe femminili. Seduto dietro, un uomo che scende e depone l'ordigno.

Quanto al vertice, il ministro Alfano ha detto che presto a Reggio Calabria arriveranno sei magistrati in più per la Procura generale e per la Procura della Repubblica. "Vogliamo garantire al procuratore della Repubblica Pignatone e al procuratore generale Di Landro - ha spiegato Alfano - le forze necessarie per combattere la 'ndrangheta".

"Stamattina - ha detto ancora il ministro Alfano - ho firmato il decreto per l'anticipato possesso di un nuovo pm da assegnare alla Procura della Repubblica. Altri tre magistrati saranno assegnati allo stesso ufficio successivamente. Potenzieremo poi la Procura generale con altri due magistrati che affiancheranno il procuratore Salvatore Di Landro nel suo difficile lavoro".

 

E intanto stamane a Reggio Calabria, poco prima del vertice in prefettura, è scattato un altro allarme bomba, per via deI ritrovamento di un ordigno esplosivo di tipo rudimentale nell'aula bunker del Tribunale. Tuttavia è stato poi accertato che si trattava di un grande petardo lanciato nella notte di Capodanno. Il dispositivo è stato ritrovato dentro l'ingresso di servizio del palazzo di viale Calabria, dove potrebbe essere stato inserito attraverso le sbarre del cancello. "Era un petardo inesploso, una notizia rassicurante, - ha confermato Maroni - ma che impone di migliorare le misure antintrusione perché non è accettabile che quel petardo sia finito là".

Il dispositivo - un cilindro avvolto in un nastro adesivo da pacchi - aveva una miccia lunga 16 centimetri, collegata ad una busta di plastica con all'interno della polvere pirica. Gli artificieri hanno acceso la miccia, ma il dispositivo non è esploso. Secondo i carabinieri del Comando provinciale di Reggio, l'oggetto era composto da tre raudi legati insieme a collegati con una miccia. Davanti all'aula bunker sarebbero stati trovati anche alcuni petardi esplosi delle stesse dimensioni di quelli trovati all'interno. Il materiale è ora sotto la custodia dei carabinieri.

A trovare l'ordigno sono state le guardie giurate in servizio. Il dispositivo potrebbe essere stato inserito nell'area di ingresso del Tribunale attraverso le sbarre del cancello, accanto al gabbiotto delle guardie giurate. Solitamente l'ingresso è sorvegliato solo tramite un sistema di videocamere. Gli inquirenti stanno prendendo visione dei filmati girati nei giorni scorsi, per cercare di individuare il momento in cui il dispositivo è penetrato nell'area protetta del palazzo. E' possibile che l'ordigno si trovasse lì già da alcuni giorni: il Tribunale, infatti, era rimasto chiuso per le festività natalizie dal 23 dicembre.

Come dimostra l'allarme di questa mattina, il clima di tensione a Reggio Calabria resta molto alto. Secondo quanto riporta il sito di informazione locale Newz.it, nella serata di ieri sono state ritrovate alcune bottiglie incendiarie di fronte a due esercizi commerciali, con un probabile collegamento al racket delle estorsioni. Sempre ieri era stata imbrattata con escrementi la targa davanti alla segreteria politica dell'ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris.

Ma è forte anche la solidarietà dei reggini con la magistratura: un migliaio di persone, stasera, hanno partecipato alla fiaccolata silenziosa intorno al vecchio palazzo di giustizia di Reggio Calabria, per testimoniare la solidarietà della città ai magistrati dopo l'esplosione della bomba di domenica scorsa. La manifestazione è stata organizzata da Cgil, Cisl e Uil, con l'adesione dell'Ugl.

Tra i partecipanti numerosi amministratori. "Fa piacere - ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Bova - vedere che tanta gente ha deciso di partecipare. E' il segno dell'impegno di una comunità che ripudia la 'ndrangheta e che reagisce con fermezza ad ogni forma di sopraffazione della malapianta mafiosa, che rappresenta per la nostra società un nemico paragonabile al terrorismo a livello internazionale".

© Riproduzione riservata (07 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Cronaca

 

 

 

 

 

 

A scatenare la rabbia degli extracomunitari il ferimento

di alcuni di loro oggetto di colpi di fucile ad aria compressa

Rosarno, immigrati in rivolta

centinaia di auto danneggiate

 

Alcuni immigrati

a Rosarno

ROSARNO - Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e rovesciati sull'asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. E' il bilancio di un pomeriggio di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la protesta di alcune centinaia di extracomunitari, lavoratori dell'agricoltura, accampati in condizioni disumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata. Risale a maggio dello scorso anno l'arresto di tre imprenditori, sempre a Rosarno, per "riduzione in schiavitù" di alcuni immigrati. A dicembre del 2008, invece, un episodio simile a quello di oggi: due giovani a bordo di un'auto spararono alcuni colpi di pistola contro due ragazzi africani di ritorno dai campi. Anche in qual caso gli extracomunitari reagirono con una violenta protesta.

A fare scoppiare la rivolta è stato il ferimento con un'arma ad aria compressa, da parte di un gruppo di sconosciuti, di alcuni cittadini extracomunitari. I feriti - tra i quali c'è anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno - non destano particolari preoccupazione, ma la volontà di reagire che covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura in condizioni ai limiti del sopportabile (e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell'Ex Opera Sila) non ci ha messo molto ad esplodere.

Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari in larga parte provenienti dall'Africa hanno invaso la strada statale che attraversa Rosarno mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali: dalle auto - in qualche caso anche con persone a bordo - alle abitazioni, ai cassonetti dell'immondizia. A nulla è valso l'intervento di polizia e carabinieri in assetto antisommossa, schierati di fronte ai più agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo.

In serata sono arrivati i rinforzi e si è tentata una trattativa per far rientrare la protesta. Anche la popolazione ha reagito e, in queste ore, alcuni giovani di Rosarno, circa un centinaio, stanno seguendo l'evolversi della situazione ad alcuni metri dalle forze dell'ordine. Sul posto tutti i dirigenti dei commissariati di Pubblica sicurezza e delle compagnie di carabinieri della Piana. Tra Rosarno, l'ex fabbrica in disuso, e Gioia Tauro, sono circa 1.500 gli extracomunitari che lavorano come manodopera nell'agricoltura.

(07 gennaio 2010

 

 

 

 

L'annuncio di Maroni e Alfano: a Reggio Calabria altri 6 magistrati e rinforzi alla polizia

Ad "Annozero" il video del 3 gennaio: uno dei due attentatori ha capelli lunghi e scarpe femminili

'Ndrangheta, la risposta del governo

Una donna nel commando dell'attentato

Un migliaio di cittadini alla fiaccolata di solidarietà per i magistratidi GIUSEPPE BALDESSARRO

Artificieri nel cortile dell'aula bunker di Reggio Calabria

REGGIO CALABRIA - Altri sei magistrati e 121 uomini delle forze dell'ordine a Reggio Calabria, per contrastare la 'ndrangheta: "Lo Stato non si farà intimidire e la nostra reazione sarà forte", ha assicurato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al termine del vertice tenuto nel capoluogo calabrese, in prefettura, dopo l'attentato di domenica scorsa contro la Procura generale di Reggio. All'incontro hanno partecipato i ministri dell'Interno e della Giustizia, Maroni e Alfano. Maroni ha annunciato l'invio a partire da lunedì a Reggio Calabria di 121 uomini della polizia di Stato, dei carabinieri e della guardia di Finanza per "potenziare le strutture investigative" e il contrasto alla criminalità organizzata.

Intanto, in serata, la trasmissione Annozero su RaiDue ha mostrato per la prima volta il video con le immagini dell'attentato dello scorso 3 gennaio al palazzo di giustizia. Nel filmato si vede lo scooter, condotto probabilmente da una donna: la persona alla guida ha infatti i capelli lunghi e un paio di scarpe femminili. Seduto dietro, un uomo che scende e depone l'ordigno.

Quanto al vertice, il ministro Alfano ha detto che presto a Reggio Calabria arriveranno sei magistrati in più per la Procura generale e per la Procura della Repubblica. "Vogliamo garantire al procuratore della Repubblica Pignatone e al procuratore generale Di Landro - ha spiegato Alfano - le forze necessarie per combattere la 'ndrangheta".

"Stamattina - ha detto ancora il ministro Alfano - ho firmato il decreto per l'anticipato possesso di un nuovo pm da assegnare alla Procura della Repubblica. Altri tre magistrati saranno assegnati allo stesso ufficio successivamente. Potenzieremo poi la Procura generale con altri due magistrati che affiancheranno il procuratore Salvatore Di Landro nel suo difficile lavoro".

 

E intanto stamane a Reggio Calabria, poco prima del vertice in prefettura, è scattato un altro allarme bomba, per via deI ritrovamento di un ordigno esplosivo di tipo rudimentale nell'aula bunker del Tribunale. Tuttavia è stato poi accertato che si trattava di un grande petardo lanciato nella notte di Capodanno. Il dispositivo è stato ritrovato dentro l'ingresso di servizio del palazzo di viale Calabria, dove potrebbe essere stato inserito attraverso le sbarre del cancello. "Era un petardo inesploso, una notizia rassicurante, - ha confermato Maroni - ma che impone di migliorare le misure antintrusione perché non è accettabile che quel petardo sia finito là".

Il dispositivo - un cilindro avvolto in un nastro adesivo da pacchi - aveva una miccia lunga 16 centimetri, collegata ad una busta di plastica con all'interno della polvere pirica. Gli artificieri hanno acceso la miccia, ma il dispositivo non è esploso. Secondo i carabinieri del Comando provinciale di Reggio, l'oggetto era composto da tre raudi legati insieme a collegati con una miccia. Davanti all'aula bunker sarebbero stati trovati anche alcuni petardi esplosi delle stesse dimensioni di quelli trovati all'interno. Il materiale è ora sotto la custodia dei carabinieri.

A trovare l'ordigno sono state le guardie giurate in servizio. Il dispositivo potrebbe essere stato inserito nell'area di ingresso del Tribunale attraverso le sbarre del cancello, accanto al gabbiotto delle guardie giurate. Solitamente l'ingresso è sorvegliato solo tramite un sistema di videocamere. Gli inquirenti stanno prendendo visione dei filmati girati nei giorni scorsi, per cercare di individuare il momento in cui il dispositivo è penetrato nell'area protetta del palazzo. E' possibile che l'ordigno si trovasse lì già da alcuni giorni: il Tribunale, infatti, era rimasto chiuso per le festività natalizie dal 23 dicembre.

Come dimostra l'allarme di questa mattina, il clima di tensione a Reggio Calabria resta molto alto. Secondo quanto riporta il sito di informazione locale Newz.it, nella serata di ieri sono state ritrovate alcune bottiglie incendiarie di fronte a due esercizi commerciali, con un probabile collegamento al racket delle estorsioni. Sempre ieri era stata imbrattata con escrementi la targa davanti alla segreteria politica dell'ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris.

Ma è forte anche la solidarietà dei reggini con la magistratura: un migliaio di persone, stasera, hanno partecipato alla fiaccolata silenziosa intorno al vecchio palazzo di giustizia di Reggio Calabria, per testimoniare la solidarietà della città ai magistrati dopo l'esplosione della bomba di domenica scorsa. La manifestazione è stata organizzata da Cgil, Cisl e Uil, con l'adesione dell'Ugl.

Tra i partecipanti numerosi amministratori. "Fa piacere - ha sottolineato il presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Bova - vedere che tanta gente ha deciso di partecipare. E' il segno dell'impegno di una comunità che ripudia la 'ndrangheta e che reagisce con fermezza ad ogni forma di sopraffazione della malapianta mafiosa, che rappresenta per la nostra società un nemico paragonabile al terrorismo a livello internazionale".

© Riproduzione riservata (07 gennaio 2010)

 

 

 

Viaggio nella baraccopoli tra i raccoglitori di agrumi, sfruttati

per 12 ore al giorno per 20 euro. E si pagano pure il trasporto

Nel rifugio-lager di Rosarno

"Viviamo tra i topi e la paura"

Per i lavoratori nessun contatto con le istituzioni. Unici interlocutori i medici di MSF

dal nostro inviato CARLO CIAVONI

Nel rifugio-lager di Rosarno "Viviamo tra i topi e la paura"

ROSARNO (Reggio Calabria)- I sopravvissuti alle odissee che hanno dovuto affrontare per arrivare fin qui, in fuga da paesi in guerra o stremati da ingiustizie e povertà, derubati e minacciati dalla teppa internazionale che governa il traffico dell'emigrazione africana, ora sono qui. Alloggiano alla "Rognetta", dentro baracche di cartone e bambù, nell'ex deposito alimentare diroccato, senza neache il tetto, in pieno centro di Rosarno - paese commissariato per infiltrazioni mafiose - a poche decine di metri dalla scuola elementare, in mezzo al fango, ai topi e a una carcassa di montone, sgozzato qualche giorno fa da un macellaio magrebino.

Sono qui a centinaia, tutti giovani dell'Africa sud sahariana e magrebini solo perché, in questo periodo dell'anno, sono la mano d'opera più ambita nella zona, dove è tempo di raccolta di agrumi. Ogni mattina i pullmini dei caporali si presentano davanti alla "Rognetta", o nell'ex cartiera abbandonata di S. Ferdinando (paese vicino, anche questo commissariato) dove vivono assiepati come maiali da macello più di settecento persone, in condizioni igieniche spaventose dentro baracche puzzolenti, due metri per tre, con quattro, cinque o sei letti.

Ognuno di loro, a parte le revolverate di qualche cittadino locale, ha finora imparato a conoscere il nostro Paese senza mai incontrare neanche un rappresentante delle pubbliche istituzioni. Gli unici presenti sul posto sono quelli di Medici Senza Frontiere (MSF), qui da settembre con un presidio sanitario d'emergenza, identico a quelli che sono abituati ad allestire in tutto il mondo nelle zone più difficili, impervie e pericolose, come lo Zimbawe, il Mianmar, il Nord Kivu, il Darfur. Distribuiscono sacchi a pelo e garantiscono l'assistenza sanitaria a gente che letteralmente non ha più nulla, se non le braccia per lavorare fino a 12 ore al giorno per 20 euro, in mezzo ai campi di arance, dove per arrivarci devono anche pagare il trasporto: due euro e mezzo all'andata e altrettanto per il ritorno.

"Le patologie più frequenti - dice Saverio Bellizzi, un giovane medico di MSF, ematologo, ma già con lunga esperienza sul campo in Vietnam - sono le difficoltà di respirazione, dovute al freddo, ma soprattutto al fumo prodotto dal fuoco che accendono nel capannone, tra le baracche di cartone, per cucinare e riscaldarsi". Diffusi anche problemi di depressione: "Molti di loro - dice Cristina Falconi, responsabile del progetto MSF nella zona - vicono questo degrado come una sconfitta dalla quale non si riprenderanno più. quando telefonano a casa dicono che va tutto bene e sono proprio queste bugie che dicono anche a se stessi, a renderli ancor più tristi".

"Se venite in Ghana, nel mio paese, siate certi che non vi tratteremmo così" dice con orgoglio Edward, 27 anni, di Accra, che si elegge a portavoce. "Se ci devono far vivere come animali in gabbia, tra i topi e la paura della gente che fuori di qui ci spara pure addosso, perché ci chiamano per raccogliere le arance? Si decidano: o serviamo, e allora vorremmo essere trattati un po' meglio e lavorare dignitosamente, oppure ce ne torniamo nei nostri paesi. Qui non ha più senso stare".

(13 dicembre 2008) Tutti gli articoli di cronaca

 

 

 

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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http://www.unita.it

2010-01-12

 

 

 

 

 

2010-01-11

Rosarno, Napolitano in Calabria il 21 gennaio

Legalità e solidarietà da ristabilire in Calabria, perché il razzismo è una malattia contagiosa e lo sfruttamento è una realtà. Sembrano andare nella stessa direzione le parole del Presidente della Repubblica e il monito lanciato dall'Osservatore Romano. Giorgio Napolitano sarà il 21 gennaio a Reggio Calabria proprio per riaffermare i valori "di legalità e solidarietà oscurati dai gravi fatti di Rosarno", come annuncia una nota del Quirinale. Napolitano ha accolto l'invito del ministro dell'Istruzione Gelmini, a partecipare alla Giornata della Legalità-"Insieme per non dimenticare" promossa quest'anno dalle Consulte Provinciali degli Studenti della Calabria il prossimo 21 gennaio a Reggio Calabria. Sarà l'occasione per rinnovare l'impegno comune, sempre ribadito dal Presidente della Repubblica, per l'affermazione dei valori che devono unire invece che dividere dopo i gravi fatti di Rosarno.

Tono più duro è quello che si può leggere su il quotidiano del Vaticano, che ripercorre i non semplici rapporti con le altre culture dalle esperienze colonia a oggi. Una articolata disamina sugli "italiani e il razzismo" della saggista Giulia Galeotti dal titolo evocativo: "Tammurriata nera" nella quale si afferma che "oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato". Anche se la stampa non enfatizza, si legge ancora, "un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il "diverso" s'è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto".

La stessa "doppia appartenenza è sembrata, e continua a sembrare, una minaccia ulteriore. - scrive ancora il giornale vaticano - in questo, davvero a nulla è servito l'esempio americano: l'Obama-mania che imperversa trasversalmente, dalla politica all'arte, dallo stile al linguaggio, non ha invece fatto breccia alcuna nel dimostrare il valore dell'incontro tra razze diverse".

"Oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato", si legge nell'articolo. Galeotti non guarda tanto a situazioni estreme come quella di Rosarno che, anzi, non cita neanche, ma ai cori razzisti degli stadi e a tanti piccoli episodi quotidiani che non sempre balzano agli onori delle cronache. Buona eccezione, nella Napoli del 1945, l'autore della canzone "Tammurriata nera", in cui si narra la vicenda di una giovane partenopea che aveva dato alla luce un bambino di colore: "Poco importa se sia bianca o nera - dice il ritornello della canzone che dà il titolo all'articolo - rimane sempre una creatura". "Oggi, invece - conclude il giornale - siamo ancora all'odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto".

11 gennaio 2010

 

 

 

Ora tocca ai romeni. L'ordine delle 'ndrine: "Via chi non ci serve"

di Gianluca Ursinitutti gli articoli dell'autore

Non ci servite più. E adesso ve ne potete andare. Questo il messaggio che le ’ndrine hanno voluto dare ai braccianti": ossia i meno docili, ma trattati in maniera più disumana. E che alla fine si sarebbero ribellati. Sergio Genco coordina la Cgil calabrese e sui motivi della "seconda rivolta" dei migranti di Rosarno ha idee chiare. Il mercato di arance e clementine è asfittico, i prezzi sono crollati, molti piccoli produttori lasceranno marcire i frutti sui rami pur di non affrontare i costi della manodopera alla raccolta, e i rosarnesi e le cosche infiltrate nel mediazione tra produttore e consumatore non volevano più la massa di lavoratori irregolari, oltre 1200, deportati tra sabato e domenica dai "lager" Rognetta, Opera sila e Colline di Rizziconi.

"I clementini? Per me sui rami possono marcire! Ma almeno non mi devo vedere tutti questi neri tra i piedi!"; il signor Giovinazzo abita in contrada Bosco, dove i braccianti inferociti della ex Opera Sila giovedì sera hanno dato alle fiamme la vettura della 31enne Antonella Bruzzese, picchiandola e intimidendo i suoi due figli di 10 e 2 anni,e scatenando così la più violenta delle ritorsioni rosarnesi di questi giorni.

Allo "Spartimento" il quadrivio <CS9.6>tra Statale 18 e la poderale per il mega Inceneritore della Piana, per giorni gli abitanti del posto hanno atteso al passo con le mazze i migranti uscissero in fuga per vendicarsi. Ma molti di loro prima impiegavano gli immigrati nei loro "giardini", come i calabresi chiamano i fondi agricoli. Ma da un paio d’anni a questa parte, non più.

Da quando la politica agricola dell’unione europea è cambiata con l’ingresso di Romania e Bulgaria, mutando il sistema dei rimborsi per gli agrumeti. "All’agricoltore calabrese, come in tutto il Meridione, paradossalmente entrano più soldi in tasca a lasciare i frutti marcire,che a farli raccogliere dagli intermediari che li destinano alle industrie della trasformazione insucchi e marmellate – spiega Antonino Calogero, un sindacalista di Gioja Tauro che studia la filiera produttiva degli agrumi da decenni – i prezzi sono crollati a 6 centesimi al chilo per le arance". Più remunerative le clementine, i mandarini della Piana: ben 10 centesimi per chilo raccolto "sulla pianta".

L’associazione di categoria Coldiretti precisa che il prezzo delle arance dall’albero alla nostra tavola subisce una moltiplicazione del 474 percento. Cifre folli, e con un prezzo indicato dai rappresentanti degli agricoltori che non rispecchiano nemmeno i reali prezzi contrattati al mattino dai contadini con i capibastone che acquistano per le ’ndrine locali, padrone del settore. Per Coldiretti il prezzo delle arance è 27 centesimi al chilo per il frutto da tavola. I "purtualli" (per un calabrese) destinati al succo di frutta non vengono pagati più di 6 centesimi al chilo. "I rimborsi Ue con il nuovo sistema comunitario, garantiscono una resa maggiore per ettaro" spiega Calogero. prima si pagava l’agricoltore per i quintali prodotti dai fondi, certificati dalla Regione; ora i soldi vengono rifondati a seconda degli ettari di terra posseduti, e dichiara di aver coltivato; se lamenta invenduto si consola con gli euro di Bruxelles. Se consideriamo che anche pagando in nero i braccianti 20 euro algiorno, per cassetta di arance raccolte il costo di raccolta non scende sotto gli 8centesimi. Raccogliere è un gioco al ribasso.

Ecco perché i migranti di Rosarno erano diventati un peso. "Ai pochi che ancora volessero raccogliere i frutti, o i grandi possidenti che su tonnellate di prodotto raccolto, hanno ancora un utile, bastano e avanzano i rumeni, ucraini bulgari e maghrebini residenti in città, quasi tutti in case in affitto" - spiega Pino, un ex bracciante alla "Casa del popolo Valarioti", nel centro città. Era già così l’anno scorso; chi si fosse avventurato sulla statale 18 alle 6 del mattino con Gabriele Del Grande, il blogger di "Fortress Europe" e studioso della migrazione, avrebbe passato una mattinata insieme a ragazzi maliani, burkinabè e senegalesi che aspettavano invano agli angoli delle strade perché le porte dei furgoncini dei "capi neri" (come i migranti chiamavano i caporali del primo livello, gli sfruttatori extracomunitari, unici a poter trattare prezzi e disponibilità di giornata con i caporali calabresi) si aprissero per portarli a lavorare. Già nell’inverno 2009 i "neri" non erano più graditi dopo aver osato manifestare contro la ’ndrina per le strade rosarnesi nel dicembre 2008.

11 gennaio 2010

 

 

 

Epifani: "A Rosarno non deve morire il sogno di un'Italia giusta"

di Rinaldo Gianolatutti gli articoli dell'autore

A Rosarno gli italiani sparano contro i lavoratori stranieri. È una tragedia non solo per chi vive direttamente questi fatti, ma per il Paese: perdiamo la capacità di vivere insieme, di comprendere i problemi degli altri, di rispettare le diversità, i diritti, i nostri valori. Guglielmo Epifani, leader della Cgil, commenta amaramente le notizie che arrivano dalla Calabria.

Si aspettava questa esplosione di violenza?

"Purtroppo è la conferma di una situazione molto grave che noi avevamo denunciato. Questo dramma è la somma di più elementi. Primo: un insostenibile assetto legislativo, la Bossi-Fini, in cui oggi è più facile restare clandestino che essere regolarizzati. Secondo: le condizioni di vita insostenibili in cui sono costretti i lavoratori migranti nelle campagne del Sud, questo è schiavismo. Terzo: il caso di Rosarno dimostra l’assenza di una volontà politica di risolvere i problemi,si lasciano scoppiare piuttosto che affrontarli quando sarebbe più facile".

Il ministro Maroni parla di eccessiva tolleranza verso i clandestini.

"È un’affermazione infelice e disumana. La sua analisi è sbagliata. A Rosarno è la criminalità che favorisce la clandestinità, non il contrario. Sono zone ad altissima densità mafiosa, dove il governo del mercato del lavoro è esercitato con metodi malavitosi. Non si può intervenire solo come si fa oggi spostando i lavoratori da un’altra parte senza distiguere tra chi è clandestino, chi ha il permesso di soggiorno e chi non ce l’ha perchè ha perso il lavoro".

Ma c’è un problema di ordine pubblico, di sicurezza dei cittadini.

"Non sono un buonista: la lotta alla criminalità e la sicurezza dei cittadini sono sacrosante. Ma spostare qualche centinaio di immigrati non risolve il problema, domani si ricomincia se non si cambia. Perchè chi prende 20 euro al giorno, 600 euro al mese quando va bene ed è costretto a vivere senza casa, in emergenza igienico-sanitaria, senza diritti, sentirà prima o poi la necessità di ribellarsi. Tali tensioni generano rivalse, ritorsioni tra la popolazione, spesso alimentate e governate da interessi malavitosi".

La rivolta di Rosarno è coincisa con le quote Gelmini del 30% degli studenti stranieri nelle classi. Una coincidenza curiosa, almeno.

"Non è casuale. È il segno del degrado della vita civile, del governo, della cultura. C’è un unico filo che lega il giudizio di Maroni sugli immigrati, le quote della Gelmini e le parole del leghista Cota. L’immigrazione e il lavoro devono essere affrontati in una dimensione morale, non ideologica. Gli immigrati sono sfruttati in condizioni disumane e quando non servono più si buttano via e si massacrano per strada, così non va".

Come se ne esce?

"Vedo solo una risposta: se ne esce con l’umanità e la razionalità, affrontando i problemi, garantendo un minimo di diritti a chi viene qui a lavorare e viene sfruttato ogni giorno. Vogliamo iniziare a risolvere questi drammi? Decidiamo che ai lavoratori dei campi sia garantito un minimo retributivo e contributivo, rendiamo trasparente il mercato del lavoro in agricoltura liberandolo dai caporali e dalla malavita".

Perchè questo governo non ascolta almeno la Chiesa?

"Il governo ha un atteggiamento schizofrenico: in alcuni campi, penso alle questioni bioetiche, segue la linea della Chiesa, mentre su altri problemi, come la difesa del lavoro e i diritti degli immigrati, fa l’opposto. La verità è che il governo rispeccia il deterioramento dei valori, favorisce una società che tende a richiudersi e a dividersi. In più è forte l’egemonia leghista che impone la chiusura di ogni spazio di tolleranza verso gli immigrati. Gli attacchi della Lega alla Chiesa, al cardinale Tettamanzi non sono casuali".

La sensazione, all’inizio del 2010, è che l’Italia viva un decadimento culturale, di valori, un clima in cui prevalgono l’individualismo e l’aspirazione all’arricchimento.

"Questa è la realtà. Ma dobbiamo reagire al decadimento, non dobbiamo rassegnarci. Viviamo i riflessi del declino del Paese e dei suoi gravi problemi economici e sociali, abbiamo perso il nostro ruolo in Europa e nel contesto internazionale. Nella società cresce l’egoismo, i più ricchi sono tutelati mentre c’è l’abbandono dei più poveri. Parole come solidarietà, diritti, uguaglianza sono vissute come una minaccia da alcuni. Lo avvertiamo anche nel sindacato: c’è il rischio di corporativismo tra chi ha il posto e chi lo perde, tra italiani e immigrati".

Quali rischi vede oggi?

"Mi rammarica e mi fa paura le perdita della memoria. In questi giorni è stato pubblicato un volume che ricorda l’eccidio di otto lavoratori italiani in Francia, nell’Ottocento, quando noi eravamo stranieri. Possibile che ci siamo dimenticati tutto: chi siamo, da dove veniamo, i sacrifici e le lotte dei nostri padri? Ci vorrebbe un soprassalto ideale, morale delle forze politiche, trovare un metodo unitario per guardare in faccia i problemi. Possibile che non si parli più di povertà? Non sono questioni solo del sindacato. L’Italia è davanti a prospettive molto dure: la crisi cambierà l’impresa manifatturiera, sconvolgerà il destino di molte comunità, scompariranno attività e lavori. Stiamo già vedendo la desertificazione industriale del Sud: il distretto del divano, Termini Imerese, Alcoa...".

L’agenda di Berlusconi prevede giustizia, fisco, riforme istituzionali.

"Berlusconi si occupa di molte cose, ma non delle questioni sociali prioritarie. E anche sul fisco vuole fare un po’ di propaganda, alzare il polverone in vista delle elezioni per garantire un certo blocco sociale. Se ne parla e non si fa nulla, se fosse ridotto il peso del fisco su salari e pensioni noi saremmo i primi a condividere. Invece lavoratori e pensionati sono quelli che pagano di più".

Come giudica l’opposizione?

"Il pd è ancora in fase di riorganizzazione, ha evidenti difficoltà. Non sono stati risolti i problemi gravi aperti con la caduta del governo Prodi. C’è una grande debolezza e una profonda divisione, prevale l’attenzione al particolare invece che al generale, continua la frantumazione in gruppi, con un gusto per la divisione sempre più forte. La vicenda delle candidature alle elezioni regionali è la spia di questo malessere"

Bersani?

"Bersani tiene bene il profilo del partito sulle questioni sociali e sulle riforme, ma ci sono troppi sospetti e divisioni anche tra chi gli è vicino. Ha detto parole giuste e coraggiose sull’immigrazione. La democrazia del Paese ha bisogno di un’opposizione forte, decisa, che faccia valere il suo punto di vista. La strada è lunga e difficile".

Nel Lazio si affrontano due donne, cosa ne pensa?

"Se saranno confermate le candidature della Bonino e della Polverini sarà una bella novità, un duello emblematico. Dico subito che ci sono cose che mi dividono da Emma Bonino, ma è una candidata straordinaria, che rappresenta la miglior tradizione del movimento radicale, dei diritti civili, con un forte radicamento in Europa. Potrebbe fare un bel lavoro sulla sanità, la trasparenza, la lotta alla corruzione, nelle politiche ambientali e dell’accoglienza.".

E la Polverini?

"Ha fatto cose importanti in un sindacato che era solo una costola della destra. È una persona capace. Potrei, se mi è consentito, suggerirle di stare attenta a una parte delle sue compagnie perchè c’è chi ha contribuito allo sfascio della sanità nel Lazio, e a qualche figura dell’ultradestra. Attorno alla Polverini vedo già molti pronti ad arraffare quote di potere".

Epifani, lei ha una formazione socialista. Cosa pensa delle polemiche attorno alla figura di Craxi?

"Pensavo che dopo dieci anni si potesse discutere serenamente anche su Craxi. Mi sbagliavo, è ancora troppo presto. Certo mi sorprende che in questo Paese nessuno muova un dito se Brunetta dichiara di voler abolire il primo articolo della Costituzione e invece si scateni un putiferio su un personaggio politico scomparso dieci anni fa".

Allora dica cosa pensa lei di Craxi.

"Craxi è stato un grande leader politico nella storia italiana del Novecento. Ma è stato tante cose: discepolo di Nenni, difensore dell’autonomia socialista, della socialdemocrazia quando erano in pochi a farlo, è stato l’uomo che ha rinsaldato la cultura socialista sul ceppo garibaldino-mazziniano. Ha sempre cercato di liberarsi dal dualismo tra dc e pci, usando tanti mezzi, anche illeciti e spregiudicati, porta pure lui la responsabilità di non aver agito per modificare quel sistema. Mi rimane il dubbio se si sia arricchito personalmente. Craxi è stato un protagonista delle occasioni mancate. Forse nel dialogo a sinistra, col pci, poteva fare di più, ma erano anni difficili, lo scontro era duro. Il mancato incontro tra quelle culture politiche, tuttavia, lo stiamo pagando ancora oggi".

10 gennaio 2010 Calabria, adesso è il momento del coragggio

di Giuseppe A. Veltritutti gli articoli dell'autore

Gli eventi di Rosarno possono sconvolgere un lettore che non sia al corrente dell’attuale situazione della Calabria, ma non sorprendono chi conosce la realtà di una regione caduta in una profonda crisi sociale ed economica. Il parastato rappresentato dalla criminalità organizzata ha mostrato il modo in cui intende regolare il fenomeno immigrazione, con sfruttamento e intimidazione, senza l’ostacolo della vasta maggioranza dei cittadini calabresi. Questi cittadini vivono una grossa contraddizione: se da un lato chiedono l’intervento dello stato contro il sottosviluppo economico e il crimine organizzato, dall’altro hanno chiuso gli occhi verso la politica locale che non si è quasi mai fatta carico dei problemi reali della Calabria.

Una politica completamente prosciugata da ogni spinta ideale e ridotta a mera amministrazione e spartizione delle risorse pubbliche. Casi come quello della senatrice Napoli sono sempre più rari, la politica nazionale e locale ha rinunciato a tentare di migliorare la società calabrese. Appare incredibile come le cosiddette forze progressiste non aiutino o interagiscano con i pochi movimenti anti criminalità organizzata, come "Libera" o "Ammazzateci Tutti", non intervengano sulla corruzione e infiltrazione mafiosa nella cosa pubblica.

I cittadini calabresi sono da anni stretti in una morsa feroce tra ’ndragheta e politica corrotta, eppure nessun fallimento clamoroso, vedi casi nella sanità calabrese o la gestione del territorio tra frane e discariche tossiche abusive, ha dato loro la forza di reagire. Un pericoloso miscuglio di paura e negazione dell’evidente non permette di capire che il disastro è dietro l’angolo, l’emigrazione è tornata ai livelli degli anni ’50 o che le responsabilità delle amministrazioni locali ormai quasi bilanciano quelle dello stato centrale. Quale amministrazione comunale, provinciale e regionale calabrese può seriamente dire di non essere a conoscenza dei problemi del territorio? Quante iniziative forti hanno mai intrapreso? Quale battaglia di civiltà hanno posto come fulcro della loro azione politica?

Tra poco, il 17 Gennaio, si terranno le primarie del Pd. I candidati non avranno una migliore occasione per dire quali saranno le loro iniziative concrete contro la criminalità organizzata. Il timore è quello che anche questo esercizio di democrazia sia svuotato da una politica senza coraggio che ha rinunciato a trasformare la realtà calabrese e si è resa complice del suo abbrutimento.

www.giuseppeveltri.it

11 gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

Uomini in fuga

di Livia Turcotutti gli articoli dell'autore

Di fronte alle immagini degli uomini che lasciano Rosarno con le loro poche cose, che confessano di non avere i soldi per il treno e di non conoscere la lingua italiana, che vanno a Livorno, Napoli o Bari, la domanda è: che ne sarà di loro e cosa faranno? Molti sono regolari ed altri richiedenti asilo. Altri sono irregolari seppure in Italia da molti anni. Sono vittime di quel male antico che negli ultimi tempi si è rafforzato che è lo sfruttamento del lavoro, tanto più spietato quando può avvalersi di persone vulnerabili che fuggono dalla fame e dalla guerra, disponibili a qualunque lavoro, prive di permesso di soggiorno. Questa del resto è la condizione per esercitare la schiavitù. Bisogna liberare gli schiavi dai caporali ma bisogna anche combattere la guerra contro il lavoro nero e sommerso, l’unico in cui si scatena la guerra tra poveri, perché lo sfruttamento degli immigrati abbassa le tutele dei lavoratori italiani e li rende concorrenti nella ricerca di un posto di lavoro. Il Governo dovrebbe adottare subito un provvedimento mirato di regolarizzazione del lavoro agricolo, analogo a quello assunto per il lavoro domestico e contemporaneamente applicare la direttiva europea che prevede una severa sanzione nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (direttiva del 18 giugno 2009). Gli immigrati sono parte essenziale della nostra agricoltura.

Le loro braccia, la loro disponibilità a sopportare il caldo più afoso e il freddo più pungente, le loro abilità, le loro giornate senza tempo passate nelle stalle padane (dove ci sono i pachistani, gli indiani, gli albanesi, i macedoni, i marocchini e i tunisini non i padani... con buona pace di Bossi e Maroni), il pascolo sulle montagne, sono l’altra faccia dell’agricoltura moderna la quale si fermerebbe se non ci fossero loro. Perché nessun italiano, anche se disoccupato, è disponibile a questo tipo di lavoro e di vita. Gli immigrati sono indispensabili alle aziende agricole ma subiscono la farraginosità della normativa sull’ingresso per lavoro. Si sono così sedimentate nel tempo, in alcune parti d’Italia, sacche di irregolarità che deve essere assorbita.

L’irregolarità è alimentata anche dalla legge Bossi-Fini e dalla politica del Governo che ha chiuso le vie legali dell’immigrazione e ha cancellato il Fondo Nazionale per le politiche di integrazione. Prosciugare i bacini della schiavitù e del lavoro irregolare; promuovere l’ingresso regolare per lavoro; combattere il degrado urbano e sociale che si concentra in alcune realtà del nostro Paese; promuovere, finalmente, un piano nazionale per l’integrazione: sono questi i provvedimenti che il Governo dovrebbe adottare subito. Con una premessa che è la priorità assoluta, quella su cui si misura il senso di responsabilità e la capacità di promuovere il bene comune da parte di una classe dirigente: non si usi più l’immigrazione a fini elettorali. Si smetta di agitare degli spauracchi che non corrispondono alla realtà come quella degli immigrati che rubano il lavoro agli italiani o dei bambini stranieri che rallentano la crescita culturale dei nostri figli.

Si smetta di raccontare una Italia che non c’è e si racconti invece l’Italia nuova che sta crescendo nel profondo dei territori, dei comuni, delle aziende, delle scuole e delle famiglie. Che è l’Italia della convivenza.

11 gennaio 2010

 

 

 

 

Rosarno in corteo: "Non siamo razzisti"

Quel che resta di Rosarno scende in piazza. Gli immigrati oramai sono solo presenze sparute, fantasmi. Sfilano in testa al corteo che avanza per le stesse strade in cui fino a ieri era "caccia al nero", da piazza Calvario per le strade principali. Un corteo per dire: "Non siamo razzisti". Piuttosto: "Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media", come recita lo striscione in testa: "Venti anni di convivenza non sono razzismo".

Le serrande si abbassano al passare dei manifestanti in segno di lutto. E la condanna per chi ha scatenato la "caccia al nero", sparando sugli immigrati dell'ex Opera Sila diventa una parola d'ordine. "Le nostre aziende non possono fare a meno delle loro braccia", dice una signora. "Ma dopo la violenza che hanno sfogato sul paese non potevano più rimanere", storce la bocca un giovane che pure dice di essere lì come gli altri per testimoniare che Rosarno non è razzista.

11 gennaio 2010

 

 

 

 

2010-01-09

Il nuovo schiavismo che ha cambiato il mondo del lavoro nel Sud d’Italia

di Alessandro Leograndetutti gli articoli dell'autore

I braccianti africani che sono esplosi di rabbia contro l'ennesima aggressione subita sono i figli del nuovo schiavismo che si è diffuso come una "mala pianta" nelle regioni meridionali. Costretti a lavorare per pochi euro, sotto il sole cocente d'estate e sotto il freddo pungente d'inverno, i duemila di Rosarno non sono marziani sbucati all'improvviso, sono solo la punta dell'iceberg del nuovo mondo bracciantile dell'Italia meridionale. Un mondo bracciantile che, quando il lavoro si fa più duro, oltrepassando il sottosalario e raggiungendo forme paraschiavistiche che si fondano sul controllo dell'uomo sull'uomo, vede scomparire dal suo interno gli italiani. n genere la violenza rurale si scaglia contro i braccianti senza che nessuno dica niente o alzi un dito. A Rosarno, oltre vent'anni dopo le manifestazioni seguite all'uccisione di un altro bracciante, Jerry Masslo, per la prima volta "i dannati della terra" si sono ribellati in forme dure.

La loro rivolta ci dice un paio di cose. Innanzitutto che il grave sfruttamento lavorativo di migliaia di africani ed est-europei nelle nostre campagne ha prodotto un crescente imbarbarimento delle relazioni di lavoro e dei rapporti tra italiani e stranieri, un'involuzione delle stesse imprese che dovrebbero produrre in modi radicalmente diversi. Il neoschiavismo ha alimentato un razzismo crescente: è come se si fosse inverato il teorema secondo cui "se sei un lavoratore schiavizzato, prima o poi smetterò di considerarti come un uomo". E se ti ribelli, ti darò la caccia...

In secondo luogo, la rivolta ci dice che abbiamo oltrepassato il punto di rottura. Maroni ha detto che "è stata tollerata una immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazioni di forte degrado". È accaduto esattamente il contrario: gli immigrati irregolari (o i regolari con la paura di tornare a essere irregolari nel momento in cui non viene loro rinnovato il contratto di lavoro) sono diventati soggetti oltremodo vulnerabili di fronte allo sfruttamento. Se denunciano il proprio caporale, sono loro a finire in un Cie, non il loro aguzzino. Di fronte a questo paradosso che si riproduce identico nella vita di migliaia di uomini e donne, bisogna ritornare a parlare di regolarizzazione dei lavoratori "clandestini", che in alcuni settori – come appunto l'agricoltura al Sud – costituiscono la base della forza lavoro. Per una singolare coincidenza, la rivolta di Rosarno è esplosa negli stessi giorni in cui si discute della necessità o meno di uno sciopero degli stranieri. Se i nuovi braccianti non troveranno altri canali efficaci per far sentire la loro voce, queste situazioni si riprodurranno a catena.

09 gennaio 2010

 

 

 

La vita infame dei "neri" nella terra dei caporali

di Marco Rovellitutti gli articoli dell'autore

La rivolta di Rosarno non desta alcuna sorpresa. È una conseguenza naturale entro una catena di eventi. Una presa di parola di esseri muti e invisibili, naturale e giusta. I braccianti in rivolta a Rosarno sono i soggetti più sfruttati, vero e proprio sottoproletariato moderno, e si rivoltano contro condizioni di vita intollerabili e vessazioni continue – e quando la rabbia esplode, allora non c'è più spazio per la gentilezza.

Occorrerebbe pensarci prima: ma nessuno ha voluto vedere, anche se tutto era già evidente. Sono stato a Rosarno tre anni fa, avevo parlato con molti di quei braccianti, ero entrato nei luoghi dove dormono – se si può dire "entrare" in relazione a capannoni semi-diroccati e con coperture precarie. Mi raccontarono di italiani che entravano nel piazzale della vecchia cartiera di via Spinoza a pistole spianate, e sparavano colpi in aria o ad altezza d'uomo. Racconti di brccianti africani rapinati dei loro pochi averi, o lasciati come morti sui bordi della strada, aggressioni diurne e notturne, sia in paese che fuori. "Noi rispettiamo gli italiani ma loro ci trattano come animali", dice uno di loro in un video che si trova su youtube, girato in quella cartiera, spettrale terra desolata, all'indomani dell'incendio della scorsa estate. Anni di vessazioni finalizzate a tenerli al loro posto – che poi è il posto dei servi. Si trattava, dunque, di vedere quale sarebbe stata la scintilla nella polveriera. E la scintilla è arrivata.

Nei braccianti della piana di Gioia Tauro mi si è reso visibile, incarnato, il doppio ruolo del migrante: da una parte macchina produttiva sfruttabile in quanto ricattabile (e la maggior parte di loro sono clandestini, dunque l'apice della ricattabilità), dall'altra capro espiatorio da perseguitare, su cui scaricare le tensioni irrisolte della società. A Rosarno i braccianti subsahariani sono l'ultimo anello di una catena di sfruttamento, che su di loro si riversa. 25 euro a giornata, con 5 euro da dare al caporale: è così anche per esteuropei e maghrebini, ma i subsahariani sono quelli – per la loro nerezza – meno voluti, quindi sono i primi a soffrire la crisi e fanno più fatica a trovare il lavoro a giornata.

Braccia macchinali senza diritti né identità, che all'ennesimo sparo decidono di prendersi le strade, e uscire dal margine – con la furia di chi deve vivere nascosto e ha sempre gli occhi bassi e la schiena china sulla terra. Senza di loro, arance e mandarini marcirebbero sulle terre di piccoli agricoltori e latifondisti, devastando una terra già devastata dal dominio criminale. A Rosarno ci sono una ventina di 'ndrine, è cosa nota, com'è noto che la famiglia Pesce, la cosca più potente, ha pagato l'impianto di condizionamento della chiesa parrocchiale.

Le cosche si sono arricchite col traffico di droga e armi, hanno reinvestito in attività immobiliari e finanza, e sono diventate i nuovi baroni, comprando terre a prezzi imposti grazie alla forza e alle minacce, e gestendo il mercato degli agrumi. Questo predominio ha determinato una crisi economica generalizzata sul territorio, e perciò si rende necessaria una manodopera servile e sottopagata come quella dei braccianti africani. Come il liberiano Michael, che avevo incontrato anche nelle campagne foggiane: sì, perché la grande maggioranza di questi ragazzi africani non risiede a Rosarno, ma dimora lì solo per il tempo della raccolta. Per il resto, si muove nel circuito degli stagionali, e dunque i pomodori in Puglia, le patate in Sicilia, e la base in Campania (dove Castelvolturno è la capitale residenziale, per così dire).

Alcuni cittadini di Rosarno dicono che non vogliono più immigrati, adesso. Non si interrogano però su quello che gli immigrati hanno fatto servilmente per l'economia della loro zona in tutti questi anni, che si è sostenuta sulle loro spalle, le loro schiene, le loro braccia, la loro miseria. (Del resto ce ne serviamo tutti di quel sudore, visto che il prezzo basso delle arance che compriamoè dovuto proprio alla manodopera servile). E viene da chiedersi come mai quei rosarnesi non alzino invece la voce contro la 'ndrangheta, e non dicano che è la 'ndrangheta la rovina della loro terra, e che è la 'ndrangheta a dover sparire. Sono vittime anche loro, certo: ma allora perché prendersela con altre vittime ancora più vittime? Ecco, forse dovrebbero prendere esempio proprio dai braccianti immigrati, che – come a Castelvolturno - hanno avuto il coraggio di scendere in strada e far sentire a tutti che non ci stanno a subire ancora.

09 gennaio 2010

 

 

 

Roma, tensioni alla manifestazione di solidarietà: ferito un poliziotto

Attimi di tensione al presidio in solidarietà ai migranti di Rosarno in corso a Roma: dopo qualche spintone con le forze dell'ordine i manifestanti, circa 200, sono riusciti ad aggirare il cordone di contenimento e ora si trovano all'imbocco di via del Viminale, su piazza dell'Esquilino. Il cordone formato da polizia e carabinieri è arretrato di un centinaio di metri, mentre continuano i cori con lo slogan "Siamo tutti clandestini" e gli spintoni tra forze dell'ordine e manifestanti.

Un poliziotto è rimasto ferito, colpito da un sanpietrino, nel corso dei tafferugli avvenuti dopo la manifestazione dei centri sociali in piazza dell'Esquilino a Roma. Il fatto è avvenuto in via Urbana all'altezza di via de Pretis. Le condizioni del poliziotto non sono comunque gravi.

Immaginette raffiguranti un extracomunitario di colore con la scritta "Sans Papier" vengono alzate dalle mani di alcuni manifestanti. Tra di essi anche Andrea Alzetta capogruppo comunale di Roma in Action. "Si è creata una situazione paradossale - dice - da una parte una sorta di razzismo istituzionale e dall'altra un sentimento popolare che accetta il fatto che un essere umano possa lavorare per soli 25 euro al giorno ma che quando questi, per necessità, e non avendo un posto dove andare, si trova a girovagare per il paese, sono pronti anche a sparargli. È un meccanismo pericoloso che genera una guerra tra popoli". "Troppa intolleranza, nessun diritto - Maroni dimettiti", "Chiudiamo i lager per migranti", "Rosarnese: se ti capinu 4 aranci ringrazia il tuo compagno" sono alcuni degli striscioni dei manifestanti.

"Qui a Roma si è creata, solo pochi giorni fa una situazione che fa pensare ad una forma di intolleranza - aggiunge Alzetta - i migranti di piazza Vittorio avevano chiesto, come ogni volta da 8 anni a questa parte, di poter installare un maxi schermo per seguire la Coppa d'Africa. Il comune non solo non ha installato nulla ma ha rinviato la decisione a lunedì prossimo, a campionato già iniziato, per trovare un luogo che sostituisca piazza Vittorio. Così facendo è palese il tentativo di mettere i bastoni tra le ruote a queste persone che hanno tutto il diritto di poter socializzare tra loro durante questo tipo di manifestazioni. Così si genera solo incattivimento".

09 gennaio 2010

 

 

 

Immigrati presi a pallettoni e si scatena la rabbia Maroni: "Immigrazione troppo tollerata"

"Perché? Perché ci hanno sparato? Non avevamo fatto nulla, siamo qui solo per lavorare". Omar, Ibrahim e Mohammed - i nomi sono di fantasia - sono ricoverati nel reparto di chirurgia dell'Ospedale di Gioia Tauro: dopo la rivolta dei loro connazionali sono stati feriti con colpi di fucile a pallini a Rosarno. E dal loro letto dell'ospedale continuano a non capire il perché di tutta questa violenza visto che, dicono, non hanno neanche partecipato agli scontri.

Le violenze di oggi La "caccia al nero", però, a Rosarno non è finita. Un immigrato è stato ferito in modo non grave da un fucile a pallettoni, nelle vicinanze dell'Opera Sila. A sparare sarebbero state due persone in motorino. Qui, in provincia di Reggio Calabria, si è verificata nelle ultime 48 ore la maggiore ritorsione anti-immigrati che si ricordi dalla nascita della Repubblica: 38 i feriti (per metà agenti delle forze dell’ordine che provavano a sottrarre al linciaggio i malcapitati africani che si avventuravano da soli per le strade). Centinaia di extracomunitari hanno lasciato Rosarno e un gruppo è stato assediato per un po' di tempo in un casolare.

L'immigrato vittima dell'ultimo agguato, del Burkina Faso, si chiama Dabrè Moussa, di 29 anni, ed ha il permesso di soggiorno. Secondo il referto stilato dai medici del pronto soccorso dell'ospedale di Gioia Tauro, dove è stato medicato, guarirà in quindici giorni. Moussa - secondo quanto si apprende da fonti investigative - era in compagnia di due extracomunitari nelle campagne che circondano gli abitati di Giaia Tauro e Rosarno. Contro i tre sono stati sparati colpi di fucile da persone che erano a bordo di un'auto.

Un'auto con tre immigrati a bordo è stata fermata da alcune persone, sembra armate di bastoni ed altri oggetti, lungo la strada provinciale 49, in contrada Capoferro: due degli stranieri sono riusciti a fuggire mentre il terzo è stato colpito da una sassata in testa. Lo straniero è stato condotto in ospedale dove è attualmente trattenuto in osservazione. Le sue condizioni non sono gravi.

Un'abitazione nella zona industriale di San Ferdinando, alle porte di Rosarno, in cui vivevano una decina di immigrati del Ghana, è stata incendiata da alcuni cittadini che sono arrivati con delle taniche di benzina. Lo denuncia la portavoce italiana dell'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, Laura Boldrini, che si trova a Rosarno e che ha raccolto la testimonianza degli stranieri.

I FERITI Il bilancio complessivo degli scontri di ieri è gravissimo: 30 extracomunitari, 17 abitanti del posto e 19 appartenenti alle forze di polizia. Cinque immigrati sono ancora ricoverati in ospedali per lesioni più gravi.

"DEPORTATI NEI CPT" Continua intanto il trasferimento degli immigrati dall'ex oleificio di località "Bosco", la struttura abbandonata situata fra Rosarno e Gioia Tauro, dove vivono centinaia di immigrati africani. I primi due pullman hanno lasciato la zona con a bordo un centinaio di persone dirette nel centro di accoglienza a Crotone mentre altri autobus hanno raggiunto la località in attesa che altri immigrati lascino l'accampamento per altre destinazioni. Nella notte era stato effettuato un primo trasferimento di circa 300 persone dalla ex cartiera "La Rognetta", tra gli applausi dei cittadini residenti nella zona interessata. Numerosi, da stamani, coloro che hanno lasciato Rosarno a bordo di mezzi propri o in treno.

09 gennaio 2010

 

Immigrati presi a pallettoni e si scatena la rabbia. Maroni: "Immigrazione troppo tollerata"

Per far partire la "caccia al negro" anche la menzogna gioca un ruolo non indifferente: è stata messa in giro la voce - del tutto falsa - che una signora incinta è stata aggredita ieri durante la rivolta degli extracomunitari e per questo ha perso il bambino che portava in grembo. Il clima a Rosarno, Reggio Calabria, è molto pesante. Il rischio della "caccia al negro" e delle ritorsioni dei caporali è stato al centro delle richieste che gli immigrati hanno fatto al commissario prefettizio, raggiungendo in duemila il Municipio al termine di un corteo.

"Vi invito alla calma e vi assicuro che avrete adeguata protezione". È quanto ha detto il commissario prefettizio del Comune di Rosarno, Francesco Bagnato, alla delegazione di immigrati che ha attuato stamattina la protesta davanti al Comune. "Vi garantiremo - ha aggiunto Bagnato - presidi di sorveglianza davanti ai centri di ricovero. Cercheremo, inoltre, di migliorare le condizioni igieniche in cui vivete, dandovi nuovi container per dormire e bagni chimici. Cercheremo, in sostanza, di darvi una condizione più umana, ma voi dovete tornare alla calma".

C'è stato poi un lancio di pietre, risoltosi comunque senza feriti, da parte di un gruppo di immigrati contro una troupe del Tg2, della quale faceva parte l'inviato Francesco Vitale. L'episodio è accaduto mentre gli immigrati, dopo avere sospeso la protesta davanti il Comune di Rosarno, stavano facendo rientro nel centro di ricovero in cui sono ospitati. Alla vista delle telecamere, gli immigrati hanno lanciato pietre contro la troupe. Francesco Vitale è stato anche colpito da un sasso, ad una spalla, ma non ha riportato lesioni.

I fatti sono molto più seri degli incidenti seguiti alle proteste del dicembre 2008, quando la comunità ghanese e burkinabè scese in piazza per protestare contro il ferimento di due ragazzi a colpi di kalashnikov sparati da un’autovettura in corsa. Ieri a Rosarno alcuni ragazzi africani sono stati raggiunti nel primo pomeriggio da colpi sparati da un fucile ad aria compressa, e tutta la rabbia della comunità degli immigrati africani per la raccolta di clementine e olive è venuta fuori. Non sembra ci siano feriti ma sicuramente alcuni calabresi sono stati aggrediti mentre i migranti inscenavano la loro protesta; la polizia ha riferito come diverse autovetture siano state ribaltate e alcune addirittura date alle fiamme mentre percorrevano la statale di fronte alle fabbriche abbandonate (come l’impianto ‘Rognetta’) dove i lavoratori stagionali hanno trovato un riparo"; a parlare è uno dei ragazzi dell’Osservatorio Migranti, mentre mette in ordine la sua valigia, afferra al volo le chiavi della sua auto e lascia Rosarno.

Il commento di Maroni arriva in una telefonata al programma "Mattino Cinque". "In tutti questi anni", ha detto Maroni, "è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazioni di forte degrado, come quella di Rosarno, dove stiamo intervenendo con i mezzi e i tempi necessari. Inoltre, abbiamo per ora posto fine agli sbarchi di clandestini a Lampedusa e a poco a poco riporteremo alla normalità le situazioni".

"Maroni non ha perso l'occasione di fare lo scaricabarile. Voglio ricordargli che da anni viviamo con una legge che si chiama Bossi-Fini...". Questo il commento, raccolto dai microfoni del Tg2, del segretario del Pd, Pierluigi Bersani, alle parole del ministro dell'Interno sulla protesta degli immigrati a Rosarno.

"Per me e per tutti quelli che in questi anni hanno aiutato i migranti"; la rabbia degli extracomunitari covava da tempo, nonostante in maggio finalmente i primi tre sfruttatori avessero pagato con l’arresto per "riduzione in schiavitù". Ma gli africani non conoscono la Calabria. Non immaginano che possa essere più dura del continente dal quale sono scappati, lasciandosi alle spalle guerre e pallottole. Guerre e pallottole di altro tipo. Ma oggi chi ti parla da Rosarno dall’altro lato della cornetta, ti fa capire che il peggio deve ancora venire. "I ragazzi hanno spaccato vetrine, attaccato negozi, dato fuoco ad alcune auto, senza sapere chi potessero essere i proprietari di questi negozi e di queste autovetture", spiega una fonte che prega di rimanere anonima per timore di sempre più probabili conseguenze. La paura che adesso attanaglia i rosarnesi è che i soliti picciotti possano vedere gli episodi di violenza del 7 gennaio come uno ‘sgarro’ che il loro codice dell’onore non può fare passare sotto silenzio. E la voce che sta correndo in queste ore sulla Piana di Gioja Tauro è che domani, nelle prossime ore, a parlare saranno le lupare degli uomini delle ‘ndrine, che non possono tollerare sul loro territorio una tale violazione della Pax mafiosa. I due ragazzi aggrediti a colpi di fucile ad aria compressa sono fuori pericolo, all’ospedale di Gioja Tauro.

Sulla statale degli ulivi che collega Rosarno a San Ferdinando nel pieno della Piana, e dall’altro lato al mar Tirreno con Gioja e il suo porto, sembra sia tornata la calma, restaurata dall’intervento di una decina di auto del comando di polizia gioiese. Ma alcune vetture bruciano ancora; e rimangono i danni a negozi. Impossibile contattare qualcuno alle caserme di carabinieri o polizia, ma sembra che alcuni cittadini italiani durante le proteste siano stati aggrediti dalla folla, inferocita per l’ennesimo trattamento disumano, per l’ennesimo assalto ai danni di chi attraversa i continenti per venire qui a lavorare come bestie per 20 euro al giorno, deprivati di ogni conforto materiale. Ma stavolta i migranti potrebbero aver passato il segno, e aver commesso un errore fatale, accecati dalla loro rabbia. Nelle prossime ore le bocche taceranno in Calabria, e chi sente dentro di sé di aver subito un torto, molto probabilmente cercherà di porre rimedio. Da soli. Senza ricorrere alla polizia. Con le carabine sempre pronte, sempre ben oliate, tenute dietro le dispense e nelle cantine.

07 gennaio 2010

 

 

 

2010-01-08

Gioia Tauro, ferita donna in auto con bimbi

Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e svuotati sull'asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. Scene di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la rivolta di alcune centinaia di lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura e accampati in condizioni inumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata. A fare scoppiare la protesta e' stato il ferimento da parte di persone non identificate di alcuni extracomunitari con un'arma ad aria compressa. I feriti, tra i quali c'e' anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno, non destano particolari preoccupazioni, ma la volonta' di reagire che, probabilmente, covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura di Rosarno in condizioni ai limiti del sopportabile, e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell'Ex Opera Sila, non ci ha messo molto ad esplodere.

Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari, in larga parte provenienti dall'Africa, hanno invaso la strada statale che attraversa Rosarno mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali della cittadina. Gli episodi di violenza non hanno risparmiato nulla: tutto cio' che si trovasse alla portata dei manifestanti, dalle auto, in qualche caso anche con delle persone a bordo, alle abitazioni, a vasi e cassonetti dell'immondizia che sono stati svuotati sull'asfalto. A nulla e' valso l'intervento di polizia e carabinieri schierati in assetto antisommossa davanti ai piu' agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo. Nel corso della serata sono arrivati rinforzi e, in un clima di palpabile tensione, si e' intavolata una trattativa nel tentativo di fare rientrare la protesta. Nonostante questo non sono mancati i contatti, quando dal gruppo e' partita una sassaiola verso le forze dell'ordine che hanno risposto. Nel parapiglia che ne e' seguito alcuni immigrati sono rimasti contusi e sono stati portati nell'ospedale di Polistena. La protesta di Rosarno si e' conclusa dopo le 23, ma in precedenza, un secondo fronte si e' aperto nel territorio del comune di Gioia Tauro, dove la strada statale 18 e' stata bloccata.

I manifestanti, nel corso della serata, proprio sulla statale 18, hanno danneggiato decine e decine di auto ed hanno bloccato una vettura con a bordo una donna e due figli. La donna e' stata colpita alla testa ed ha riportato una ferita lacero contusa ed e' stata costretta a scendere insieme ai figli. Quindi la vettura e' stata incendiata. Tra Rosarno, l'ex fabbrica in disuso, e Gioia Tauro in un immobile dell'ex Opera Sila sono circa 1.500 gli extracomunitari che lavorano come manodopera nell'agricoltura. Il presidente della Regione, Agazio Loiero, in serata ha sostenuto di essere molto preoccupato per cio' che e' avvenuto. ''E' il frutto - ha detto - di un clima di intolleranza xenofoba e mafiosa che non riguarda ovviamente la popolazione di Rosarno, giustamente allarmata per la situazione di tensione che si e' determinata con la rivolta degli extracomunitari sfruttati, derisi, insultati e ora, due di loro, feriti con un'arma ad aria compressa''. ''Auspico - aggiunto Loiero - che dal ministero dell'Interno arrivi una forte iniziativa che tutelando i cittadini di Rosarno, perche' sono intollerabili gli atti di vandalismo, tuteli anche quei tanti disperati contro cui per la seconda volta si e' indirizzata la violenza criminale''.

08 gennaio 2010

 

 

 

Calabria, Annozero mostra il video degli attentatori in Procura

Il filmato della videosorveglianza al palazzo di Giustizia di Reggio Calabria che mostra due attentatori che piazzano una bomba il 3 gennaio scorso sono state mostrate ieri sera in esclusiva ad Anno Zero in onda su Raidue.

È stato Sandro Ruotolo ad introdurre il filmato a disposizione degli inquirenti i quali avevano parlato in un primo tempo di due uomini. In realtà dalle immagini mostrate si vedono due persone a bordo di una moto. Ma a guidarla sarebbe una donna. È quanto si evince dalle scarpe con il tacco e dai lunghi capelli che spuntano fuori dal casco.

Intanto il ministro Maroni ha smentito ogni voce riguardante la possibilità di una trattativa con la 'ndrangheta. "Sono solo fantasie. Non è possibile alcuna trattativa con questi criminali. Il nostro impegno è estirpare la mafia, la camorra, la 'ndrangheta e ci dedichiamo a questo con tutti i mezzi possibili e direi anche con grande passione". Lo ha detto il ministro dell'interno Roberto Maroni nel corso di una intervista telefonica rilasciata al direttore di Libero, Maurizio Belpietro, nell'ambito della trasmissione "Mattino cinque". Maroni ha ricordato come, in seguito all'attentato avvenuto alla Procura generale di Reggio Calabria, ieri, insieme con il ministro della giustizia Angelino Alfano, ha portato non solo sostegno a chi sta in prima linea per la lotta alla 'ndrangheta" ma anche a varare una serie di provvedimenti per "rafforzare l'azione di contrasto". Come l'invio di 120 investigatori a partire da lunedì. Ma "allo studio ci sono altri provvedimenti per l'aggressione ai beni mafiosi".

08 gennaio 2010

 

 

 

 

 

Maroni: "Presto i body scanner". Paura a Reggio Calabria

Arrivano anche in Italia i primi body scanner per i controlli di sicurezza negli aeroporti. Mentre a Reggio Calabria, nelle prossime ore saranno inviati 120 uomini in più. Entrambi gli annunci sono del ministro dell'Interno Roberto Maroni. Intanto, domani a Reggio Calabria arriva il leader del Pd, Bersani.

I body scanner saranno operativi tra due-tre mesi, negli aeroporti di Fiumicino, Malpensa e Venezia. Ad annunciarlo è stato il ministro degli Interni Roberto Maroni al termine dell'incontro all'Enac, con il ministro dei Trasporti Altero Matteoli e il presidente dell'Enac, Vito Riggio.

Body scanner Il ministro ha spiegato che l'adozione dei body scanner comporta anche delle problematiche legate alla privacy ma il governo ha "iniziato a sentire il garante Guzzetti e questa è anche una questione posta dai garanti europei. Intendiamo affrontare e risolvere queste questioni ma il comitato che si è creato oggi serve a decidere proprio come procedere".

Il presidente dell'Enac Riggio ha spiegato infatti che l'Italia ha infatti istituito un apposito comitato ristretto formato dallo stesso Cisa, cioè il Comitato interministeriale per la sicurezza del trasporto aereo e degli aeroporti, dal segretario generale della Farnesina, dal direttore generale della prevenzione medica del ministero della Salute che riferirà tra due settimane, per la precisione il 21 gennaio, quale sarà il body scanner da scegliere tra le varie tipologie sul mercato. I costi per il momento potrebbero arrivare fino ai due milioni di euro visto che la forbice per ciascun apparecchio si aggira tra i 100 e 200mila euro e i nuovi sistemi saranno installati un paio per aeroporto. Al momento non ci sarà nessun sovracosto per i biglietti aerei e si tratta di un fondo a "disposizione, e un avanzo di amministrazione, nella disponibilità dell'Enac".

Maroni ha inoltre spiegato che la decisione di adottare i body scanner è una decisione "condivisibile e condivisa perché prima deve venire la sicurezza per chi vola. Il diritto alla vita è prioritario su qualunque altra questione".

Falso allarme bomba aura invece questa mattina a Reggio Calabria, davanti all'aula bunker del Tribunale. Alla riapertura dei locali, dopo la pausa festiva, era stata segnalata la presenza di un ordigno. L'allarme tuttavia è rientrato subito dopo poichè dagli accertamenti, secondo quanto riferiscono gli investigatori, è emerso che l'oggetto ritrovato era costituito da tre raudi (fabbricati artigianalmente) legati insieme. I tre cilindri di cartone sono larghi 2,5 centimetri e lunghi sei. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e la polizia con il reparto speciale degli artificieri che hanno verificato la natura dell'oggetto e reso inoffensivo. "Dalle prime analisi dei carabinieri sembra si tratta di un residuo dei festeggiamenti di Capodanno", ha detto il procuratore Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. "Sicuramente - ha aggiunto - non ha alcuna valenza offensiva. Non sembra proprio un avvertimento o un segnale particolare".

Secondo quanto si apprende, il piccolo ordigno artigianale aveva una miccia che era stata accesa ma non ha raggiunto la polvere pirica all'interno scongiurando così l'esplosione. La preoccupazione era giustificata dal recente attentato avvenuto davanti al portone d'ingresso della Procura generale reggina, la scorsa domenica, per il quale questo pomeriggio si terrà un vertice in prefettura con i ministri dell'Interno Roberto Maroni e della Giustizia Angelino Alfano.

Vertice sicurezza a Reggio Calabria con i ministri dell'Interno Roberto Maroni e della Giustizia, Angelino Alfano. E ad aumentare il clima di allerta, questa mattina è stato ritrovato un ordigno costruito artigianalmente, contenente polvere pirica, nel cortile degli automezzi dell'aula bunker di Reggio Calabria.

Saranno inviate nelle prossime ore 120 unità investigative in più a Reggio Calabria. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Roberto Maroni a conclusione del vertice in prefettura. Gli uomini saranno presi tra le forze della polizia di Stato, dei carabinieri e della Guardia di Finanza.

07 gennaio 2010

 

 

 

 

2010-01-07

Immigrati presi a pallettoni e si scatena la rabbia

di Gianluca Ursinitutti gli articoli dell'autore

(Reggio Calabria) "I fatti sono molto più seri degli incidenti seguiti alle proteste del dicembre 2008, quando la comunità ghanese e burkinabè scese in piazza per protestare contro il ferimento di due ragazzi a colpi di kalashnikov sparati da un’autovettura in corsa. Oggi a Rosarno alcuni ragazzi africani sono stati raggiunti nel primo pomeriggio da colpi sparati da un fucile ad aria compressa, e tutta la rabbia della comunità degli immigrati africani per la raccolta di clementine e olive è venuta fuori. Al momento non sembra ci siano feriti ma sicuramente alcuni calabresi sono stati aggrediti mentre i migranti inscenavano la loro protesta; la polizia ha riferito come diverse autovetture siano state ribaltate e alcune addirittura date alle fiamme mentre percorrevano la statale di fronte alle fabbriche abbandonate (come l’impianto ‘Rognetta’) dove i lavoratori stagionali hanno trovato un riparo"; a parlare è uno dei ragazzi dell’Osservatorio Migranti , mentre mette in ordine la sua valigia, afferra al volo le chiavi della sua auto e lascia Rosarno. Stanotte meglio non dormire in città.

"Per me e per tutti quelli che in questi anni hanno aiutato i migranti"; la rabbia degli extracomunitari covava da tempo, nonostante in maggio finalmente i primi tre sfruttatori avessero pagato con l’arresto per ‘’riduzione in schiavitù’’. Ma gli africani non conoscono la Calabria. Non immaginano che possa essere più dura del continente dal quale sono scappati, lasciandosi alle spalle guerre e pallottole. Guerre e pallottole di altro tipo. Ma oggi chi ti parla da Rosarno dall’altro lato della cornetta, ti fa capire che il peggio deve ancora venire. "I ragazzi hanno spaccato vetrine, attaccato negozi, dato fuoco ad alcune auto, senza sapere chi potessero essere i proprietari di questi negozi e di queste autovetture", spiega una fonte che prega di rimanere anonima per timore di sempre più probabili conseguenze. La paura che adesso attanaglia i rosarnesi è che i soliti picciotti possano vedere gli episodi di violenza del 7 gennaio come uno ‘sgarro’ che il loro codice dell’onore non può fare passare sotto silenzio. E la voce che sta correndo in queste ore sulla Piana di Gioja Tauro è che domani, nelle prossime ore, a parlare saranno le lupare degli uomini delle ‘ndrine, che non possono tollerare sul loro territorio una tale violazione della Pax mafiosa. I due ragazzi aggrediti a colpi di fucile ad aria compressa sono fuori pericolo, all’ospedale di Gioja Tauro.

Sulla statale degli ulivi che collega Rosarno a San Ferdinando nel pieno della Piana, e dall’altro lato al mar Tirreno con Gioja e il suo porto, sembra sia tornata la calma, restaurata dall’intervento di una decina di auto del comando di polizia gioiese. Ma alcune vetture bruciano ancora; e rimangono i danni a negozi. Impossibile contattare qualcuno alle caserme di carabinieri o polizia, ma sembra che alcuni cittadini italiani durante le proteste siano stati aggrediti dalla folla, inferocita per l’ennesimo trattamento disumano, per l’ennesimo assalto ai danni di chi attraversa i continenti per venire qui a lavorare come bestie per 20 euro al giorno, deprivati di ogni conforto materiale. Ma stavolta i migranti potrebbero aver passato il segno, e aver commesso un errore fatale, accecati dalla loro rabbia. Nelle prossime ore le bocche taceranno in Calabria, e chi sente dentro di sé di aver subito un torto, molto probabilmente cercherà di porre rimedio. Da soli. Senza ricorrere alla polizia. Con le carabine sempre pronte, sempre ben oliate, tenute dietro le dispense e nelle cantine.

07 gennaio 2010

 

 

 

 

Gioia Tauro, ferita donna in auto con bimbi

Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e svuotati sull'asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. Scene di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la rivolta di alcune centinaia di lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura e accampati in condizioni inumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata. A fare scoppiare la protesta e' stato il ferimento da parte di persone non identificate di alcuni extracomunitari con un'arma ad aria compressa. I feriti, tra i quali c'e' anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno, non destano particolari preoccupazioni, ma la volonta' di reagire che, probabilmente, covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura di Rosarno in condizioni ai limiti del sopportabile, e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell'Ex Opera Sila, non ci ha messo molto ad esplodere.

Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari, in larga parte provenienti dall'Africa, hanno invaso la strada statale che attraversa Rosarno mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali della cittadina. Gli episodi di violenza non hanno risparmiato nulla: tutto cio' che si trovasse alla portata dei manifestanti, dalle auto, in qualche caso anche con delle persone a bordo, alle abitazioni, a vasi e cassonetti dell'immondizia che sono stati svuotati sull'asfalto. A nulla e' valso l'intervento di polizia e carabinieri schierati in assetto antisommossa davanti ai piu' agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo. Nel corso della serata sono arrivati rinforzi e, in un clima di palpabile tensione, si e' intavolata una trattativa nel tentativo di fare rientrare la protesta. Nonostante questo non sono mancati i contatti, quando dal gruppo e' partita una sassaiola verso le forze dell'ordine che hanno risposto. Nel parapiglia che ne e' seguito alcuni immigrati sono rimasti contusi e sono stati portati nell'ospedale di Polistena. La protesta di Rosarno si e' conclusa dopo le 23, ma in precedenza, un secondo fronte si e' aperto nel territorio del comune di Gioia Tauro, dove la strada statale 18 e' stata bloccata.

I manifestanti, nel corso della serata, proprio sulla statale 18, hanno danneggiato decine e decine di auto ed hanno bloccato una vettura con a bordo una donna e due figli. La donna e' stata colpita alla testa ed ha riportato una ferita lacero contusa ed e' stata costretta a scendere insieme ai figli. Quindi la vettura e' stata incendiata. Tra Rosarno, l'ex fabbrica in disuso, e Gioia Tauro in un immobile dell'ex Opera Sila sono circa 1.500 gli extracomunitari che lavorano come manodopera nell'agricoltura. Il presidente della Regione, Agazio Loiero, in serata ha sostenuto di essere molto preoccupato per cio' che e' avvenuto. ''E' il frutto - ha detto - di un clima di intolleranza xenofoba e mafiosa che non riguarda ovviamente la popolazione di Rosarno, giustamente allarmata per la situazione di tensione che si e' determinata con la rivolta degli extracomunitari sfruttati, derisi, insultati e ora, due di loro, feriti con un'arma ad aria compressa''. ''Auspico - aggiunto Loiero - che dal ministero dell'Interno arrivi una forte iniziativa che tutelando i cittadini di Rosarno, perche' sono intollerabili gli atti di vandalismo, tuteli anche quei tanti disperati contro cui per la seconda volta si e' indirizzata la violenza criminale''.

08 gennaio 2010

 

 

 

 

Maroni: "Presto i body scanner". Paura a Reggio Calabria

Arrivano anche in Italia i primi body scanner per i controlli di sicurezza negli aeroporti. Mentre a Reggio Calabria, nelle prossime ore saranno inviati 120 uomini in più. Entrambi gli annunci sono del ministro dell'Interno Roberto Maroni. Intanto, domani a Reggio Calabria arriva il leader del Pd, Bersani.

I body scanner saranno operativi tra due-tre mesi, negli aeroporti di Fiumicino, Malpensa e Venezia. Ad annunciarlo è stato il ministro degli Interni Roberto Maroni al termine dell'incontro all'Enac, con il ministro dei Trasporti Altero Matteoli e il presidente dell'Enac, Vito Riggio.

Body scanner Il ministro ha spiegato che l'adozione dei body scanner comporta anche delle problematiche legate alla privacy ma il governo ha "iniziato a sentire il garante Guzzetti e questa è anche una questione posta dai garanti europei. Intendiamo affrontare e risolvere queste questioni ma il comitato che si è creato oggi serve a decidere proprio come procedere".

Il presidente dell'Enac Riggio ha spiegato infatti che l'Italia ha infatti istituito un apposito comitato ristretto formato dallo stesso Cisa, cioè il Comitato interministeriale per la sicurezza del trasporto aereo e degli aeroporti, dal segretario generale della Farnesina, dal direttore generale della prevenzione medica del ministero della Salute che riferirà tra due settimane, per la precisione il 21 gennaio, quale sarà il body scanner da scegliere tra le varie tipologie sul mercato. I costi per il momento potrebbero arrivare fino ai due milioni di euro visto che la forbice per ciascun apparecchio si aggira tra i 100 e 200mila euro e i nuovi sistemi saranno installati un paio per aeroporto. Al momento non ci sarà nessun sovracosto per i biglietti aerei e si tratta di un fondo a "disposizione, e un avanzo di amministrazione, nella disponibilità dell'Enac".

Maroni ha inoltre spiegato che la decisione di adottare i body scanner è una decisione "condivisibile e condivisa perché prima deve venire la sicurezza per chi vola. Il diritto alla vita è prioritario su qualunque altra questione".

Falso allarme bomba aura invece questa mattina a Reggio Calabria, davanti all'aula bunker del Tribunale. Alla riapertura dei locali, dopo la pausa festiva, era stata segnalata la presenza di un ordigno. L'allarme tuttavia è rientrato subito dopo poichè dagli accertamenti, secondo quanto riferiscono gli investigatori, è emerso che l'oggetto ritrovato era costituito da tre raudi (fabbricati artigianalmente) legati insieme. I tre cilindri di cartone sono larghi 2,5 centimetri e lunghi sei. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e la polizia con il reparto speciale degli artificieri che hanno verificato la natura dell'oggetto e reso inoffensivo. "Dalle prime analisi dei carabinieri sembra si tratta di un residuo dei festeggiamenti di Capodanno", ha detto il procuratore Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. "Sicuramente - ha aggiunto - non ha alcuna valenza offensiva. Non sembra proprio un avvertimento o un segnale particolare".

Secondo quanto si apprende, il piccolo ordigno artigianale aveva una miccia che era stata accesa ma non ha raggiunto la polvere pirica all'interno scongiurando così l'esplosione. La preoccupazione era giustificata dal recente attentato avvenuto davanti al portone d'ingresso della Procura generale reggina, la scorsa domenica, per il quale questo pomeriggio si terrà un vertice in prefettura con i ministri dell'Interno Roberto Maroni e della Giustizia Angelino Alfano.

Vertice sicurezza a Reggio Calabria con i ministri dell'Interno Roberto Maroni e della Giustizia, Angelino Alfano. E ad aumentare il clima di allerta, questa mattina è stato ritrovato un ordigno costruito artigianalmente, contenente polvere pirica, nel cortile degli automezzi dell'aula bunker di Reggio Calabria.

Saranno inviate nelle prossime ore 120 unità investigative in più a Reggio Calabria. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Roberto Maroni a conclusione del vertice in prefettura. Gli uomini saranno presi tra le forze della polizia di Stato, dei carabinieri e della Guardia di Finanza.

07 gennaio 2010

 

il SOLE 24 ORE

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2010-01-12

Maroni su Rosarno: "Accuse da respingere, lo Stato c'è"

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12 gennaio 2010

STORIE DI 'NDRANGHETA / Calabria, dove "nulla è come sembra" (di Giuseppe Chiellino)

Rosarno, l'Egitto protesta Bossi: "Lì uccidono i cristiani"

Sacconi: "Più controlli al Sud sul lavoro nero in agricoltura"

Medici senza frontiere: "Rosarno non è un caso isolato" (di Nicoletta Cottone)

La critica dell'Osservatore Romano: "L'Italia non ha mai superato il razzismo"

Rosarno, vertice in Procura Maroni: "Stop al lavoro nero"

VISTI DA LONTANO / L'altra faccia dell'Italia (di Elysa Fazzino)

"Dai nostri archivi"

Rosarno, l'Egitto protesta Bossi: "Lì uccidono i cristiani"

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

Rosarno, Maroni: "Degrado per troppa tolleranza verso i clandestini"

Ecoplan riscatta la Calabria

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

"Respingo con fermezza l'accusa formulata da qualcuno di una scarsa attenzione dello Stato ai problemi della Calabria". Così il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, riferendo in aula al Senato sui fatti di Rosarno. "Lo Stato in Calabria c'é e continuerà ad esserci".

Il tutto 748 gli stranieri trasferiti. Il ministro ha sottolineato che le operazioni di trasferimento dei cittadini stranieri da Rosarno "sono avvenute su base volontaria e senza disordini alcuni verso i centri di accoglienza di Crotone e altri verso quello di Bari. Complessivamente si é trattato di 748 cittadini extracomunitari". Il ministro ha anche reso noto che delle persone trasferite nei centri di accoglienza "circa 330 stranieri muniti di permesso di soggiorno si sono volontariamente allontanati in treno o con mezzi propri".

Non ci sono egiziani. In relazione alla nota dell'Egitto sulla questione degli scontri di Rosarno, nella quale il ministro degli Esteri del Cairo Aboul Gheit ha chiesto al governo italiano di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati", denunciando "la campagna di aggressione" e "le violenze" subite dagli "immigrati e dalle minoranze arabe e musulmane in Italia", il ministero Maroni ha ribadito che nessun egiziano è rimasto coinvolto nei fatti di Rosarno. Notizia già resa nota anche da un rapporto della questura di Reggio Calabria, secondo la quale non ci sono egiziani nel gruppo di immigrati che si trovavano a Rosarno e che, dopo gli incidenti dei giorni scorsi, sono stati portati nei centri di accoglienza di Crotone e Bari.

La magistratura indaga sul coinvolgimento della 'ndrangheta e sui datori di lavoro. Maroni ha anche sottolineato che e ipotesi che riguardano il coinvolgimento della criminalità locale nei disordini di Rosarno sono al vaglio della magistratura. È anche in corso un'inchiesta "sulle aziende della piana di Gioia Tauro che hanno impiegato irregolarmente immigrati clandestini". La speciale task force del Viminale ha "già incontrato sabato 9 le organizzazioni datoriali locali del settore agricolo per "mettere a punto il programma di ispezione di quelle aziende che impiegano lavoratori agricoli e che sono tenute al rispetto

di norme precise, come quella che prevede l'obbligo per il datore di lavoro di garantire ai lavoratori alloggi idonei. Una norma sino a oggi mai applicata".

Uno sforzo straordinario contro la criminalità. Maroni ha ricordato lo "sforzo straordinario di questo governo che ha ottenuto risultati mai visti in termini di lotta alla criminalità organizzata, anche con riguardo alla Calabria: sono stati sciolti 13 Comuni per infiltrazione mafiosa, dei quali 6 in Calabria e 3 in provincia di Reggio, sono stati arrestati 889 soggetti legati alla criminalità organizzata calabrese e arrestati 46 latitanti di cui 8 nell'elenco dei 30". Anche in Calabria sono stati registrati risultati straordinari nell'aggressione ai patrimoni, con sequestri per 1,2 mld di euro e 730 confische, per 362 mln di euro. "Sono dati senza precedenti", ha detto il ministro. (N.Co.)

 

 

 

 

 

 

Rosarno, l'Egitto protesta

Bossi: "Lì uccidono i cristiani"

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12 gennaio 2010

Un momento del corteo dell'11 gennaio 2010 organizzato a Rosarno per respingere l'immagine di paese xenofobo, mafioso e razzista dopo gli scontri con gli immigrati avvenuti nei giorni scorsi. (Ansa)

Medici senza frontiere: "Rosarno non è un caso isolato" (di Nicoletta Cottone)

La critica dell'Osservatore Romano: "L'Italia non ha mai superato il razzismo"

Rosarno, vertice in Procura Maroni: "Stop al lavoro nero"

VISTI DA LONTANO / L'altra faccia dell'Italia (di Elysa Fazzino)

Lo sgombero degli immigrati

Una nota del ministero degli Esteri del Cairo denuncia le violenze in Calabria, ma la questura di Reggio precisa: "Nessun egiziano tra gli immigrati". 17 arresti in un blitz della polizia contro il clan Bellocco

 

L'Egitto interviene sulla questione degli scontri di Rosarno, denunciando "la campagna di aggressione" e "le violenze" subite dagli "immigrati e dalle minoranze arabe e musulmane in Italia". Il ministero degli Esteri del Cairo Aboul Gheit chiede al governo italiano di "prendere le misure necessarie per la protezione delle minoranze e degli immigrati".

Le organizzazioni internazionali per i diritti umani, si legge in un comunicato di parte egiziana riportato dalle agenzie di stampa, "hanno registrato negli ultimi tempi una crescita di questi episodi, in particolar modo di quelli razzisti, e della condizione di disagio degli immigrati in Italia a causa delle condizioni di detenzione, della violazione dei loro diritti economici e sociali e della pratica delle espulsioni coatte". Il Cairo si appella alla comunità internazionale affinchè intervenga sulla questione della "discriminazione religiosa, razziale e dell'odio contro gli stranieri per evitare che questo tipo di incidenti si ripetano in futuro". La questione sarà sollevata, spiega la nota del Cairo, nel corso di un incontro fra il ministro degli Esteri Gheit e il collega italiano Franco Frattini il 16 gennaio.

Dalla Mauritania (dove si trova per una visita ufficiale) il responsabile della Farnesina si è detto "pronto a parlare con l'Egitto", respingendo come "inaccettabile" qualunque forma di violenza simile a quella vista a Rosarno. Sui fatti specifici, però, Frattini ritiene che le violenze in Calabria non c'entrino con l'Egitto, nè con gli egiziani e non abbiano avuto alcuno sfondo etnico-religioso. Giudizio che sembra confermato anche da un rapporto della questura di Reggio Calabria, secondo la quale non ci sono egiziani nel gruppo di immigrati che si trovavano a Rosarno e che, dopo gli incidenti dei giorni scorsi, sono stati portati nei centri di accoglienza di Crotone e Bari. Caustico il commento del leader della Lega Nord Umberto Bossi: "Guardate come trattano i cristiani in Egitto: li fanno fuori tutti" (facendo riferimento ai massacri dei cristiani copti avvenuti in questi giorni, n.d.r.).

Dopo le dure critiche di ieri dell'Osservatore Romano, oggi è intervenuto sulla vicenda anche il presidente della commissione Cei per le migrazioni, mons. Bruno Schettino, affermando che "gli episodi di Rosarno hanno messo in evidenza la debolezza del sistema di accoglienza e di integrazione. È stata una lotta tra poveri e chi maggiormente è stato sconfitto è stato il più povero: l'immigrato".

La cronaca

Nel centro calabrese intanto, l'automobile di un immigrato è stata incendiata la scorsa notte: l'immigrato - secondo le forze dell'ordine non coinvolto negli scontri dei giorni scorsi - è un ghanese con regolare permesso di soggiorno che fa il bracciante agricolo e che vive nel centro del paese, in un'abitazione presa in affitto. Per spegnere l'incendio l'uomo è stato aiutato da alcuni vicini di casa.

Aspettando che il ministro dell'Interno Roberto Maroni riferisca nel pomeriggio in Senato sui fatti di Rosarno, la squadra mobile di di Reggio Calabria ha eseguito questa mattina 17 ordinanze di custodia cautelare contro altrettanti presunti affiliati alla cosca Bellocco, cui viene contestato il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Eseguito dalle forze dell'ordine anche un sequestro di beni per alcune centinaia di migliaia di euro. Si tratta, in particolare, di alcuni supermercati e discount ubicati nel centro del paese e nell'immediata periferia: esercizi di proprietà di affiliati alla cosca ma intestati a prestanome.

Stamattina, intanto, sono ripresi i lavori di demolizione delle strutture di ricovero per immigrati dell'ex fabbrica Rognetta. Un lavoro che una volta completato proseguirà con la demolizione dell'altro centro di ricovero, realizzato in una fabbrica dell'ex Opera Sila. Attività, quest'ultima, più complessa e dai tempi più lunghi perchè le strutture da abbattere sono più grandi. (M. Do.)

12 gennaio 2010

 

 

 

Medici senza frontiere: "Rosarno non è un caso isolato"

di Nicoletta Cottone

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12 gennaio 2010

Una delle baracche abitate da immigrati a Rosarno (Ansa)

"Dai nostri archivi"

Rosarno, l'Egitto protesta Bossi: "Lì uccidono i cristiani"

Immigrati: la mappa delle aree a rischio

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

A Rosarno torna la calma, gli immigrati lasciano il paese

Medici senza frontiere: no all'introduzione del reato di immigrazione clandestina

Paghe da fame pur di lavorare, condizioni di vita al limite della sopravvivenza: ma la situazione dei lavoratori stagionali immigrati, di cui tutti sono a conoscenza da anni, è un meccanismo per assecondare un'economia di mercato. Così Medici Senza Frontiere torna a denunciare le condizioni "inumane" in cui vivono gli immigrati impegnati come braccianti nel meridione, "persone ridotte in schiavitù" anche da una "ipocrisia generalizzata" di cui in molti portano la responsabilità. I ghetti di Rosarno, insomma, non sono un caso isolato: "tutti lo sanno ma nessuno fa nulla", dicono i rappresentanti dell'associazione. "C'è un'ipocrisia di fondo – sottolinea Loris De Filippi, responsabile dei progetti di Medici senza frontiere in Italia – perché tutti, dai datori di lavoro alle prefetture, ai sindacati, sanno che il 60% dei lavoratori stagionali stranieri è irregolare, ma si continua a far finta di niente. Si sgombra un'area quando il raccolto è assicurato".

I siti in cui vivevano gli stagionali nella piana di Gioia Tauro sono vuoti, gli immigrati sono stati portati via dalle autorità nei centri per gli immigrati, da Bari a Crotone. Molti sono partiti senza poter incassare il magro compenso della settimana: in genere 25 euro al giorno per lavorare dalla mattina alla sera. Per De Filippi gli immigrati nel Sud "costituiscono una forza lavoro cruciale nell'agricoltura italiana e al contempo sono facili prede dello sfruttamento". Vivono in edifici abbandonati, in tende di fortuna coperte di plastica, sotto i cartoni, in posti senza docce e latrine.

Arrivano in piena salute e si ammalano per le condizioni di vita al limite dell'imbarbarimento sociale, che hanno conseguenze drammatiche sulla salute di questi uomini fra i 20 e i 40 anni, che diventano preda di infezioni respiratorie, patologie osteo-muscolari, gastroenteriche, malattie della pelle, a partire dalla scabbia. Malattie che si cronicizzano perché non c'è un medico a cui rivolgersi e soldi per comprare le medicine. Oltre il 75% delle persone visitate dai medici senza frontiere non hanno mai avuto contatto con il sistema sanitario. A volte manca anche l'acqua potabile da bere.

I volontari di Medici senza frontiere hanno lavorato per mesi tra i campi della Piana di Gioia Tauro e nelle baroccopoli dell'ex Rognetta, dell'ex Sila e di Rizziconi da dove sono stati portati via gli immigrati. "Là dentro c'erano condizioni di vita - racconta Alessandra Tramontano, coordinatore medico dei progetti stagionali di Msf- ben al di sotto degli standard minimi di sopravvivenza: umidità perenne, scarsissima igiene, spesso nulla, infezioni che dilagano proprio a causa delle condizioni in cui gli immigrati vivono",

La clinica mobile di Medici senza frontiere segue le rotte del lavoro stagionale di chi presta le proprie braccia in campi e serre, dalle arance a Rosarno ai pomodori di Pachino, dai meloni di Metaponto all'uva della Valle del Belice. Un team dell'associazione, per esempio, ha distribuito a fine dicembre nella piana kit con coperte, secchi e saponi, per assistere 2mila immigrati della zona durante la fredda stagione invernale.

In questi anni Msf ha denunciato spesso, anche con rapporti scritti e incontri con rappresentanti delle istituzioni, le scandalose condizioni degli stagionali e ha fatto pressione sulle autorità per migliorare la situazione umanitaria degli immigrati stagionali in Sud Italia. Ma quasi nulla è cambiato. "Ogni anno i nostri operatori umanitari – racconta Loris de Filippi - tornano negli stessi posti e sono testimoni delle stesse terribili condizioni, che cerchiamo di alleviare fornendo assistenza medico-umanitaria. È ormai tempo che le autorità italiane provvedano a migliorare le condizioni degli stagionali e ad aumentare il loro accesso all'assistenza sanitaria, ma nel rispetto della dignità della persona".

12 gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2010-01-11

La critica dell'Osservatore Romano: "L'Italia non ha mai superato il razzismo"

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11 GENNAIO 2009

Rosarno, vertice in Procura Maroni: "Stop al lavoro nero"

VISTI DA LONTANO / L'altra faccia dell'Italia (di Elysa Fazzino)

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

RETROSCENA / La beffa della città videosorvegliata (di Roberto Galullo)

Rosarno, il prezzo delle arance aumenta del 474% dal campo alla tavola

Il Vaticano: "Sfruttati, ma no a violenza"

Lo sgombero degli immigrati

Gli affari dei cinesi a Rosarno

"Dai nostri archivi"

Vertice razzismo: approvato documento finale

Cadbury: Ferrero si prepara per "imbucarsi" nella festa

Razzismo: Ahmadinejad attacca Israele, parole "inaccettabili" per il Vaticano

Dopo i proclami il silenzio colpevole

Lippi: no al razzismo, ma sul nazismo cala il silenzio

Nel 2010 "siamo ancora all'odio. Ora muto, ora scandito e ritmato dagli sfottò, ora fattosi gesto concreto": così la storica Giulia Galeotti conclude, sull'"Osservatore romano", il quotidiano vaticano, un articolo dedicato al razzismo degli italiani nel quale denuncia un "odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato".

Per il giornale vaticano "oltre che disgustosi, gli episodi di razzismo che rimbalzano dalla cronaca ci riportano all'odio muto e selvaggio verso un altro colore di pelle che credevamo di aver superato. Per una volta, la stampa non enfatizza: un viaggio in treno, una passeggiata nel parco o una partita di calcio, non lasciano dubbi. Non abbiamo mai brillato per apertura, noi italiani dal Nord in giù. Né siamo stati capaci di riscattarci, quando il "diverso" s'è fatto più vicino, nel mulatto, a prescindere dalle diversissime cause per cui ciò è avvenuto. Sia stato il risultato di un atto d'amore o, invece, di uno stupro, ben difficilmente abbiamo considerato quel bambino come nostro, al pari dei nostri. Anzi, la doppia appartenenza è sembrata (e continua a sembrare) una minaccia ulteriore. In questo, davvero a nulla è servito l'esempio americano: l'Obama-mania che imperversa trasversalmente, dalla politica all'arte, dallo stile al linguaggio, non ha invece fatto breccia alcuna nel dimostrare il valore dell'incontro tra razze diverse".

11 GENNAIO 2009

 

 

 

 

Rosarno, vertice in Procura sugli scontri

Maroni: "Stop al lavoro nero"

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11 gennaio 2010

VISTI DA LONTANO / L'altra faccia dell'Italia (di Elysa Fazzino)

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

RETROSCENA / La beffa della città videosorvegliata (di Roberto Galullo)

Rosarno, il prezzo delle arance aumenta del 474% dal campo alla tavola

Il Vaticano: "Sfruttati, ma no a violenza"

Lo sgombero degli immigrati

Gli affari dei cinesi a Rosarno

A Rosarno tra gli immigrati con Medici senza frontiere

"Dai nostri archivi"

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

Rosarno, Maroni: "Degrado per troppa tolleranza verso i clandestini"

Rosarno, inchiesta sul ruolo della 'ndrangheta

Cresce la tensione a Rosarno: un uomo spara in aria

Si indaga a Rosarno per cercare i responsabili delle violenze legate alla rivolta degli immigrati nella città calabrese, e per capire se, e a che livello, sia entrata nella vicenda la 'ndrangheta. Per fare il punto della situazione, oggi è in programma in Procura a Palmi un vertice degli investigatori. Alle 16 è previsto un corteo della popolazione di Rosarno, contro l'immagine di città xenofoba. Demolite intanto le baracche dove vivevano gli extracomunitari allontanati dal paese. Gli immigrati vanno rispettati e la violenza "non deve essere la via per risolvere le difficoltà", ha detto ieri il Papa.

Il ministro dell'Interno Maroni, invece, ha accusato le autorità locali di "tolleranza sbagliata" verso l'immigrazione clandestina e, in un'intervista al Messaggero, chiede uno stop al lavoro nero degli immigrati. "Pensare di avere risolto la situazione con il manganello, significa non aver capito la lezione di Rosarno", spiega Maroni. Ci sono due modi - continua il ministro dell'Interno - per affrontare queste emergenze: il primo, intervenire con la polizia, il secondo è quello di "riunire governo, istituzioni locali, associazioni di categoria e imprenditori e stabilire un intervento complessivo". La task force del Viminale a Rosarno ha sondato il terreno e quello che è emerso è una forte incidenza del lavoro nero che Maroni è deciso ad eliminare. Lo strumento per regolarizzare il lavoro degli immigrati "esiste già ed è il voucher, un "buono lavoro" a costo minimo per l'impresa".

Domani al Senato, Maroni intende lanciare "un appello a tutte le componenti delle istituzioni a livello centrale e locale affinchè si abbandoni la polemica e si faccia un grande sforzo comune, comprese le associazioni di categoria imprenditoriali, affinchè siano garantite condizioni di lavoro e di permanenza umane per tutti coloro che vengono utilizzati in questo tipo di attività".

11 gennaio 2010

 

 

 

 

L'altra faccia dell'Italia

di Elysa Fazzino

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11 gennaio 2010

 

I media stranieri scoprono un'altra faccia dell'Italia e non c'è di che andare orgogliosi. Gli scontri di Rosarno gettano luce su un lato del Paese "raramente visto negli itinerari turistici", scrive il New York Times, descrivendo le crescenti tensioni razziali in un'Italia "lacerata tra accettazione e xenofobia".

La foto di un immigrato ferito, medicato dopo i disordini, campeggiava stamattina sulla homepage del sito internet del quotidiano newyorchese. Il titolo: "Sospettato ruolo della mafia in scontri razziali italiani".

Sono tra i "peggiori" scontri esplosi in Italia negli ultimi anni. "Le immagini provenienti della Calabria", scrive Rachel Donadio, "sono il più vivido esempio delle crescenti tensioni razziali in Italia, esacerbate da una crisi economica la cui profondità è stata solo di recente riconosciuta nel dialogo nazionale. Sia l'economia ufficiale sia quella sommersa fanno affidamento sugli immigrati, mentre l'Italia è lacerata tra accettazione e xenofobia". E la criminalità organizzata ha "una forte presa" su ogni livello dell'economia calabrese.

I disordini di Rosarno hanno ampio spazio su molte altre testate straniere, con attenzione alle eventuali implicazioni della ‘Ndrangheta.

Il britannico Guardian ha oggi un titolo d'effetto: "Città italiana del Sud "sola città bianca" del mondo dopo pulizia etnica". Il titolo riprende una battuta di Luigi Manconi, sottosegretario alla Giustizia nel precedente governo di centrosinistra. Si tratta di una pulizia etnica "sanguinosa", nota il corrispondente John Hooper, con scene che ricordano il vecchio "profondo Sud" americano.

Sull'edizione online del Guardian c'è un altro titolo forte: "Italia, un Paese unito dal razzismo". Il commento di Vittorio Longhi osserva che la persecuzione degli immigrati è un grosso affare nella terra di Silvio Berlusconi, dai politici alla criminalità organizzata, al business. L'articolo punta il dito sulla politica del governo italiano, che rimanda indietro immigrati in un Paese, la Libia, con scarso rispetto per i diritti civili. "Ancora peggio, l'Italia scambia immigrati con opportunità d'affari". "Ma l'ipocrisia del governo italiano va oltre", continua il commento, biasimando la politica italiana verso l'Eritrea, il cui presidente Isaias Afewerki è "considerato dall'Onu uno dei più brutali dittatori del mondo" e il cui regime è stato accusato da Hillary Clinton di aiutare gli estremisti islamici legati ad al-Qaida in Somalia. "Ma per il Primo ministro italiano è solo un buon partner d'affari". Nella ex colonia, si legge ancora, gli investimenti italiani vanno dall'Italcantieri, "legata alla famiglia Berlusconi", a progetti turistici nel Mar Rosso, ad aziende tessili che beneficiano della forza lavoro a basso costo. Secondo L'Espresso, continua il Guardian, a settembre una delegazione di Aferwerki, in un incontro con il ministro degli Esteri Franco Frattin, avrebbe lodato la politica dei respingimenti perché aiuta a tenere lontani i loro dissidenti politici.

Il Times pubblica la foto di una scritta in inglese su un muro di Rosarno: "Avoid shooting blacks" (Evitate di sparare sui neri). Si parla di "caccia all'immigrato" sui siti francesi e spagnoli. Scrive Miguel Mora su El Pais: "Il finale brusco di una convivenza precaria, basata su una relazione di atroce disuguaglianza, la conferma che in Calabria c'è più mafia che Stato, le immagini di violenza razzista… hanno fatto vergognare molti italiani". In un commento sul ritorno del franchismo sociologico in Spagna, intitolato "Revival", El Pais osserva per inciso che in Italia, con le ultime leggi sull'immigrazione, si ha l'impressione di assistere a un remake dell'apartheid sudafricano.

11 gennaio 2010

 

 

 

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

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10 gennaio 2010

"Dai nostri archivi"

Immigrati: la mappa delle aree a rischio

Rosarno, Maroni: "Degrado per troppa tolleranza verso i clandestini"

Rosarno, vertice in Procura sugli scontri Maroni: "Stop al lavoro nero"

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

La Calabria chiama tutti gli italiani

Tutti gli immigrati di Rosarno che le forze di polizia hanno trasferito nei centri di Crotone e Bari, se risulteranno clandestini, saranno espulsi. Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, durante 'L'intervista' a Skytg24. "Gli extracomunitari che erano a Rosarno - ha spiegato il titolare del Viminale – sono stati portati tutti nei centri di prima accoglienza, alcuni se ne sono andati spontaneamente: si tratta di cittadini con regolare permesso di soggiorno o che hanno presentato domanda come rifugiati politici, quindi secondo le leggi italiane con il pieno diritto di muoversi sul territorio italiano. Per gli altri inizieranno le procedure di identificazione, dopodiché analizzeremo il loro status giuridico e procederemo di conseguenza applicando la legge italiana".

Le responsabilità della 'ndrangheta. "È una coincidenza troppo coincidenza la circostanza che da un lato il governo, le istituzioni intervengono massicciamente contro la 'ndrangheta con rinforzi di polizia e di magistrati e, a distanza di qualche ora scoppia la rivolta a Rosarno provocata da spari contro alcuni extracomunitari". Così si è espresso invece il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ai microfoni del Giornale Radio Rai sulla presenza della criminalità organizzata dietro le sommosse degli immigrati in Calabria. Quanto al destino degli immigrati, Mantovano, ha chiarito che "la prima esigenza era quella di riportare l'ordine nella piana e di alleggerire la tensione. Questo spiega il trasferimento in vari centri si accoglienza. La posizione degli immigrati sarà vagliata dai responsabili dei centri: alcuni di loro sono regolari, altri hanno presentato domanda di riconoscimento di status di rifugiati, altri sono clandestini. Sulla base del profilo di ciascuno ci saranno dei provvedimenti conseguenti".

La legge "Bossi-Fini" e la tolleranza zero. Che la ‘ndrangheta abbia cavalcato la protesta di Rosarno "è una delle piste possibili", ma i responsabili di quello che è successo, frutto di una "tolleranza sbagliata", "sono tanti" e, tra questi, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, punta l'indice sulla Regione, gli enti locali, gli imprenditori ("che sfruttano questa povera gente") e le associazioni di categoria.

Accuse rispedite subito al mittente, a partire dal Governatore della Calabria, Agazio Loiero: "Il primo ad avere tollerato la situazione di Rosarno è proprio il ministro Maroni".

Maroni, replicando poi al leader del Pd Bersani, ha affermato che "la legge Bossi-Fini non c'entra niente con la situazione di Rosarno. La legge stabilisce un principio sacrosanto e cioè che può entrare in Italia chi ha un contratto di lavoro. Ed è la legge che stiamo applicando. Purtroppo è una legge che spesso viene violata e disapplicata perché il racket della criminalità riesce a far entrare in Italia clandestinamente queste persone. La tolleranza di cui parlavo e di chi si accorge che ci sono queste situazioni e non fa nulla per contrastarle".

"In Calabria lo Stato c'è", ha concluso Maroni, "e interverrà in tutte le situazioni analoghe che ci sono nel paese".

"Allontanti" 1.128 migranti. I braccianti di colore portati via da Rosarno in meno di 36 ore dopo gli scontri iniziati giovedì pomeriggio sono stati 11.28 come ha reso noto la Questura di Reggio Calabria. Tra questi 428 extracomunitari sono stati portati con i pullman al centro di prima accoglienza di Crotone; altri 400 al Cpa di Bari. E 300 - secondo la stima della Polizia - hanno lasciato Rosarno utilizzando i treni diretti al Nord.

Il Papa: rispetto per gli immigrati. Il Papa nell'Angelus in piazza san Pietro ha fatto riferimento ai fatti accaduti nei giorni scorsi a Rosarno: "L'immigrato è un essere umano, differente per cultura e tradizione ma comunque da rispettare", e "la violenza non deve essere mai per nessuno il modo per risolvere le difficoltà".

10 gennaio 2010

 

 

 

 

Rosarno, la procura indaga

sul ruolo della 'ndrangheta

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9 gennaio 2010

RETROSCENA / La beffa della città videosorvegliata

Rosarno, il prezzo delle arance aumenta del 474% dal campo alla tavola

Lo sgomebro degli immigrati

Gli affari dei cinesi a Rosarno

Rosarno si avvia verso la normalizzazione

L'ultimo blocco di cittadini rimasto sulla strada statale 18 per Gioia Tauro

RETROSCENA / Scontro tra nordafricani e subsahariani al servizio dei boss (di Roberto Galullo)

"Dai nostri archivi"

Rosarno, una guerra tra poveri con la regia delle cosche

A Rosarno torna la calma, gli immigrati lasciano il paese

Cresce la tensione a Rosarno: un uomo spara in aria

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

Rosarno, inchiesta sul ruolo della 'ndrangheta

La 'ndrangheta potrebbe avere deciso di "cavalcare" la protesta scoppiata a Rosarno, prima da parte degli immigrati, poi degli abitanti, per fini ancora tutti da chiarire. Al momento, dalle indagini non sono emersi elementi tali per affermare con certezza che sia così, ma di sicuro l'ipotesi - illustrata sul Sole24Ore.com da Roberto Galullo, che aveva descritto giovedì "una guerra tra poveri con la regia delle cosche" - è al vaglio degli investigatori che intendono chiarire perchè un fatto apparentemente casuale e privo di gravi conseguenze, come i due immigrati feriti da un fucile a pallini per un "motivo banale", possa avere provocato una reazione tanto violenta, alimentata, poi, dalla contro-reazione di alcuni abitanti di Rosarno.

Una violenza, poi, scoppiata proprio nel giorno in cui, a Reggio Calabria, i ministri Roberto Maroni ed Angelino Alfano, annunciavano nuove misure contro la 'ndrangheta dopo la bomba esplosa alla Procura generale. L'inchiesta sui fatti di Rosarno è coordinata dal procuratore della Repubblica di Palmi, Giuseppe Creazzo, lo stesso che per primo indagò, come pm della Dda di Reggio Calabria, sull'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Franco Fortugno.

Entro la serata sono stati infine tutti recuperati gli immigrati che erano in abitazioni a Rosarno e nel circondario. Carabinieri e polizia li hanno portati pian piano, nel corso della giornata, davanti all'ex Opera Sila, dove si stanno completando gli ultimi trasporti in autobus verso il centro di accoglienza di Bari. Le voci che si sono rincorse nel pomeriggio riguardo ad extracomunitari asserragliati in appartamenti o casolari sono state fermamente smentite dai responsabili dell'ordine pubblico sul posto. "Per evitare possibili ulteriori aggressioni agli immigrati - è stato spiegato - siamo andati a recuperare quelle persone che ce ne hanno fatto richiesta. Non c'è stato alcun problema".

Nel frattempo l'intera area della vecchia fabbrica di formaggio che affaccia sulla strada statale 18 interrotta da quasi 36 ore dal blocco degli abitanti di Rosarno è stata completamente sgomberata. Nessun fuoco acceso, solo cumuli di immondizia e i resti degli accampamenti di fortuna che sono stati per alcuni mesi la casa dei braccianti e dei raccoglitori di agrumi. La zona adesso sarà controllata dai carabinieri e dalla polizia. Si vogliono evitare possibili azioni dimostrative. A quel punto l'emergenza potrà dirsi finita. I presidi dei cittadini sulle strade si stanno man mano svuotando.

Durante la notte di venerdì 320 immigrati sono già stati portati nel centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto, nel crotonese. Una partenza avvenuta a bordo di sette pullman scortati da polizia e carabinieri e salutata dagli applausi di un gruppo di cittadini di Rosarno che stazionava nella zona. Giunti a Crotone gli immigrati hanno ricevuto i kit igienici e sono stati rifocillati con bevande calde prima dell'assegnazione dei posti. Al loro arrivo, sono cominciate le operazioni di identificazione che stanno ancora procedendo.

La situazione era sembrata peggiorare pericolosamente nel primo pomeriggio. Un immigrato era stato ferito con colpi di fucile caricato a pallini nelle campagne di Gioia Tauro, a pochi chilometri da Rosarno (Reggio Calabria). L'uomo è stato ricoverato all'ospedale della città; le sue condizioni non sarebbero gravi. L'espisodio è avvenuto nelle vicinanze dell'Opera Sila, a Rosarno, e è stato poi soccorso a Gioia Tauro. L'uomo sarebbe stato colpito da due persone che erano a bordo di un motorino e sarebbe stato ferito alle gambe e a un braccio.

Intanto, è salito il numero dei feriti dei due giorni di scontri e guerriglia vissuti da Rosarno. Complessivamente, secondo fonti investigative, sarebbero 66, tra immigrati, cittadini e forze di polizia, le persone che si sono fatte medicare o ricoverare negli ospedali di Gioia Tauro e Polistena. Si tratta, in particolare, di 30 extracomunitari, 17 abitanti del posto e 19 appartenenti alle forze di polizia. Due i feriti gravi, anche se stabili. Sono i due immigrati feriti a sprangate ieri pomeriggio.

Un altro ferito, pur lieve si è aggiunto alla lista nel tardo pomeriggio di sabato. Si tratta di un poliziotto colpito da un sasso lanciato dai manifestanti dei centri sociali che hanno promosso il presidio di solidarietà ai migranti di Rosarno e medicato dagli operatori del 118 all'angolo tra Via Urbana e Via De Pretis, a Roma. Non è stato necessario il ricovero in ospedale. I manifestanti, circa 200, si sono poi mossi in corteo da Piazza dell'Esquilino, dove si è arrivati al contatto con le forze di polizia, e sono giunti a Piazzale Tiburtino nel quartiere di San Lorenzo.

9 gennaio 2010

 

 

 

La beffa della città videosorvegliata

di Roberto Galullo

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10 gennaio 2010

"Dai nostri archivi"

Rosarno, inchiesta sul ruolo della 'ndrangheta

A Rosarno scontro tra etnie per mettersi in luce agli occhi dei boss

Rosarno, una guerra tra poveri con la regia delle cosche

Gli affari dei cinesi di Rosarno

La Calabria chiama tutti gli italiani

Se arrivi a Rosarno da nord o da sud, ce'è sempre lo stesso cartello pronto ad accoglierti: "Benvenuti. Città video sorvegliata".

Di telecamere in giro non ne vedi neppure una e gli abitanti, residenti o stagionali che siano, devono saperlo bene. Altrimenti, nella notte di giovedì scorso, non avrebbero dato luogo a scontri proseguiti nei giorni successivi.

Nei primi giorni di forte tensione tra rosarnesi e lavoratori extracomunitari impegnati nella campagna agrumicola, le notizie sull'origine degli scontri sono state poche, frammentate e contraddittorie.

A quattro giorni di distanza, e soprattutto dopo che tre pregiudicati sono stati arrestati per aver gravemente ferito alcuni extracomunitari, la verità sta venendo pian piano alla luce.

Una parte si conosceva e trova conferma: i lavoratori stagionali, stufi di essere vessati, a un certo punto hanno deciso di ribellarsi. Del resto non mancano, già dallo scorso anno, quando si verificò un episodio analogo, le indagini che seguono il filone dello sfruttamento e del capolarato. Decine di extracomunitari hanno testimoniato che alcuni cani sciolti, comunque autorizzati indirettamente dai boss, sottopongono regolarmente tutti a estorsione, accontentandosi anche di 2 euro di pizzo al giorno. Se non pagano non lavorano. La Procura di Palmi ha proceduto anche a sequestri di aziende agricole, ad arresti e migliaia di falsi lavoratori, falsi braccianti e proprietari terrieri disonesti sono stati ispezionali dall'Ufficio del lavoro e ora la Giustizia ordinaria sta seguendo il suo corso.

L'esplosione, però, è stata innescata – da quanto raccontano da giorni nei capannelli i ragazzotti delle famiglie mafiose o colluse – da un gesto involontario di scherno di un extracomunitario che, senza saperlo, ha orinato nella proprietà di un padrino. Non solo, sarebbe stato visto dalla donna di un capo, la qual cosa da queste parti è un affronto imperdonabile.

Dopo i primi colpi di fucila a pallini, due ore più tardi nuove scariche, provenienti dai familiari della cosca, sarebbero partiti, senza un obiettivo preciso, all'indirizzo di altri extracomunitari. Due sono stati colpiti e trasportati in ospedale.

E' stata qusta solo la goccia che ha fatto traboccare la pazienza dei neri sfruttati. Il giorno dopo, nel pomeriggio, con una regia rodatissima, le cosche hanno armato le mani violente di giovani ragazzi con mazze di ferro, bastoni chiodati e bombe molotov pronte a essere lanciate verso gli extracomunitari qualora fossero usciti dall'ex oleificio abbandonato, occupato abusivamente, forzando il posto di blocco delle Forze dell'Ordine. Non è successo ma i Bellocco non hanno atteso. Uno di loro, Antonio, ha sparato ed ha colpito un extracomunitario. Arrestato per tentato omicidio e ferito a sua volta è piantonato all'ospedale di Polistena. Un altro, a lui vicino, è stato arrestato per lo stesso motivo. Pregiudicato, nel passato è stato accusato di aver ucciso la fidanzata. L'ultimo si è lanciato a tutta velocità con una ruspa tentando di travolgere tutto e tutti. Ha colpito un extracomunitario ed è stato arrestato.

Il giorno dopo l'affronto e la rivolta, le cosche non potevano permettere un affronto simile nella loro terra, la dove controllano anche l'aria che si respira. E così, costi quel che costi, giustizia sommaria è stata fatta. A quando quella dello Stato in una Rosarno ormai svuotata degli extracomunitari che hanno raggiunto i centri di accoglienza?

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

10 gennaio 2010

 

 

 

 

Rosarno, il prezzo delle arance aumenta del 474% dal campo alla tavola

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10 GENNAIO 2010

"Dai nostri archivi"

Gli irregolari di Rosarno saranno subito espulsi

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

Rosarno, inchiesta sul ruolo della 'ndrangheta

La beffa della città videosorvegliata

Lo sconto viaggia a chilometro zero

Le arance sono pagate in media 27 centesimi al chilo nelle campagne, in calo rispetto allo scorso anno e al di sotto dei costi di produzione, ma il prezzo moltiplica fino a 1,55 euro al chilo sul banco dei consumatori con ricarichi del 474% dal campo alla tavola. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti, in occasione dei fatti di Rosarno, dalla quale si evidenzia peraltro che la situazione è ancora più grave per le arance destinate alla produzione di succo che vengono pagate appena 3-4 centesimi al chilo anche perché manca l'obbligo di indicare l'origine nel succo nelle bevande e viene "spacciato" come made in Italy quello importato dal Brasile o dalla Florida.

Con una produzione che quest'anno è stimata pari a 2,3 milioni di tonnellate, il compenso riconosciuto agli agricoltori è insostenibile - sottolinea la Coldiretti - a causa delle distorsioni e delle speculazioni lungo la filiera che hanno portato alla scomparsa in Italia di oltre il 42 per cento di terreno coltivato ad agrumi negli ultimi dieci anni con la chiusura delle imprese agricole, la perdita di opportunità lavoro e di sviluppo del territorio.

"Va garantita la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano un'ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell'attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale, al servizio del bene comune" - ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini - nel sottolineare che "la situazione colpisce la componente più debole dei lavoratori agricoli come gli immigrati, ma anche le tante imprese oneste agricole che operano nella legaltà", costrette a lasciare il prodotto sulle piante per colpa delle pesanti distorsione nel passaggio dei prodotti dal campo alla tavola, con la perdita di opportunità che potrebbero contribuire a ridurre il disagio sociale".

Con circa il 10% di extracomunitari sul totale dei lavoratori agricoli nelle campagne la presenza di immigrati è una componente strutturale. Sono 98.155 i rapporti di lavoro regolari in agricoltura identificati come extracomunitari negli archivi Inps e appartengono a 155 diverse nazionalità anche se a trasferirsi in Italia per lavorare in agricoltura - sostiene la Coldiretti - sono principalmente gli albanesi (15%), i rumeni (12%) e gli indiani (10%) che trovano occupazione soprattutto negli allevamenti del nord per l'abilità e la cura che garantiscono alle mucche.

Numerosi i "distretti agricoli" dove i lavoratori immigrati sono diventati indispensabili come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia-Romagna, dell'uva in Piemonte, del tabacco in Umbria e Toscana o del pomodoro in Puglia. Si tratta di un evidente dimostrazione che - conclude la Coldiretti - gli immigrati occupati regolarmente in agricoltura contribuiscono in modo strutturale e determinante all'economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabili per garantire i primati del made in Italy alimentare nel mondo.

10 GENNAIO 2010

 

 

 

 

 

Il Vaticano: "Lo strumento

della violenza è da bandire"

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"Dai nostri archivi"

Rosarno, inchiesta sul ruolo della 'ndrangheta

Napolitano e Bertone in difesa di Tettamanzi: "Chiesa essenziale per la società"

Misoginia? No, donne protagoniste

Bertone: "Politici, deponete le armi"

Napolitano a Bagnasco: "L'Italia non lo lascerà solo". Telefonata di Benedetto XVI

 

Invoca giustizia "soprattutto per i poveri e gli oppressi" il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, inaugurando l'anno giudiziario, e il pensiero corre subito a Rosarno, dove la "giustizia" e il "diritto" hanno lasciato nei giorni scorsi la parola alla violenza.

Una violenza che, in ogni caso, "trasforma ogni giustizia in ingiustizia", ammonisce il porporato, il quale, tuttavia, invitato a commentare i fatti, conferma la "preoccupazione" del Vaticano per la "situazione in Calabria", soprattutto per le "gravi condizioni di lavoro" cui sono sottoposti gli immigrati". Parole forti, per il solitamente prudente segretario di Stato, che si affretta comunque ad aggiungere che, in ogni caso, "lo strumento della violenza è da bandire".

L'auspicio del Vaticano è che ora si torni a costruire una "pacifica convivenza", un "riscatto di vita" a cominciare dalla "valorizzazione delle doti e delle capacità di ciascuno". Degli immigrati, prima di tutto, in considerazione del "servizio prezioso" da loro prestato all'agricoltura e quindi alla comunità locale". Immigrati tenuti, però, come tutti, al rispetto della legge.

La giustizia vaticana guarda in alto - aveva spiegato Bertone nell'omelia - e invita giudici e politici ad agire "con una logica umana che sappia inserirsi in una prospettiva più grande". Il card.Bertone cita più volte il Salmo 71, che chiama a governare secondo "giustizia e diritto, soprattutto nei confronti dei poveri e degli oppressi", "sovente vittime del potere". Ad ascoltarlo, anche alcuni magistrati italiani, e il capo dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta.

Sui fatti di Rosarno è tornato questa mattina anche il quotidiano dei vescovi Avvenire, puntando il dito non solo contro la 'ndrangheta, "che su di loro si arricchisce", ma anche sulle istituzioni che, "per prime", girano la testa dall'altra parte.

Bertone, invece, a margine della messa d'inaugurazione dell'anno giudiziario vaticano, ha toccato anche altri temi, esprimendo la preoccupazione sua e del Papa, già espressa anche dal ministro degli esteri, Franco Frattini, per le violenze contro i cristiani di questi giorni, "in Egitto e in ogni parte del mondo". Ed ha accennato all'incidente di Natale in cui una donna spinse il pontefice facendolo cadere a terra, invocando un "maggior rispetto", nel linguaggio e nei gesti, "per tutti, ma soprattutto" per una "autorità morale", come il Papa, che "lavora incessantemente per il bene comune".

 

 

 

2010-01-09

Rosarno, la procura indaga

sul ruolo della 'ndrangheta

9 gennaio 2010

Lo sgomebro degli immigrati

Gli affari dei cinesi a Rosarno

Rosarno si avvia verso la normalizzazione

L'ultimo blocco di cittadini rimasto sulla strada statale 18 per Gioia Tauro

RETROSCENA / Scontro tra nordafricani e subsahariani al servizio dei boss (di Roberto Galullo)

La 'ndrangheta potrebbe avere deciso di "cavalcare" la protesta scoppiata a Rosarno, prima da parte degli immigrati, poi degli abitanti, per fini che sono ancora tutti da chiarire. Al momento, dalle indagini non sono emersi elementi tali per affermare con certezza che sia così, ma di sicuro l'ipotesi - illustrata sul Sole24Ore.com da Roberto Galullo, che aveva descritto giovedì "una guerra tra poveri con la regia delle cosche" - è al vaglio degli investigatori che intendono chiarire perchè un fatto apparentemente casuale e privo di gravi conseguenze, come i due immigrati feriti da un fucile a pallini per un "motivo banale", possa avere provocato una reazione tanto violenta, alimentata, poi, dalla contro-reazione di alcuni abitanti di Rosarno.

Una violenza, poi, scoppiata proprio nel giorno in cui, a Reggio Calabria, i ministri Roberto Maroni ed Angelino Alfano, annunciavano nuove misure contro la 'ndrangheta dopo la bomba esplosa alla Procura generale. L'inchiesta sui fatti di Rosarno è coordinata dal procuratore della Repubblica di Palmi, Giuseppe Creazzo, lo stesso che per primo indagò, come pm della Dda di Reggio Calabria, sull'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Franco Fortugno.

Entro la serata sono stati infine tutti recuperati gli immigrati che erano in abitazioni a Rosarno e nel circondario. Carabinieri e polizia li hanno portati pian piano, nel corso della giornata, davanti all'ex Opera Sila, dove si stanno completando gli ultimi trasporti in autobus verso il centro di accoglienza di Bari. Le voci che si sono rincorse nel pomeriggio riguardo ad extracomunitari asserragliati in appartamenti o casolari sono state fermamente smentite dai responsabili dell'ordine pubblico sul posto. "Per evitare possibili ulteriori aggressioni agli immigrati - è stato spiegato - siamo andati a recuperare quelle persone che ce ne hanno fatto richiesta. Non c'è stato alcun problema".

Nel frattempo l'intera area della vecchia fabbrica di formaggio che affaccia sulla strada statale 18 interrotta da quasi 36 ore dal blocco degli abitanti di Rosarno è stata completamente sgomberata. Nessun fuoco acceso, solo cumuli di immondizia e i resti degli accampamenti di fortuna che sono stati per alcuni mesi la casa dei braccianti e dei raccoglitori di agrumi. La zona adesso sarà controllata dai carabinieri e dalla polizia. Si vogliono evitare possibili azioni dimostrative. A quel punto l'emergenza potrà dirsi finita. I presidi dei cittadini sulle strade si stanno man mano svuotando.

Durante la notte di venerdì 320 immigrati sono già stati portati nel centro di prima accoglienza di Isola Capo Rizzuto, nel crotonese. Una partenza avvenuta a bordo di sette pullman scortati da polizia e carabinieri e salutata dagli applausi di un gruppo di cittadini di Rosarno che stazionava nella zona. Giunti a Crotone gli immigrati hanno ricevuto i kit igienici e sono stati rifocillati con bevande calde prima dell'assegnazione dei posti. Al loro arrivo, sono cominciate le operazioni di identificazione che stanno ancora procedendo.

La situazione era sembrata peggiorare pericolosamente nel primo pomeriggio. Un immigrato era stato ferito con colpi di fucile caricato a pallini nelle campagne di Gioia Tauro, a pochi chilometri da Rosarno (Reggio Calabria). L'uomo è stato ricoverato all'ospedale della città; le sue condizioni non sarebbero gravi. L'espisodio è avvenuto nelle vicinanze dell'Opera Sila, a Rosarno, e è stato poi soccorso a Gioia Tauro. L'uomo sarebbe stato colpito da due persone che erano a bordo di un motorino e sarebbe stato ferito alle gambe e a un braccio.

Intanto, è salito il numero dei feriti dei due giorni di scontri e guerriglia vissuti da Rosarno. Complessivamente, secondo fonti investigative, sarebbero 66, tra immigrati, cittadini e forze di polizia, le persone che si sono fatte medicare o ricoverare negli ospedali di Gioia Tauro e Polistena. Si tratta, in particolare, di 30 extracomunitari, 17 abitanti del posto e 19 appartenenti alle forze di polizia. Due i feriti gravi, anche se stabili. Sono i due immigrati feriti a sprangate ieri pomeriggio.

Un altro ferito, pur lieve si è aggiunto alla lista nel tardo pomeriggio di sabato. Si tratta di un poliziotto colpito da un sasso lanciato dai manifestanti del presidio di solidarietà ai migranti di Rosarno e medicato dagli operatori del 118 all'angolo tra Via Urbana e Via De Pretis, a Roma. Non è stato necessario il ricovero in ospedale. I manifestanti, circa 200, si sono poi mossi in corteo da Piazza dell'Esquilino, dove si è arrivati al contatto con le forze di polizia, e sono giunti a Piazzale Tiburtino nel quartiere di San Lorenzo.

9 gennaio 2010

 

 

 

 

Saviano: il coraggio di insorgere contro la mafia

di Giorgio Santilli

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9 gennaio 2010

"Dai nostri archivi"

La Calabria chiama tutti gli italiani

A Rosarno scontro tra etnie per mettersi in luce agli occhi dei boss

Rosarno si avvia verso la normalizzazione

A Rosarno torna la calma, gli immigrati lasciano il paese

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

"Gli immigrati non vengono in Italia solo a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare, ma anche a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere". Roberto Saviano, autore trentenne del bestseller mondiale Gomorra, simbolo della lotta alle mafie che il Sole 24 Ore ha inserito nella classifica dell'uomo dell'anno per la battaglia di legalità, non rinuncia a vedere negli incidenti di Rosarno un lato positivo. L'altra faccia della luna. A mostrarla sono gli immigrati che protestano contro le mafie oggi come a Villa Literno nel settembre 1989, dopo l'omicidio del sudafricano Jerry Masso, e a Castel Volturno nel settembre 2008 dopo l'uccisione di sei immigrati.

Saviano - che in questa intervista lancia l'allarme per il rischio di nuovi attentati di 'ndrangheta e camorra dopo la bomba di Reggio Calabria - non nega che le modalità della rivolta siano criticabili, ma è convinto che "a ribellarsi è la parte sana della comunità africana" che non accetta compromessi con la criminalità. "Quello che colpisce - dice lo scrittore - è che gli immigrati hanno un coraggio contro le mafie che gli italiani hanno perso. Per loro il contrasto alle organizzazioni criminali è questione di vita o di morte". Non vanno criminalizzati. "Piuttosto dovremmo considerarli alleati nella battaglia all'illegalità".

Saviano non vuole criminalizzare gli immigrati di Rosarno, che nelle regioni a rischio mafia entrano nella rete della criminalità organizzata fin dallo sbarco. "Mentre nel nord Italia la Lega ha continuato a ostacolare l'immigrazione, la camorra si è lentamente impadronita del monopolio dei documenti falsi: le leggi più severe sull'immigrazione le hanno fruttato milioni di euro".

Saviano, lei usò parole dure anche in occasione del massacro di Castel Volturno, territorio che conosce bene.

Di Rosarno come di Castel Volturno si parla solo quando c'è una rivolta. Anche questo mi colpisce: il silenzio favorisce le mafie e si perdono occasioni di sviluppo. Castel Volturno ha il maggior numero di abusi edilizi al mondo ed è il comune più africano d'Italia.

C'è una connessione fra le due cose?

Era una città abbandonata per via dell'abusivismo e nei palazzi vuoti arrivarono gli africani. È diventata così la prima città africana d'Italia. Anziché valorizzarla, l'abbiamo nascosta come fosse una suburra.

Valorizzarla, come?

Qualunque paese europeo avrebbe fatto un vanto di avere una città tutta africana e l'avrebbe messa sotto i riflettori mediatici. Avrebbe fatto un sindaco immigrato, avrebbe portato lì le ambasciate dei paesi africani, avrebbe organizzato un bel festival africano. Ne avrebbe fatto una porta sul Mediterraneo. Invece, si è consegnata la città in mano alla mafia nigeriana con il risultato di farne uno snodo del traffico della droga. Una città dove la maggior parte degli immigrati onesti vivono una vita d'inferno.

Cos'è che i media non raccontano?

La Calabria è, come la Campania, un territorio che vive una guerra quotidiana. Se si vedono i dati, ci sono tantissimi attentati alle associazioni antiracket o a consiglieri comunali, intimidazioni con un colpo sparato alla porta o una molotov su una tomba. Magistrati continuamente nel mirino come Raffaele Cantone o Nicola Gratteri. È una guerra silenziosa che non trovi sui giornali.

Che significa in questa guerra quotidiana la bomba alla procura di Reggio?

È il segno che la 'ndrangheta alza il livello dello scontro. È una bomba artigianale, quindi un segnale di misura contenuta e simbolica ancora, un messaggino. La famiglia Condello possiede bazooka ed esplosivi C3 e C4, capaci di far saltare l'intero edificio della procura.

È credibile che l'attentato sia stato deciso da una riunione di tutti i capiclan?

Mi pare più probabile che l'abbia deciso una famiglia e abbia ottenuto il silenzio-assenso delle altre. Certo è un segnale condiviso in qualche misura da tutte le 'ndrine.

Un segnale alla procura o a chi altro?

Alla procura, non c'è dubbio. Le grammatiche delle mafie sono disciplinatissime. Se avessero voluto intimidire la direzione antimafia, l'avrebbero messo alla loro sede.

Perché ora?

Ci sono due livelli di risposta. Il primo riguarda la procura di Reggio Calabria. Il destinatario della bomba è il procuratore capo che è arrivato un mese fa e ha già fatto scelte importanti. Penso ci fossero correnti di magistrati, all'interno della procura, che le cosche preferivano. Non necessariamente colluse. Forse, più semplicemente, meno efficienti. Istruire le carte di un processo in tre mesi o due anni può cambiare il destino di una famiglia, saltano attività economiche, azioni criminose.

C'è un livello di lettura più generale dell'attentato di Reggio Calabria?

Molto è cambiato con gli arresti nel casertano e le sentenze di condanna in Calabria. Un anno e mezzo fa a Reggio è stato arrestato Pasquale Condello detto "il supremo". Era il leader indiscusso, uomo capace di mediazione, anche con la politica. Il suo arresto ha messo in crisi assetti consolidati. Le mafie si aspettavano molto dai loro referenti politici e non sono disposte a vedere che se la cavano. Il problema non riguarda solo la Calabria.

Pensa che l'episodio della bomba non resterà isolato?

Non mi aspetto che sia finita qui. Chiedo molta attenzione al governo, ai media. Il 15 gennaio dovrebbe chiudersi in Cassazione il processo Spartacus contro i Casalesi. È il primo processo sull'intera organizzazione camorristica che arriva al terzo grado. È il più importante processo di mafia nella storia insieme al maxiprocesso di Palermo. Se le condanne saranno confermate, l'organizzazione non potrà non fare nulla, manderà segnali.

C'è il rischio di una escalation.

Tanto più se la cosa passerà sotto silenzio. Ricordo che questo processo era durato dieci anni in primo grado e, dopo che sono stati accesi i riflettori sui Casalesi, fino ad allora sconosciuti alla pubblica opinione, il processo di appello è durato un anno e mezzo e ora il terzo grado un anno.

C'è un collegamento fra questi gruppi? Siamo abituati a ragionare che le mafie sono sistemi isolati.

Le mafie non sono monadi isolate. Casertani e calabresi sono in continua connessione perché sono le mafie degli investimenti e delle regole. Non come i napoletani, sregolati, e i siciliani, ormai vecchi. In Romania stanno lavorando insieme, sui casinò investono insieme. Le loro strutture seguono la globalizzazione con ritmi più veloci di quanto riesca a fare lo Stato. Nelle loro strutture ci sono domenicani, boliviani, tedeschi. Negli ultimi arresti fatti a Caserta c'era un tunisino affiliato. La camorra è la prima mafia ad aver aperto agli stranieri e fra dieci anni avremo capicamorra arabi e slavi.

Il cambiamento di clima confermerebbe quel che dice il ministro Maroni: una risposta dello Stato c'è già stata. Che valutazione dà del modello Caserta?

È stato fatto un buon lavoro: arresti e molta pressione sulle amministrazioni pubbliche, sul risparmio, sul ciclo dei rifiuti. Però le mafie sono tutt'altro che sconfitte ed è un errore grave dirlo o anche solo farlo pensare.

Qual è la realtà della vita quotidiana?

Se cammini sulla Napoli-Caserta, anche stasera, continui a vedere, proprio come dieci anni fa, i fuochi delle discariche abusive che bruciano copertoni arrivati da tutta Italia. Non è vero che il ciclo dei rifiuti è stato sconfitto. Ancora sono liberi, per altro, Antonio Iovine e Michele Zagaria, latitanti da 13 anni, i capi, uomini del cemento che investono a Roma e in Romania.

Siamo in una fase di transizione?

C'è una operatività dello Stato che viene riconosciuta dalle mafie ma non ancora considerata fisiologica. Se lo Stato fosse unito e la risposta compatta, le mafie capirebbero che qualunque azione peggiorerebbe la loro situazione. Se alzano il tiro è perché sanno che ancora possono parlare con qualcuno all'interno dell'apparato statale. È un brutto clima, lo stesso che ha portato alla primavera siciliana, quando fu ucciso Lima.

Il sequestro di beni è strumento risolutivo?

Un salto di qualità c'è stato anche lì. Però rinnovo l'invito a non abbassare la guardia. Sequestrare la Lamborghini o la villa è importante, ma non abbiamo ancora intaccato i patrimoni attivi delle mafie. La cosa davvero importante è che non si mettano all'asta. Chiedo a Maroni che intervenga su questo punto: i beni vengano immediatamente riassegnati alle biblioteche, alle associazioni antiracket, alle università.

Sul piano repressivo che altro bisogna fare?

La repressione non basta. Bisogna sconfiggere l'economia mafiosa, passare al sequestro delle loro aziende. Ci vuole un segnale di cambiamento anche a livello di leggi: lo scudo fiscale, il limite alle intercettazioni, il patteggiamento per i reati di mafia non vanno bene.

Qual è l'obiettivo?

Deve essere premiato il mondo delle imprese pulite, si deve permettere all'imprenditore di guadagnare dalla prassi antimafia. Oggi per l'imprenditore pulito essere contro le organizzazioni mafiose porta solo svantaggi e danni.

Come?

Va bene quel che ha cominciato a fare Confindustria Sicilia: cacciare dal mercato chiunque partecipi all'economica mafiosa, prima ancora che per un fatto morale, per una concorrenza sleale. Prendiamo gli appalti. Il gioco del massimo ribasso fa vincere le mafie perché possono fare costi più bassi: pagano meno la manodopera in nero, ammortizzano i costi con altre entrate come la droga. Se non cambi le regole degli appalti, vinceranno sempre.

Ance propone di passare a un sistema di subappalti in cui l'appaltatore scelga in un elenco di imprese pulite selezionate dalle Procure. Che ne pensa?

Il certificato antimafia è una garanzia di partenza ma non basta. Bisogna togliere all'imprenditore pulito la possibilità di utilizzare il vantaggio competitivo che arriva dall'economia mafiosa. La proposta va in quella direzione.

Che significa uscire dal sistema del massimo ribasso?

Se un'impresa investe per lo sviluppo del territorio, per esempio con una scuola di formazione di carpentieri, va premiata. Di più: bisogna premiare l'attività antimafiosa delle imprese. Nelle gare d'appalto basta massimo ribasso, diamo un premio a chi si impegna in un'attività antimafiosa: chi denuncia il pizzo o l'economia mafiosa. Se vogliamo vincere questa guerra dobbiamo abbandonare il formalismo di certe gare e la legge del massimo ribasso.

Che altro si può fare per sconfiggere l'economia mafiosa?

Fare quello che fa l'associazione Libera. Porta lì ragazzi di Torino, del Friuli, romani o umbri a fare il lavoro con le bufale di Schiavone o i filari di vite portati via a Reina. Combatte l'economia mafiosa e occupa il territorio.

Vede segnali positivi?

Cresce il disgusto degli elettori per politici collusi di destra e sinistra. Penso alla Campania dove il coordinatore Pdl è Nicola Cosentino che dice di essere dalla mia parte, ma non lo è affatto. I processi faranno il loro corso. A un politico, però, bisogna chiedere non solo di essere lontano dagli affari criminali, ma anche di avere una reputazione lontana dagli affari criminali. Il fatto che sul territorio un politico sia considerato da tutti come interlocutore di quel mondo è di per sé imbarazzante anche qualora non fosse condannato. Aggiungo che anche le politiche del centro-sinistra degli ultimi anni sono state politiche di connivenza. Spero che gli elettori alle prossime regionali facciano pulizia dei collusi mandando un segnale chiaro.

9 gennaio 2010

 

 

 

 

ITALIA

ILSOLE24ORE.COM > Notizie Italia ARCHIVIO

Il Vaticano: "Lo strumento

della violenza è da bandire"

"Dai nostri archivi"

La Calabria chiama tutti gli italiani

A Rosarno torna la calma, gli immigrati lasciano il paese

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

Saviano: il coraggio di insorgere contro la mafia

Rosarno si avvia verso la normalizzazione

 

Invoca giustizia "soprattutto per i poveri e gli oppressi" il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, inaugurando l'anno giudiziario, e il pensiero corre subito a Rosarno, dove la "giustizia" e il "diritto" hanno lasciato nei giorni scorsi la parola alla violenza.

Una violenza che, in ogni caso, "trasforma ogni giustizia in ingiustizia", ammonisce il porporato, il quale, tuttavia, invitato a commentare i fatti, conferma la "preoccupazione" del Vaticano per la "situazione in Calabria", soprattutto per le "gravi condizioni di lavoro" cui sono sottoposti gli immigrati". Parole forti, per il solitamente prudente segretario di Stato, che si affretta comunque ad aggiungere che, in ogni caso, "lo strumento della violenza è da bandire".

L'auspicio del Vaticano è che ora si torni a costruire una "pacifica convivenza", un "riscatto di vita" a cominciare dalla "valorizzazione delle doti e delle capacità di ciascuno". Degli immigrati, prima di tutto, in considerazione del "servizio prezioso" da loro prestato all'agricoltura e quindi alla comunità locale". Immigrati tenuti, però, come tutti, al rispetto della legge.

La giustizia vaticana guarda in alto - aveva spiegato Bertone nell'omelia - e invita giudici e politici ad agire "con una logica umana che sappia inserirsi in una prospettiva più grande". Il card.Bertone cita più volte il Salmo 71, che chiama a governare secondo "giustizia e diritto, soprattutto nei confronti dei poveri e degli oppressi", "sovente vittime del potere". Ad ascoltarlo, anche alcuni magistrati italiani, e il capo dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, Franco Ionta.

Sui fatti di Rosarno è tornato questa mattina anche il quotidiano dei vescovi Avvenire, puntando il dito non solo contro la 'ndrangheta, "che su di loro si arricchisce", ma anche sulle istituzioni che, "per prime", girano la testa dall'altra parte.

Bertone, invece, a margine della messa d'inaugurazione dell'anno giudiziario vaticano, ha toccato anche altri temi, esprimendo la preoccupazione sua e del Papa, già espressa anche dal ministro degli esteri, Franco Frattini, per le violenze contro i cristiani di questi giorni, "in Egitto e in ogni parte del mondo". Ed ha accennato all'incidente di Natale in cui una donna spinse il pontefice facendolo cadere a terra, invocando un "maggior rispetto", nel linguaggio e nei gesti, "per tutti, ma soprattutto" per una "autorità morale", come il Papa, che "lavora incessantemente per il bene comune".

 

 

 

Gli affari dei cinesi di Rosarno

di Roberto Galullo

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10 gennaio 2010

FOTO / I negozi cinesi a Rosarno

"Dai nostri archivi"

Rosarno, una guerra tra poveri con la regia delle cosche

La Calabria chiama tutti gli italiani

A Rosarno scontro tra etnie per mettersi in luce agli occhi dei boss

Rosarno, la procura indaga sul ruolo della 'ndrangheta

Rosarno si avvia verso la normalizzazione

A sanno move l'apa. Tradotto in italiano, comunque maccheronico, vuol dire: la sanno mettere in moto l'Ape, mito su tre ruote degli anni Settanta.

E' quanto i rosarnesi pensano dei cinesi, considerata gente furba e scaltra che sa come avviare il motore degli affari. Per popolazioni subsahariane e nordafricane che in questo momento la pancia della gente e la macelleria delle cosche Pesce e Bellocco non vogliono più, c'è un'altra etnia, i cinesi appunto, che qui a Rosarno si è perfettamente integrata.

Le insegne dei loro negozi – quasi tutti di abbigliamento a basso costo – campeggiano lungo Via Nazionale, teatro di scontri nella notte di giovedi notte e ancora ieri mattina. Un ristorante – come potrebbe mancare – lo si trova anche fuori Rosarno, andando nella zona nord della città, dove ci sono gli agrumeti e dove c'è l'ex oleificio abbandonato da anni, occupato abusivamente dai lavoratori stagionali. Lì, ancora adesso, c'è un presidio delle Forze dell'Ordine e un gruppetto di circa 200 persone che sono state chiamate a raccolta, nella protesta, da Domenico Ventre, ex assessore alla Protezione civile della Giunta sciolta per infiltrazione mafiosa. "Scriva però – intima mentre tutto intorno si crea un capannello di volti noti da queste parti – che non sto facendo campagna elettorale". E come no. Se non per sé per qualcun altro.

Il perché della pacifica presenza dei cinesi in tutta la Piana di Gioia fino a Reggio Calabria, dove i loro negozi prima rappresentavano un'eccezione e ora sono la regola per chi vuole spendere a buon mercato, è presto detto. Solo in Via Garibaldi, il salotto bene di Reggio Calabria, non hanno trovato spazio nonostante avessero sgomitato per averlo. In Via Garibaldi sono i boss che decidono chi entra e chi no.

I cinesi – come tutti, compresi gli extracomunitari che in queste settimane raccoglievano mandarini e arance – pagano regolarmente il pizzo agli emissari delle cosche. Una sola volta, recentemente, uno di loro si è ribellato alle estorsioni, ha sparato ed è ora accusato di tentato omicidio. La sua strada è segnata, così come quella dei cani sciolti della ‘ndrangheta che lo hanno vessato maldestramente per raccimolare qualche soldo con le estorsioni, fare gavetta e tentare la sorte della scalata gerarchica.

C'è, però, un altro motivo per il quale i cinesi stanno buoni e quieti. Il fatto che dalla Cina, regolarmente, partono milioni di tonnellate di merci contraffatte che arrivano nel Porto di Gioia Tauro. Solo una minima parte viene intercettata dalla Guardia di finanza e dalla Agenzia delle Dogane. Il resto prende le strade del Nord Italia e invade i mercati, i mercatini e anche gli esercizi commerciali disonesti.

Direbbe il saggio: se a Rosarno affari vuoi fare, le merci devi contraffare.

10 gennaio 2010

 

 

 

A Rosarno scontro tra etnie per mettersi in luce agli occhi dei boss

di Roberto Galullo

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9 gennaio 2010

Tra gli immigrati che "se ne devono andare"

"Dai nostri archivi"

Rosarno, una guerra tra poveri con la regia delle cosche

La Calabria chiama tutti gli italiani

Rosarno, tra gli immigrati che "se ne devono andare"

Saviano: il coraggio di insorgere contro la mafia

A Rosarno torna la calma, gli immigrati lasciano il paese

"Sono stati i negri. I negri hanno fatto casino". Mohammed, algerino, 25 anni dichiarati, altri 20 sulle spalle piegate dalla campagna agrumicola, non ha dubbi e indica i "negri" come i responsabili dello sgarbo alla città di Rosarno, degenerato in violenti scontri. E con lui è d'accordo il gruppetto di nordafricani che, la mattina di buon ora ciondola per la strada principale, con le solite buste di plastica in mano.

Il paradosso di chi attacca chi ha un colore della pelle simile al proprio – la mattina dopo in cui circa 250 immigrati sono partiti alla volta del Centro di prima accoglienza di Crotone e altri dovrebbero partire alla volta di Lamezia - è solo apparente. Gli extracomunitari, in gran parte clandestini, che raccolgono arance e mandarini nella Piana di Gioia Tauro o in quella di Sibari, sono per buona parte nordafricani ma una parte consistente proviene dalle regioni subsahariane, dall'Africa più nera.

Sarebbero state tra di loro le teste calde che hanno provocato gli scontri o hanno abboccato alle provocazioni innescate ad arte. Una lettura in filigrana attraverso la quale si spiegherebbe almeno perché, fin dal primo momento, la componente "storica" di stagionali ha solidarizzato con chi, tra i rosarnesi, ha chiesto l'immediata espulsione dei clandestini e il censimento di quanti entrano in città.

Qualcuno tra di loro – senza avere in realtà alcuna speranza di riuscirci – ha avuto forse l'ambizione maldestra di mettersi in mostra agli occhi delle cosche. Non è la prima volta che capita anche se gli episodi, finora, sono stati sapientemente circoscritti alla zona senza conquistare ribalte più ampie.

Qualcuno che magari punta a diventare "un'azionista", che nei codici della ‘ndrangheta è chi vuole farsi notare per essere arruolato. Sempre da un caporale, ma questa volta diverso da chi ti porta a spezzarti la schiena nei campi. Qualcuno che ti assume per uccidere. Pochi euro anche lì e nessuna gloria, come sa bene Francesco Calabrò, passato alla storia perché voleva fare carriera sparando a Reggio Calabria contro il portone di un boss. Pluriomicida ed estraneo alle tradizioni familiari ‘ndranghetiste, giocoforza ha finito col passare dall'altra parte e collaborare con la Giustizia. La sua vita, ora, si commenta da sola: non esiste più.

Una strategia suicida, quella delle teste calde, che rischia solo di incendiare un'area, quella della Piana di Gioia Tauro, dove la forza repressiva dello Stato ha già fatto impazzire di rabbia le cosche Piromalli, Molè e Crea, cadute sotto i colpi di arresti, omicidi e sequestri di patrimoni milionari illeciti.

Ma una lezione – violenza a parte – proviene dagli extracomunitari, ed è che l'unione, contro la ‘ndrangheta, fa la forza. E la forza della disperazione aumenta se le cosche ti svuotano il portafoglio.

Ciò che non hanno capito i calabresi lo hanno capito i neri che raccolgono gli agrumi per non pi' di 25 euro al giorno, al soldo delle cosche. Tra i 5 e i 10 euro vanno subito al caporale, quasi sempre di colore, che ogni giorno li "assume" sulla statale che lambisce questo paese disastrato come pochi in Calabria.

Il resto della diaria quotidiana serve per pagare l'affitto in stamberghe fatiscenti e puzzolenti, ubriacarsi e andare a prostitute. Insomma un ciclo economico chiuso e virtuoso, ma solo per le cosche Pesce e Bellocco che qui dettano legge e con una mano riprendono ciò che con l'altra hanno fatto generosamente concedere.

E' da questa disperazione che è nata la forza degli extracomunitari che hanno reagito alle vessazioni che – in tempo di crisi per l'agrumicoltura – hanno portato i proprietari a ritardare per settimane il pagamento. Sotto ricatto, con la promessa di essere pagati il giorno dopo e poi l'altro ancora e con la prospettiva di non essere scelti dal caporale, i duemila disperati che dalle sei della mattina si aggirano in attesa lungo la statale, hanno detto basta. E si sono ribellati sfilando fin sotto le case dei boss, prima di scontrarsi con le Forze dell'ordine e mettere a soqquadro la città.

Due giorni fa, ieri, oggi e fino a che le cosche locali non decideranno altrimenti, gli extracomunitari non andranno più nei campi. La città che non si ribella nei confronti delle cosche che hanno infiltrato, come in tutta la Piana, il Comune commissariato da mesi, non li vuole più. Ma qui la gente non si espone se non è autorizzata a esporsi, e a manifestare contro la ‘ndrangheta non verrà mai autorizzata. A meno di non volerci lasciare la pelle. Bianca.

Guardie o ladri, il blog di Roberto Galullo

9 gennaio 2010

 

 

Rosarno, una guerra tra poveri con la regia delle cosche

dal nostro inviato Roberto Galullo

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8 gennaio 2010

Due immigrati feriti da colpi di pistola

Rosarno, tra gli immigrati che "se ne devono andare"

Rosarno, il giorno dopo la rivolta degli immigrati

Maroni: "Degrado per troppa tolleranza verso i clandestini"

Gelmini: "Dal prossimo anno tetto del 30% agli alunni stranieri"

A Rosarno immigrati in rivolta: scene di guerriglia urbana

Le immagini degli scontri

Lavoro nero nelle campagne. Il "Grand Tour" dei clandestini

FOTO

Il lavoro nero nelle campagne

VIDEO

Il reportage della Bbc del febbraio 2009

"Dai nostri archivi"

Rosarno, tra gli immigrati che "se ne devono andare"

A Rosarno torna la calma, gli immigrati lasciano il paese

Rosarno, Maroni: "Degrado per troppa tolleranza verso i clandestini"

Cresce la tensione a Rosarno: un uomo spara in aria

A Rosarno immigrati in rivolta: scene di guerriglia urbana

ROSARNO - A casa ‘sti niri. A casa questi negri. Te lo urlano in faccia appena capiscono che sei un giornalista catapultato qui per raccontare che cosa sta succedendo a Rosarno, paese della Piana reggina di Gioia Tauro, dove dettano legge le cosche Pesce e Bellocco. Nulla qui si muove che queste due famiglie non vogliano. E nulla viene tollerato o combattuto senza il loro benestare.

Oggi gli agrumeti sono desolatamente vuoti. Non c'è nessuno o quasi che raccoglie e impila. Li chiamerà, domani, i lavoratori di colore? La domanda rivolta a un piccolo proprietario agricolo che non direbbe il suo nome neppure sotto tortura, cade nel vuoto. "Oggi no, domani neppure, poi vedremo". E' chiaro che la decisione non l'ha presa lui, ma l'antistato, la ‘ndrangheta, che resta per ora alla finestra anche perché il chiasso è troppo assordante e le luci di Forze dell'ordine e media sono accecanti. No, meglio restare in disparte anche perchè la Calabria, dopo l'attentato alla Procura di Reggio, è come una spia sempre accesa sul corpo malato del Paese.

"A casa questi negri" te lo urlano anche da una macchina ferma mentre risali a piedi via Nazionale, oltre due chilometri di strada accidentata come neppure a Beirut, dove da ieri notte fino a questa mattina gli immigrati, in gran parte clandestini, chiamati qui per raccogliere arance e mandarini, hanno messo a ferro e fuoco ogni cosa che hanno trovato, armati di attrezzi rudimentali e qualche accendino. Macchine distrutte, cassonetti incendiati e bastonate a chiunque si avvicinasse alle trincee di fortuna che hanno allestito mentre la gente assisteva dai balconi. Nessuno – secondo una regia studiata a tavolino e che vedrà successivamente il secondo atto, cioè la reazione, quando i riflettori si saranno anche solo un po' abbassati – reagisce per strada alle aggressioni e alle provocazioni. Nonostante le botte piovute su donne (una incinta) e bambini che, per la ‘ndrangheta di qui, sono ancora sacri. Anche questa è una sfida che non resterà senza conseguenze. Magari passeranno mesi, anni, ma la ritorsione ci sarà e sarà dura.

Le ambulanze da ieri vanno e vengono spesso senza motivo a sirene spiegate e il capitano della Polizia che gestisce le operazioni spiega che i suoi uomini dislocati per il paese non picchiano ma vigilano. Ciò non ha impedito che due immigrati fossero gambizzati venerdì.

Il cuore dei rosarnesi, la gente di colore la chiama e la ospita – qui la Caritas svolge un ruolo fondamentale e sono parecchie le famiglie che durante la stagione della raccolta si prodigano per aiutare chi è senza nulla e nulla ha da perdere – mentre la pancia ora la respinge. A casa sti niri. A casa questi negri, anche se per 30 euro al giorno, di cui almeno 10 dati al caporale, si spezzano la schiena dalla mattina alle sei al tramonto per impilare una dietro l'altra le cassette di frutta che prendono poi la via dei mercati ortofrutticoli del nord Italia. Arance e mandarini più pregiati raggiungono ancor più celermente le piazze straniere. Traffici rigorosamente gestiti dalle cosche, senza alcuna eccezione. Trenta euro che diventano 20 dopo il taglieggiamento del caporale, spesso di colore e mandato dalle cosche, ma che diventano 15 o anche 10 dopo il versamento dell'affitto per chi li ospita in stamberghe in cui la puzza è nauseabonda anche a metri di distanza. I più disgraziati dormono in fabbriche abbandonate dove la salute è inesistente e le risse e le ubriacature sono all'ordine del giorno. Già, perché molti di questi lavoratori nord africani, sub sahariani e, in misura ridotta, dell'Est Europa, spendono la gran parte di quel che resta in tasca per bere e pagare le prostitute. Insomma i soldi che gli immigrati ricevono in una mano – direttamente o indirettamente gestiti e autorizzati dalle cosche – vengono riconsegnati con l'altra mano a chi fa della disperazione un business.

La rivolta preoccupa per la prima volta in blocco la cittadinanza, dopo almeno 25 anni in cui si ripetono le stesse identiche scene di migrazione dalla Sicilia alla Calabria e da qui alla Campania o alla Puglia, per spezzarzi braccia e schiena sui campi di pomodori, sotto gli ulivi o le piante di agrumi.

 

Il perché lo spiega Domenico Ventre (nella foto) , un omone grande e grosso che impartisce ordini a un gruppo che definisce spontaneo e che si è riunito dalle prime luci dell'alba davanti al municipio di Rosarno, sciolto per mafia e ora guidato da tre commissari prefettizi.

Ventre spiega che hanno chiesto ai commissari di ripristinare la legalità ma quando provi a chiedergli se il problema a Rosarno sono i mandarini, così come nella Palermo di Johnny Stecchino era il ciaffico, risponde facendo finta di non aver capito la domanda. "Questi – dice – hanno messo a soqquadro la città e chi è fuorilegge se ne deve andare". Il concetto è chiaro: tutti.

Poi Ventre spiega come è nato l'incidente che ha portato al dramma. "Uno di loro ha fatto pipì davanti a un'abitazione privata – spiega Ventre – e il proprietario ha reagito sparando. A pallini però, sia ben chiaro".

Come no, e' chiaro, chiarissimo, anche se gli investigatori raccontano poi che sono mesi, anni, che nel silenzio dei media le sparatorie e i pestaggi – questa volta delle cosche verso chi osa ribellarsi – sono all'ordine del giorno.

La partita a scacchi continua e le conseguenze, per gli extracomunitari, arriveranno perché se c'è una cosa che le cosche non tollerano è che qualcuno osi spezzare il silenzio dell'omertà mafiosa.

 

 

 

2010-01-08

Rosarno, una guerra tra poveri con la regia delle cosche

dal nostro inviato Roberto Galullo

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8 gennaio 2010

Corteo degli immgrati (Ansa)

Rosarno, tra gli immigrati che "se ne devono andare"

Rosarno, il giorno dopo la rivolta degli immigrati

Maroni: "Degrado per troppa tolleranza verso i clandestini"

Gelmini: "Dal prossimo anno tetto del 30% agli alunni stranieri"

A Rosarno immigrati in rivolta: scene di guerriglia urbana

Le immagini degli scontri

Lavoro nero nelle campagne. Il "Grand Tour" dei clandestini

FOTO

Il lavoro nero nelle campagne

VIDEO

Il reportage della Bbc del febbraio 2009

"Dai nostri archivi"

Rosarno, tra gli immigrati che "se ne devono andare"

Rosarno, Maroni: "Degrado per troppa tolleranza verso i clandestini"

A Rosarno immigrati in rivolta: scene di guerriglia urbana

Cresce la tensione a Rosarno: un uomo spara in aria

E la cosca gestisce i lavori del nuovo palazzo di giustizia

ROSARNO - A casa ‘sti niri. A casa questi negri. Te lo urlano in faccia appena capiscono che sei un giornalista catapultato qui per raccontare che cosa sta succedendo a Rosarno, paese della Piana reggina di Gioia Tauro, dove dettano legge le cosche Pesce e Bellocco. Nulla qui si muove che queste due famiglie non vogliano. E nulla viene tollerato o combattuto senza il loro benestare.

Oggi gli agrumeti sono desolatamente vuoti. Non c'è nessuno o quasi che raccoglie e impila. Li chiamerà, domani, i lavoratori di colore? La domanda rivolta a un piccolo proprietario agricolo che non direbbe il suo nome neppure sotto tortura, cade nel vuoto. "Oggi no, domani neppure, poi vedremo". E' chiaro che la decisione non l'ha presa lui, ma l'antistato, la ‘ndrangheta, che resta per ora alla finestra anche perché il chiasso è troppo assordante e le luci di Forze dell'ordine e media sono accecanti. No, meglio restare in disparte anche perchè la Calabria, dopo l'attentato alla Procura di Reggio, è come una spia sempre accesa sul corpo malato del Paese.

"A casa questi negri" te lo urlano anche da una macchina ferma mentre risali a piedi via Nazionale, oltre due chilometri di strada accidentata come neppure a Beirut, dove da ieri notte fino a questa mattina gli immigrati, in gran parte clandestini, chiamati qui per raccogliere arance e mandarini, hanno messo a ferro e fuoco ogni cosa che hanno trovato, armati di attrezzi rudimentali e qualche accendino. Macchine distrutte, cassonetti incendiati e bastonate a chiunque si avvicinasse alle trincee di fortuna che hanno allestito mentre la gente assisteva dai balconi. Nessuno – secondo una regia studiata a tavolino e che vedrà successivamente il secondo atto, cioè la reazione, quando i riflettori si saranno anche solo un po' abbassati – reagisce per strada alle aggressioni e alle provocazioni. Nonostante le botte piovute su donne (una incinta) e bambini che, per la ‘ndrangheta di qui, sono ancora sacri. Anche questa è una sfida che non resterà senza conseguenze. Magari passeranno mesi, anni, ma la ritorsione ci sarà e sarà dura.

Le ambulanze da ieri vanno e vengono spesso senza motivo a sirene spiegate e il capitano della Polizia che gestisce le operazioni spiega che i suoi uomini dislocati per il paese non picchiano ma vigilano.

Il cuore dei rosarnesi, la gente di colore la chiama e la ospita – qui la Caritas svolge un ruolo fondamentale e sono parecchie le famiglie che durante la stagione della raccolta si prodigano per aiutare chi è senza nulla e nulla ha da perdere – mentre la pancia ora la respinge. A casa sti niri. A casa questi negri, anche se per 30 euro al giorno, di cui almeno 10 dati al caporale, si spezzano la schiena dalla mattina alle sei al tramonto per impilare una dietro l'altra le cassette di frutta che prendono poi la via dei mercati ortofrutticoli del nord Italia. Arance e mandarini più pregiati raggiungono ancor più celermente le piazze straniere. Traffici rigorosamente gestiti dalle cosche, senza alcuna eccezione. Trenta euro che diventano 20 dopo il taglieggiamento del caporale, spesso di colore e mandato dalle cosche, ma che diventano 15 o anche 10 dopo il versamento dell'affitto per chi li ospita in stamberghe in cui la puzza è nauseabonda anche a metri di distanza. I più disgraziati dormono in fabbriche abbandonate dove la salute è inesistente e le risse e le ubriacature sono all'ordine del giorno. Già, perché molti di questi lavoratori nord africani, sub sahariani e, in misura ridotta, dell'Est Europa, spendono la gran parte di quel che resta in tasca per bere e pagare le prostitute. Insomma i soldi che gli immigrati ricevono in una mano – direttamente o indirettamente gestiti e autorizzati dalle cosche – vengono riconsegnati con l'altra mano a chi fa della disperazione un business.

La rivolta preoccupa per la prima volta in blocco la cittadinanza, dopo almeno 25 anni in cui si ripetono le stesse identiche scene di migrazione dalla Sicilia alla Calabria e da qui alla Campania o alla Puglia, per spezzarzi braccia e schiena sui campi di pomodori, sotto gli ulivi o le piante di agrumi.

 

Il perché lo spiega Domenico Ventre (nella foto) , un omone grande e grosso che impartisce ordini a un gruppo che definisce spontaneo e che si è riunito dalle prime luci dell'alba davanti al municipio di Rosarno, sciolto per mafia e ora guidato da tre commissari prefettizi.

Ventre spiega che hanno chiesto ai commissari di ripristinare la legalità ma quando provi a chiedergli se il problema a Rosarno sono i mandarini, così come nella Palermo di Johnny Stecchino era il ciaffico, risponde facendo finta di non aver capito la domanda. "Questi – dice – hanno messo a soqquadro la città e chi è fuorilegge se ne deve andare". Il concetto è chiaro: tutti.

Poi Ventre spiega come è nato l'incidente che ha portato al dramma. "Uno di loro ha fatto pipì davanti a un'abitazione privata – spiega Ventre – e il proprietario ha reagito sparando. A pallini però, sia ben chiaro".

Come no, e' chiaro, chiarissimo, anche se gli investigatori raccontano poi che sono mesi, anni, che nel silenzio dei media le sparatorie e i pestaggi – questa volta delle cosche verso chi osa ribellarsi – sono all'ordine del giorno.

La partita a scacchi continua e le conseguenze, per gli extracomunitari, arriveranno perché se c'è una cosa che le cosche non tollerano è che qualcuno osi spezzare il silenzio dell'omertà mafiosa.

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

8 gennaio 2010

 

 

 

 

 

Maroni, a Reggio magistrati in pericolo di vita

di Mario Meliadò

7 gennaio 2010

(Infophoto-Angiletta)

"Dai nostri archivi"

Maroni: "Un atto di terrorismo mafioso"

Berlusconi: "Al via un piano straordinario contro la criminalità"

Il ministero dell'Interno: riunione straordinaria in prefettura a Reggio

Body scanner in tre aeroporti

Le immagini dell'attentato ad Anno Zero

REGGIO CALABRIA - Nel distretto giudiziario di Reggio Calabria, uno o più magistrati sono in pericolo di vita. Lo ha fatto capire il ministro dell'Interno Roberto Maroni spiegando che saranno rigorosamente rafforzate a loro tutela le misure di sicurezza, durante la conferenza stampa congiunta col Guardasigilli Angelino Alfano, al termine di quella che è stata la prima riunione in assoluto in riva allo Stretto del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Quattro, ha spiegato il responsabile del Viminale, le direttrici in cui si muoverà il Governo: la verifica e il potenziamento delle misure di sicurezza a tutela (appunto) dell'incolumità fisica dei magistrati; l'invio - già da lunedì - di 121 uomini della Polizia di Stato, dei carabinieri e della Guardia di finanza per "potenziare le strutture investigative" e il contrasto alla criminalità organizzata (questi uomini per metà saranno impiegati nel Reparto prevenzione crimine); un rinnovato impulso all'aggressione ai patrimoni, che nell'ultimo anno e mezzo ha portato alla confisca di oltre 12mila beni per un controvalore da 6,9 miliardi di euro, con l'istituzione proprio a Reggio dell'Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati e la loro destinazione a finalità sociali (e a tale scopo Maroni e Alfano, lasciando la Prefettura, hanno incontrato a Palazzo di città il sindaco e dirigente pidiellino Giuseppe Scopelliti); il contrasto alle infiltrazioni delle potentissime ‘ndrine nel loro obiettivo per antonomasia, l'allettante "Expo 2015" di Milano (tra una settimana esatta, sarà inaugurata nel capoluogo lombardo la sezione meneghina del comitato Grandi Opere che verificherà quali misure siano necessarie per impedire che le cosche mettano le mani sull'Expo).

Un ulteriore investimento da un milione di euro (tratto dai 100 milioni di euro del Fondo per la sicurezza urbana, aggiuntivo rispetto ai 206 milioni già accantonati per il Pon Sicurezza) andrà a configurare un reticolo di videocamere per rendere tangibilmente più sicuri i gangli "strategici" della città. Alfano ha poi chiarito che un fondamentale passo verrà messo a punto dal punto di vista legislativo e culturale, inserendo esplicitamente per la prima volta, nel Piano straordinario antimafia del Governo, il termine ‘ndrangheta. Ma saranno pure potenziati i ruoli della magistratura con 2 nuovi sostituti procuratori generali e 3 nuovi sostituti procuratori della Repubblica. Ancora, verranno rilasciate nuove norme destinate a rendere ancor più efficace la lotta a tutte le mafie e s'introdurrà un inedito modello organizzativo per deburocratizzare e conferire flessibilità agli uffici amministrativi del settore Giustizia.

7 gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

ITALIA

ILSOLE24ORE.COM > Notizie Italia ARCHIVIO

Cresce la tensione a Rosarno:

A Rosarno immigrati in rivolta: scene di guerriglia urbana

Le immagini degli scontri

"Dai nostri archivi"

A Rosarno immigrati in rivolta: scene di guerriglia urbana

Nella città di cartone, dove 600 immigrati vivono come animali

Nelle mani della 'ndrangheta maxi-assegno di un ex dittatore indonesiano

I rifugiati di Milano in questura per l'identificazione

Continuano gli sbarchi: 55 immigrati approdano a Siracusa

Resta teso il clima a Rosarno (Reggio Calabria) all'indomani della rivolta degli immigrati. Sollevazione seguita all'agguato in cui due extracomunitari di origine africana sono stati colpiti a colpi di pistole ad aria compressa. Oggi è il giorno della reazione degli abitanti agli atti vandalici commessi dagli immigrati. La più eclatante è quella di un uomo, salito sul tetto della sua casa, che ha sparato dei colpi di fucile in aria per difendere la moglie e le figlie che erano state oggetto di colpi di pietra da un gruppo di immigrati che in corteo stava transitando. Gli stessi immigrati erano entrati dentro l'abitazione della famiglia.

Un gruppo di abitanti di Rosarno ha raggiunto questa mattina la zona davanti al Municipio dove son concentrati gli immigrati che stanno attuando la protesta. I negozi e le scuole di Rosarno sono rimasti chiusi, stamattina, per timore che possano ripetersi gli incidenti accaduti a causa della protesta degli immigrati. La decisione di non aprire negozi e scuole è stata presa dopo che gli immigrati hanno ripreso la protesta, abbandonandosi ad atti di vandalismo. Nel paese, la situazione resta tesa, sotto il massiccio controllo di carabinieri, polizia e guardia di finanza. Gli immigrati innalzano alcuni cartelli in cui sono tracciate scritte di protesta in inglese per il ferimento ieri di due loro connazionali.

 

 

 

 

2010-01-07

A Rosarno immigrati in rivolta: scene di guerriglia urbana

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7 gennaio 2010

"Dai nostri archivi"

Maroni, a Reggio magistrati in pericolo di vita

Nella città di cartone, dove 600 immigrati vivono come animali

Blitz contro la 'ndrangheta

Allarme ordigno, tre petardi davanti all'aula bunker di Reggio Calabria

Maroni: "Un atto di terrorismo mafioso"

Centinaia di auto distrutte, cassonetti divelti e svuotati sull'asfalto, ringhiere di abitazioni danneggiate. Scene di guerriglia urbana a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro, per la rivolta di alcune centinaia di lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura e accampati in condizioni inumane in una vecchia fabbrica in disuso e in un'altra struttura abbandonata.

A fare scoppiare la protesta il ferimento da parte di persone non identificate di alcuni cittadini extracomunitari con un'arma ad aria compressa. I feriti, tra i quali c'è anche un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno, non destano particolari preoccupazioni, ma la volontà di reagire che, probabilmente, covava da tempo nella colonia di lavoratori ammassati nella struttura di Rosarno in condizioni ai limiti del sopportabile, e di altri nelle stesse condizioni a Gioia Tauro in locali dell'Ex Opera Sila, non ci ha messo molto ad esplodere.

Armati di spranghe e bastoni, gli extracomunitari, per la maggior parte di origine africana, hanno invaso la strada statale che attraversa Rosarno mettendo a ferro e fuoco alcune delle vie principali della cittadina, proprio mentre nel capoluogo, Reggio Calabria, si svolgeva la riunione del Comitato per l'ordine e la sicurezza, con i ministri Roberto Maroni e Angelino Alfano, convocata dopo l'attentato dei giorni scorsi alla Procura. Gli episodi di violenza non hanno risparmiato nulla di ciò che si trovava alla portata dei manifestanti, dalle auto, in qualche caso anche con delle persone a bordo, alle abitazioni, a vasi e cassonetti dell'immondizia che sono stati svuotati sull'asfalto.

A nulla è valso l'intervento di polizia e carabinieri schierati in assetto antisommossa davanti ai più agguerriti, un centinaio di persone tenute sotto stretto controllo. Nel corso della serata sono arrivati rinforzi e, in un clima di palpabile tensione, si è intavolata una trattativa nel tentativo di fare rientrare la protesta. Anche la popolazione ha reagito davanti alla situazione di caos venutasi a creare e, in queste ore, alcuni giovani di Rosarno, circa un centinaio, stanno seguendo l'evolversi della situazione ad alcune centinaia di metri dalle forze dell'ordine.

A Rosarno sono arrivati tutti i dirigenti dei commissariati di Pubblica sicurezza e i dirigenti delle compagnie di carabinieri della Piana. Tra Rosarno nell'ex fabbrica in disuso, e Gioia Tauro nell'immobile dell'ex Opera Sila sono circa 1.500 gli extracomunitari che lavorano come manodopera nell'agricoltura.

7 gennaio 2010

 

 

 

 

 

Maroni, a Reggio magistrati in pericolo di vita

di Mario Meliadò

7 gennaio 2010

(Infophoto-Angiletta)

"Dai nostri archivi"

Il ministero dell'Interno: riunione straordinaria in prefettura a Reggio

Allarme ordigno, tre petardi davanti all'aula bunker di Reggio Calabria

Maroni: "Un atto di terrorismo mafioso"

A Reggio Calabria le cosche contro i magistrati

Berlusconi: "Al via un piano straordinario contro la criminalità"

REGGIO CALABRIA - Nel distretto giudiziario di Reggio Calabria, uno o più magistrati sono in pericolo di vita.

Lo ha fatto capire il ministro dell'Interno Roberto Maroni spiegando che saranno rigorosamente rafforzate a loro tutela le misure di sicurezza, durante la conferenza stampa congiunta col Guardasigilli Angelino Alfano, al termine di quella che è stata la prima riunione in assoluto in riva allo Stretto del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica.

Quattro, ha spiegato il responsabile del Viminale, le direttrici in cui si muoverà il Governo: la verifica e il potenziamento delle misure di sicurezza a tutela (appunto) dell'incolumità fisica dei magistrati; l'invio - già da lunedì - di 121 uomini della Polizia di Stato, dei carabinieri e della Guardia di finanza per "potenziare le strutture investigative" e il contrasto alla criminalità organizzata (questi uomini per metà saranno impiegati nel Reparto prevenzione crimine); un rinnovato impulso all'aggressione ai patrimoni, che nell'ultimo anno e mezzo ha portato alla confisca di oltre 12mila beni per un controvalore da 6,9 miliardi di euro, con l'istituzione proprio a Reggio dell'Agenzia nazionale per la gestione dei beni confiscati e la loro destinazione a finalità sociali (e a tale scopo Maroni e Alfano, lasciando la Prefettura, hanno incontrato a Palazzo di città il sindaco e dirigente pidiellino Giuseppe Scopelliti); il contrasto alle infiltrazioni delle potentissime ‘ndrine nel loro obiettivo per antonomasia, l'allettante "Expo 2015" di Milano (tra una settimana esatta, sarà inaugurata nel capoluogo lombardo la sezione meneghina del comitato Grandi Opere che verificherà quali misure siano necessarie per impedire che le cosche mettano le mani sull'Expo).

Un ulteriore investimento da un milione di euro (tratto dai 100 milioni di euro del Fondo per la sicurezza urbana, aggiuntivo rispetto ai 206 milioni già accantonati per il Pon Sicurezza) andrà a configurare un reticolo di videocamere per rendere tangibilmente più sicuri i gangli "strategici" della città.

Alfano ha poi chiarito che un fondamentale passo verrà messo a punto dal punto di vista legislativo e culturale, inserendo esplicitamente per la prima volta, nel Piano straordinario antimafia del Governo, il termine ‘ndrangheta.

Ma saranno pure potenziati i ruoli della magistratura con 2 nuovi sostituti procuratori generali e 3 nuovi sostituti procuratori della Repubblica.

Ancòra, verranno rilasciate nuove norme destinate a rendere ancor più efficace la lotta a tutte le mafie e s'introdurrà un inedito modello organizzativo per deburocratizzare e conferire flessibilità agli uffici amministrativi del settore Giustizia.

7 gennaio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

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